GAP CON L’ESTERO ANCHE SULLE MAGLIE
Al Barcellona 19 milioni dallo sponsor sulle divise d’allenamento
La notizia: il Barcellona ha firmato un adeguamento del contratto con Beko a 19 milioni di euro all’anno per la sponsorizzazione della divisa d’allenamento e della manica della maglia di gioco; la partnership precedente, da 9 milioni, non riguardava lo spazio principale del training kit, cioè il davanti. La considerazione: sono valori che i club italiani si sognano, e sono parametri che misurano la distanza abissale tra il nostro movimento e quello di vertice in Europa. In questo calcio globale che corre, cresce e non si ferma mai gli altri viaggiano a una velocità insostenibile per i club italiani.
E pensare che la firma del Barcellona, dal punto di vista catalano, non è un colpo straordinario, ma rientra semplicemente nel processo graduale di sviluppo del club di Messi. Avrebbero potuto arrivare pure a 22-25 milioni se avessero venduto i diritti separatamente, ma si è preferito prolungare un matrimonio che commercialmente aveva soddisfatto tutti, al di là dell’aspetto economico. Già qualche anno fa il Manchester United aveva ceduto ad Aon la sponsorizzazione del training kit e i naming del centro sportivo per circa 18 milioni. Ciò che all’estero, per i top club, le aziende sono disposte a investire sulle maglie d’allenamento equivale più o meno agli incassi di vertice in Italia per le divise da gioco, che sono notoriamente gli asset commerciali più pregiati per una squadra di calcio. Escludendo la Juventus, che tra Jeep e Cygames (retro) porta a casa quasi 30 milioni, il Milan ne percepisce 14 fissi da Emirates, l’Inter una decina da Pirelli. È vero che i nerazzurri possono vantare un ricco contratto per le maglie d’allenamento e la Pinetina, ma è garantito dalla proprietà Suning. Tra le prime cinque della classifica il Napoli non arriva a 10 dalle sponsorizzazioni di maglia, la Lazio ha un garantito di 4, la Roma è addirittura senza logo dal 2013. Tutto questo si riflette sui fatturati. Manchester United, Real Madrid e Barcellona viaggiano verso quota 700 milioni, la sola italiana che prova a tenere il passo dell’élite è la Juventus (superati i 400 milioni).
I bianconeri hanno implementato strategie aziendali valorizzando la presenza stabile in Champions, gli altri arrancano. Tutti quanti restano imprigionati in un sistema che non ci ha solo esclusi dal Mondiale, ma ci ha anche progressivamente estromesso dalla locomotiva che ha agganciato la globalizzazione. Dal punto di vista commerciale, i top club europei sono grandi marchi in grado di monetizzare a ogni latitudine. E la polarizzazione rischia di accentuarsi, visto che l’obiettivo delle prime è raggiungere il miliardo di ricavi.