Cancellara «ORA IN GRUPPO TROPPO EGOISMO E LA POLITICA NON FUNZIONA»
IL GRANDE SPARTACUS ORGANIZZA EVENTI, FA TRIATHLON, SFIDA GLI APPASSIONATI. «MANCA UN LEADER: DOVREBBE ESSERLO SAGAN. SERVE UN PROGETTO GLOBALE»
«Rio è stata l’emozione più grande». E lui, in quello straordinario momento che forse può essere considerato l’apice di una carriera leggendaria, ha saputo dire basta. Fabian Cancellara, a 35 anni e con il secondo oro olimpico al collo, aveva deciso e non si è lasciato tentare da ricchissimi prolungamenti di contratti. Con Boonen ha segnato la storia recente del pavé: tre Fiandre e tre Roubaix. Più una Sanremo, solo per restare ai Monumenti. E quattro maglie iridate a cronometro. Chi ama il ciclismo non poteva non amare Cancellara. Lui era Spartacus: forte, vincente, carismatico. E bello. Ieri pomeriggio, Spartacus è venuto in Gazzetta accompagnato dal manager Armin Meier. Guarda le foto dello scambio di borraccia tra Coppi e Bartali, ammira Binda mentre toglie con i denti un tubolare e Girardengo che pedala su strade di terra. «La storia è importante, altrimenti il ciclismo è tutto marketing. E un’eccessiva tecnologia non mi piace molto».
Partiamo da qui: che cosa ne pensa dei freni a disco?
«Per allenarsi a casa da soli non sono male. Da corridore non li userei. Troppo complicato il cambio ruota, in gare come le Strade Bianche e la Roubaix sarebbe fatale. Sono solo una questione di marketing, i corridori non li hanno chiesti».
Tanto i corridori non frenano mai.
«Vero. Appena lasci un metro, un altro s’infila. Non c’è rispetto e questo causa incidenti».
In gruppo manca un leader alla Cancellara. Concorda?
«Vogliono solo vincere le corse. In gruppo ognuno pensa a sé. C’è troppo egoismo».
Potrebbe esserlo Sagan?
«Sagan è Sagan, diverso da me. Dopo le sue prime vittorie non mi era molto simpatico, ma l’ho rivalutato. Era giovanissimo, un bambinone ma forte forte. Gli errori si fanno, lui ha imparato molto. Peter però ha buttato via la Sanremo… troppe forze, alla fine non vinci, ci vuole furbizia e si impara dagli errori. Ora sta vincendo, è un fuoriclasse, l’ha dimostrato e lo dimostrerà: vincerà ancora molto. Per i risultati potrebbe e dovrebbe essere il leader del gruppo ma non è fatto per quello. Lui è una rockstar, individualista. Comunque, ce ne fossero come lui. Il problema è anche un altro».
Prego.
«Le fondamenta: Uci, grandi organizzatori, team, corridori. Non hanno una linea comune, manca una visione globale. Un ‘bordello’. La politica non va e tutto il movimento ne soffre. Invece tutti pensano solo a un guadagno immediato. Il ciclismo, per le emozioni che dà, ha un potenziale enorme, ma che non viene sfruttato».
Che idea ha sul doping tecnologico?
«Non credo che qualcuno l’abbia usato perché esiste la possibilità che ti becchino. Poi rimani al vento… Io sono sempre andato forte e le mie gambe sono il mio motore. C’è invidia,
quando vinci ti puntano, ma sono contento di quello che ho fatto per il bene nel ciclismo».
Si è pentito di non avere provato il record dell’ora?
«Volevo farlo all’antica, con la bici di Merckx. Grazie a me è tornato l’interesse al Record. Poi le regole sono cambiate e ho perso stimoli».
Un giorno disse che voleva vincere il Tour.
«Mi ricordo, nel 2004. Una stupidata. Mi dissero che per puntare alla maglia gialla dovevo perdere cinque chili. Uno sforzo troppo grande soprattutto dal punto di vista mentale».
Mai avuto un ripensamento dopo avere smesso?
«Mai. Però ho fatto grande attenzione, il post-carriera è un momento molto delicato. Saltano fuori molti “amici” ed è facile prendere stangate».
Che cosa fa oggi Fabian Cancellara?
«Parto da un punto: voglio vivere una vita intensa. Le giornate sono mentalmente molto intense, mi entrano nel cervello tante informazioni e alla sera sono sfinito. La vita da corridore era più monotona, più semplice. La cosa che più mi prende è l’organizzazione di eventi: il circuito TriStar di triathlon e la ”Chasing Cancellara”».
Di che cosa si tratta?
«Sfide in bici, io contro tutti. In totale sono nove, si comincia il 9 marzo a Maiorca, ultima tappa a Follonica l’8 settembre. Finale il 22 settembre a Lugano. Per la tappa di Follonica ho invitato anche Mario Cipollini».
E’ la sfida a cui ha invitato pure l’americano Phil Gaimon, che in un libro l’ha accusata di avere usato il «motorino»?
«Ha voluto vendere il suo libro, ha scelto il mese più bello. A novembre non c’è niente e ha sparato una bomba. L’ho sfidato, così possiamo misurarci. Vediamo quanti watt ha lui. Io ne ho ancora tanti, seppure per poco tempo, perché non sono in condizione».
Si vede in un ruolo istituzionale nel ciclismo?
«Magari come rappresentante dei corridori. Ma mi piacciono troppe cose e la giornata è sempre di ventiquattro ore».
Chiudiamo con il caso Froome?
«No, finché non sono seduto a un tavolo di governo non dico nulla».