GATTUSO SFIDA ODDO NEL DERBY MONDIALE E RILANCIA ANDRÉ SILVA
I FRIULANI SONO SECONDI, IL MIGLIOR PIAZZAMENTO DELLA STORIA, E BATTONO IL MILAN CAPOLISTA GIOCANDO IN 10 MA ALL’ORIZZONTE C’È LA RETROCESSIONE...
Per la prima volta in A da tecnici si affrontano i campioni 2006. Il rossonero non è tranquillo
Questa è la storia di un sogno meraviglioso che s’interrompe sul più bello e, quando si riaprono gli occhi, ci si trova di fronte a un incubo. Non è il caso di chiamare in causa dotti psicanalisti per interpretare ciò che accadde. E’ sufficiente osservare e descrivere la realtà per raccontare prima la gioia e poi il dolore di una città intera: Udine. Metà anni Cinquanta, primavera del 1955 per la precisione. L’Italia vive il boom economico, dopo le miserie della guerra, gli elettrodomestici entrano nelle case, Nilla Pizzi e Gino Latilla fanno ballare il popolo, e il calcio è il divertimento nazionale. L’Udinese del presidente Bruseschi è, in quel periodo, un modello di virtù, di coraggio e di spettacolo. Nessuno se l’aspettava, all’inizio del campionato, eppure adesso la squadra, guidata con saggezza e polso fermo da Giuseppe «Pep» Bigogno, è seconda in classifica a quattro punti dal Milan capolista. Il 1° maggio 1955, allo stadio Moretti, va in scena lo scontro diretto: Udinese-Milan. Calano in Friuli orde di inviati speciali, smaniosi di raccontare la partita delle partite con il consueto surplus di retorica. Tra questi, per la Stampa, c’è anche l’ex commissario tecnico Vittorio Pozzo, affascinato dal cammino dei ragazzi di Bigogno.
evidente, ovviamente a favore del Milan: tra i rossoneri ci sono Buffon in porta, Maldini in difesa, Schiaffino e Liedholm a centrocampo, Nordahl in attacco. L’Udinese non ha campioni, se non «Raggio di Luna» Selmosson, però ha spirito da vendere. E quel giorno di maggio si capisce subito che la battaglia sarà infuocata. Dopo pochi minuti il portiere friulano Romano s’infortuna, colpito da una scarpata di Nordahl: resta a terra, attimi di spavento. Poi lo portano a bordo campo, ma le sostituzioni non sono previste, così in porta va il mediano Magli e l’Udinese si prepara a giocare in dieci contro undici. Il tifo raddoppia, quasi a voler sospingere i ragazzi di Bigogno oltre le difficoltà. Ma il Milan è forte e mette paura. Magli respinge una punizione di «Sandokan» Silvestri, ipnotizza Nordahl e conserva la porta inviolata: si va all’intervallo sullo 0-0. Negli spogliatoi i giocatori di Bigogno tirano il fiato e si fanno coraggio. Il portiere Romano, intanto, steso sul lettino, viene curato: ha una brutta ferita in testa. «Fateglielo vedere chi siamo!» grida ai suoi compagni prima che ritornino in campo. E loro, a quelli del Milan, glielo fanno vedere subito chi sono: gol di Menegotti in apertura di ripresa, raddoppio di Bettini e non basta la rete di Vicariotto a spegnere l’entusiasmo della gente. Sul 2-1 il sogno comincia a farsi realtà.
IN TRIONFO All’improvviso si leva un boato: il portiere Romano, in piedi vicino alla panchina, chiede all’arbitro Jonni di rientrare. Sembra essere guarito di colpo. Il pubblico esulta, La Forgia timbra il 3-1, e la zampata di Schiaffino a dieci minuti dal termine non è che una virgola in mezzo alla battaglia. Finisce 3-2 per l’Udinese, roba da non crederci. A cinque giornate dall’epilogo il campionato si riapre: Milan a 39 punti, Udinese a 37. Il pubblico invade il campo, il presidente Bruseschi e i giocatori vengono portati in trionfo, neanche avessero vinto la Coppa dei Campioni. Gli inviati speciali dei quotidiani nazionali scaldano i polpastrelli. Scrive Vittorio Pozzo: «Come si fa a non entusiasmarsi per l’Udinese? Una squadra destinata a sostenere la parte della Cenerentola che finisce per avere ragione di chi le fa torto. Il povero contro il ricco, l’oppresso contro il possente, il diseredato contro il milionario». E ancora: «Una vera squadra in grado di fare blocco, agevolata da una città dove non si sa cosa sia il divismo, dove le gelosie e le beghe non si conoscono. Udine, città sana, seria e serena come la maggior parte della nostra provincia». Elogi tanto apprezzati quanto pericolosi, perché alla lunga fanno perdere la testa alla squadra che, dopo il successo sul Milan, si sgonfia e non tiene il passo dei rivali. Lo scudetto va ai rossoneri, con 4 punti sull’Udinese, ma in Friuli gioiscono: il 2° posto è qualcosa d’incredibile, sarebbe il miglior piazzamento di sempre.
DUE ANNI PRIMA Nel mezzo della festa, tuttavia, arriva la mazzata. La Commissione di Controllo della Figc, guidata dal conte Rognoni, conclude le indagini su una brutta storia di partite truccate e ci va di mezzo pure l’Udinese. L’episodio incriminato risale a due anni prima (31 maggio 1953): un dirigente dei friulani ha corrotto con due milioni di lire alcuni giocatori della Pro Patria. Ci sono le confessioni, lo scandalo occupa le pagine dei giornali nazionali, e a nulla vale la difesa dell’Udinese che ritiene ingiusto essere punita per fatti accaduti addirittura due anni prima. La giustizia sportiva spegne il sogno di un’intera città: retrocessione in Serie B. Nemmeno il tempo di aprire gli occhi, dopo un sogno tanto bello, che ci si ritrova in mezzo a un incubo. E Udine piomba nel dolore.
Il Milan aveva Nordahl, Liedholm e Schiaffino, ma a Udine non bastò
Il tifo spinse gli 11 di Bigogno, a lungo con un mediano... mandato in porta