La Gazzetta dello Sport

La Roma a caccia di gol prova a cambiare pelle

1I gialloross­i hanno l’8°attacco del torneo e Di Francesco ha virato sul 4-2-3-1 per avvicinare Nainggolan alla porta. «Ma conta l’atteggiame­nto»

- Massimo Cecchini ROMA

Alzi la mano chi in vita sua non ha detto almeno una volta: «A me quella ragazza non piace», solo per scoprire che – conoscendo­la a fondo – era invece quanto meno perfetta per una breve storia d’amore. Ecco, per questo le parole di Eusebio Di Francesco del 29 dicembre, alla vigilia della partita col Sassuolo, valgono in fondo come un corteggiam­ento segreto. «Il 4-23-1 non mi piace tantissimo», aveva detto l’allenatore della Roma. In effetti. se si eccettua le partite in cui occorreva rimontare, fino alla vittoriosa trasferta di Verona, quel sistema di gioco era stato impiegato dall’inizio solo in una occasione, contro il Napoli. Ed in quel primo tempo – al netto della rete di Insigne – per i gialloross­i grandinò.

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IL PRECEDENTE Solo una volta la Roma ha cominciato un match col 4-2-3-1: in casa col Napoli, perdendo 0-1

NAINGGOLAN E IL GOL A cambiare le carte in tavola, però, c’è stata la sterilità offensiva. La Roma ha l’8° attacco del campionato, anche perché i centrocamp­isti hanno portato un contributo inferiore rispetto al passato. Uno soprattutt­o, Radja Nainggolan, che con Spalletti, giocando trequartis­ta, nella scorsa stagione aveva messo a segno 14 reti stagionali. A convincere Di Francesco, però, c’è voluto altro. Ovvero la contempora­nea assenza dei due registi deputati, De Rossi e Gonalons. Per una partita (contro l’Inter) aveva avuto buone risposte di Strootman, ma poi l’olandese non ha più convinto. Morale: col Verona la squadra ha cambiato pelle ma, come spiega il tecnico, con effetti collateral­i. Il suo mantra infatti: «Ciò che conta non è solo il sistema, ma l’atteggiame­nto con cui si applica».

TRIANGOLI In fondo è anche una questione di triangoli. Con De Rossi e Gonalons in campo, in mediana – visto che Di Francesco non vuole mai i centrocamp­isti sulla stessa linea – si forma un triangolo col vertice basso (il regista), mentre con Nainggolan trequartis­ta il vertice diventa alto. Il «pro» è che così il belga è già pronto al primo pressing sul portatore di palla e può andare a riempire l’area a fianco a Dzeko con più facilità. Il «contro» invece è che, se si perde il pallone sulla trequarti avversaria, la ripartenza può portare gli avversari direttamen­te in porta o quasi, cosa che – con scarsa qualità – è riuscito a volte anche al Verona. Col 4-23-1, poi, logico che l’arma del lancio in profondità spetti a un difensore dal piede buono, cioè Fazio. Per gli appassiona­ti del pressing, inoltre, c’è un secondo avviso: lo vedrete più facilmente con squadre che giocano la palla partendo da dietro – generalmen­te le «big» – perché quelle che cercano subito la profondità col lancio lungo, sfruttando gli inseriment­i sulle cosiddette «seconde palle» (ribattute etc.) possono creare più problemi cercando gli uomini dietro la linea dei difensori. La trasferta di Udine – che peraltro per i tifosi gialloross­i è a rischio per via degli incidenti di Verona con 21 fermati (domani deciderà l’Osservator­io: vedi più avanti) – sarà un banco di prova in tal senso.

ERA MAZZONE Una cosa è certa: il 4-2-3-1 (che Di Francesco comunque in altre squadre ha utilizzato) deve dare una svolta offensiva, perché dopo 23 giornate per trovare una Roma che abbia segnato meno dei 33 gol attuali, bisogna tornare al 199596 (29), quando in panchina sedeva Carlo Mazzone. Anni ruggenti, ma da non imitare.

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Eusebio Di Francesco, 48 anni, mentre spiega tattiche e schemi alla lavagna GETTY

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