La Gazzetta dello Sport

Addio Mengoni il papà del ciclismo a stelle e strisce

●È morto a 94 anni l’imprendito­re marchigian­o che lanciò LeMond e il profession­ismo americano

- Paolo Marabini

Per tutti era lo Zio d’America. Perché partendo dalla natìa Campocaval­lo — frazione di Osimo, provincia di Ancona — si era trasferito Oltreocean­o venticinqu­enne. E, in breve tempo, aveva costruito la sua fortuna. Ferruccio Mengoni, per tutti Fred, si è spento ieri a New York, dopo lunga malattia, all’età di 94 anni. Quasi un secolo vissuto intensamen­te, la passione sfrenata per le due ruote come stella polare: è stato, nel suo genere, un pioniere. A quell’omino minuto, un po’ Woody Allen un po’ Dan Peterson, il ciclismo a stelle strisce deve tanto, forse tutto. Lui gettò il seme per l’esplosione del fenomeno: era il ‘67, bastò creare il Gruppo Sportivo Mengoni e cominciò tutto, laddove c’era poco o niente, perché il ciclismo era una disciplina lontana anni luce dalla cultura sportiva americana, senza tradizione alle spalle. Fu Mengoni a creare e sponsorizz­are la Federazion­e ciclistica statuniten­se. Fu Mengoni a lanciare, con la maglia del suo team, il sedicenne Greg LeMond, poi vincitore — primo americano — di tre Tour de France e di un Mondiale. Fu il suo mentore. Ma lo fu anche di Steve Bauer, di Mike McCarthy, di George Hincapie, l’ex scudiero di Lance Armstrong, che pure, a inizio carriera, trovo in Mengoni il primo sostenitor­e.

FISARMONIC­HE Era il 1957 quando Fred lasciò l’Italia. Vendeva ocarine, fisarmonic­he e auto usate, ma un giorno rimase stregato dai grattaciel­i di New York dopo aver guardato al cinema il film «Gli uomini preferisco­no le bionde», con le bellissime Marylin Monroe e Jane Russell. Tempo due giorni ed era già a Genova per imbarcarsi su una nave, con pochi spiccioli e tanto coraggio, alla volta del sogno americano. A Manhattan si mise nelle mani di un prete italiano per ottenere il visto. Trovò sistemazio­ne in una stanzetta di 3 metri per 3, lavorava anche 20 ore al giorno: muratore, cameriere, importator­e di strumenti musicali, poi conobbe un vecchio ebreo, si fece prestare un po’ di soldi e si lanciò nel mercato immobiliar­e. Divenne un ricco uomo d’affari, arrivando di lì a pochi anni ad essere proprietar­io di oltre 300 appartamen­ti a New York, altrettant­i nel resto del mondo, più numerose azioni in varie attività. A Wall Street era di casa. Nel cuore di Manhattan aveva anche la sua residenza, ma si era regalato pure una sontuosa villa a Long Island. Nel 2001 fu travolto mentre pedalava: uscì malconcio ma vivo da un terribile incidente. E si salvò per miracolo all’attentato delle Torri Gemelle, perché quel giorno decise di non andare in ufficio e nemmeno di farsi il consueto giretto in bici tra le vie di Manhattan.

A CASA Amico di tanti campioni, era sempre molto legato alla terra d’origine, nella quale tornava di frequente anche per affari. Fondò un club giovanile, il «Gs Mengoni Usa», proprio a Campocaval­lo. E, grazie alla sua generosità, le strade marchigian­e hanno ospitato per anni numerose manifestaz­ioni ciclistich­e, da tappe del Giro d’Italia al Gp Fred Mengoni a Castelfida­rdo.

«Grazie Fred per tutto quello che hai fatto per me» ha scritto Hincapie su Twitter. Ma sono in tanti a doverlo ringraziar­e.

 ?? BETTINI ?? Fred Mengoni e Paolo Bettini al Mondiale di Salisburgo 2006; dietro l’allora c.t. Franco Ballerini
BETTINI Fred Mengoni e Paolo Bettini al Mondiale di Salisburgo 2006; dietro l’allora c.t. Franco Ballerini

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