La Gazzetta dello Sport

Napoli e Juventus come Barça e Real Che testa a testa nell’unico torneo ancora aperto

1Nell’era dei 3 punti non era mai successo di vedere dopo 23 giornate due squadre in fuga con 119 punti, separate da uno solo

- Sebastiano Vernazza @SebVernazz­a

Diarchia è parola di origine greca. Viene da dissós (doppio) e arché (comando). Nell’Anti ca Grecia la diarchia definiva un governo o Napoli e Juve hanno totalizzat­o lo stesso numero di vittorie (19). La Juve però ha subito una sconfitta in più (2) e il Napoli conta un pari in più (3) un’autorità a due mani. Due soggetti con uguali poteri. Oggi la Serie A è retta dalla diarchia di Napoli e Juventus, divise da un punto intorno a quota 60. Le altre 18 guardano molto dal basso. Una situazione alla spagnola, dove per anni si è assistito al duopolio Barcellona­Real: in questa stagione no, il Madrid arranca nelle retrovie. Se l’Italia fosse Spagna, il Napoli sarebbe il Barcellona, per la bellezza del gioco e per il calore della piazza, e la Juve ricalchere­bbe il Real, per struttura societaria e forza giocatori. Con Napoli-Juventus è ritornato un clasico all’italiana. Lo era già stato alla metà degli Anni Ottanta, quando la rivalità era più personaliz­zata, Maradona contro Platini. Oggi siamo a Mertens contro Higuain, grandi giocatori, ma non del livello dei loro rispettivi antenati.

IL NUMERO Tra le cifre di giornata, una spicca più delle altre. Dall’introduzio­ne dei tre punti

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per la vittoria – in Italia l’annata 1994-95 - le prime della classifica, alla 23ª giornata, non hanno mai messo assieme tanti punti quanti ne hanno fin qui capitalizz­ati Napoli e Juve: 119 in due, 60 la capolista e 59 la Signora. Al massimo si era arrivati a 114 nel 2013-2014, con la Juve a 60 e la Roma a 54. Il nostro campionato tende al bipolarism­o, nel senso di due squadre dominanti? Un po’ sì e non è detto che sia un guaio, anzi. Oggi gli altri tornei top d’Europa sono sotto dittatura di un solo club. In Germania il Bayern ha praticamen­te vinto la Bundesliga, in Inghilterr­a il Manchester City ha ipotecato la Premier League, in Spagna e Francia dominano Barcellona e Psg. Giochi fatti dappertutt­o tranne che da noi. Sarebbe bellissimo, se la diarchia NapoliJuve resistesse fino all’ultimo. Qui di seguito analizziam­o lo stato dell’arte delle due contendent­i.

GIOCO E GIOCATORI Napoli e Juve sono diversamen­te padrone. La capolista si mantiene in cima grazie alla forza del gioco, la Juve tiene il passo con l’abbondanza e la profondità del parco giocatori. Sarri fa perno su 12-13 giocatori, sempre gli stessi. È una scelta libera o forzata? Un po’ tutte e due le cose. Non è facile entrare nei meccanismi del sarrismo, ci vogliono i requisiti. Sulla panchina del Napoli siedono elementi

che altrove sarebbero titolari, per esempio Diawara e Rog. Non è facile neppure fare mercato per Sarri, preciso e ricercato nell’indicare gli obiettivi. Non invidiamo il d.s. Giuntoli, costretto a barcamenar­si tra le esigenze tecniche dell’allenatore e quelle contabili del presidente De Laurentiis. Il gioco del Napoli è di gran lunga superiore a quello della Juve, ma scarseggia­no i pezzi di ricambio, architettu­ra e armonia dei

sarriani si reggono su equilibri delicati. La dura entrata di Djimsiti su Mertens a Benevento ha seminato panico tra i tifosi del Napoli, mentre la Juve sopravvive con tranquilli­tà all’infortunio di Dybala, anzi il fermo biologico dell’argentino ha permesso il lancio di Bernardesc­hi. La Juve all’opposto del Napoli gioca un calcio essenziale, in cui è più facile innestare facce nuove. Allegri nuota nell’abbondanza e non ricerca la bellezza, ma la praticità. Siamo alla filosofia politica, l’utopia di Sarri contro il realismo di Allegri. Non sarebbe male se per una volta prevalesse­ro i sogni, però la realpoliti­k sabauda sa essere spietata. La variante Europa avrà peso e qui la Juve forse perderà qualcosa perché la Champions prosciuga di più dell’Europa League.

MIND GAMES Giochi della mente, di cui José Mourinho è stato maestro assoluto (oggi meno). La comunicazi­one è forse il vero tallone d’Achille di Sarri. Nel post Benevento l’allenatore del Napoli ha detto: «A luglio la sfida scudetto era Juventus-Milan, secondo quello che dicevate voi giornalist­i». Falso, a luglio la maggior parte di critici e opinionist­i anticipava il duello Napoli-Juve. Sarri tende a costruire alibi anticipati per squadra e ambiente: le diversità di fatturato, lo smarcament­o dal peso dei pronostici, le lamentele su anticipi e posticipi, il richiamo alla presunta eccezional­ità del primato:«Il fatto sorprenden­te è che in alto ci siamo noi e non loro (la Juve, ndr)». Giustifica­zioni preventive, che non servono granché e che rischiano di rilassare i giocatori nel subconscio. Massimilia­no Allegri è più furbo, più livornese, non mette le mani avanti, tiene i suoi sulla corda: «Non possiamo commettere passi falsi – ha detto dopo la goleada rifilata al Sassuolo –, il Napoli sta andando forte. È anche una sfida di testa, un passo alla volta».

Venerdì la Juve a Firenze, sabato il Napoli al San Paolo contro la Lazio. La prossima fermata rischia di annullare o incrementa­re distanze. Noi tifiamo perché la diarchia resista, i dualismi fanno bene allo sport.

Sarri ha allestito squadra bella, quasi perfetta, ma difficile da integrare

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