Coree unite: prove di disgelo anche con gli Usa
●Inaugurazione con Kim Yo-jong, sorella del dittatore nordcoreano, e il vice di Trump: ci sarà dialogo?
Si cercheranno? Si parleranno? Si stringeranno la mano, persino? Da una parte — ora è ufficiale — per la Nord Corea, c’è la 30enne Kim Yo-jong, sorella minore del leader estremista Kim Jong-un e prima, storica, rappresentante politica del Paese in missione al Sud (anche vice direttrice del dipartimento di propaganda del partito al governo, accusata da parte del mondo occidentale di violazione dei diritti umani). Dall’altra, per gli Stati Uniti, il 58enne Mike Pence, vice del presidente Donald Trump che ieri in Giappone, sulla via per l’Olimpiade, nei confronti dei nordcoreani, non è certo stato tenero. «Contro di loro — ha detto — stiamo preparando le più dure e aggressive sanzioni economiche di sempre. E non le modificheremo, tenendoli in isolamento, sino a che non rinunceranno alle armi nucleari. Lo dobbiamo a noi e ai nostri alleati».
TENSIONI In un clima che mai come ora dovrebbe essere di pace, sembra una dichiarazione di guerra. Le prossime ore, all’ombra dei cinque cerchi, saranno quanto mai delicate. Numeri uno delle rispettive delegazioni (anche se quella nordcoreana sarà in realtà guidata da Kim Yong Nam, capo di Stato del cerimoniale), i due si troveranno nel gelo di PyeongChang. Probabilmente seduti accanto, almeno nel corso della cerimonia di apertura di domani. «Vedremo che cosa succederà — ha detto Pence —: magari ci parleremo. Ma non tentino di sfruttare l’occasione per farsi propaganda». Avranno gli occhi del mondo addosso. Potranno scaldarlo, traducendo in fatti le tante belle parole che l’unione delle Coree sportive ha prodotto in queste settimane. Ma anche segnare un solco ancor più profondo tra le parti.
PROSPETTIVE Intanto — e questo resterà — non sarà cosa da poco vedere di nuovo marciare insieme Nord e Sud sotto un’unica bandiera. Così come ammirare in azione la squadra di hockey ghiaccio femminile unita. La delegazione del Nord, come era emerso sin dagli accordi preliminari, tra delegati, dirigenti, elegantissime cheerleader, orchestrali e 22 atleti, sarà composta da circa 500 persone. E anche se le tensioni e le proteste non mancano, a prevalere sembra essere la volontà di dimostrare che il dialogo è possibile.
FRATELLANZA Forse, in questo senso, il valore di quel che sta accadendo è rinchiuso tutto in quel saluto postato su Instagram da Alex Kam, 22enne pattinatore di coppia sudcoreano. È rivolto a Kim Ju Sik, 26enne collega (anche di specialità) nordcoreano, «noto» insieme alla partner Tae Ok Ryom per essere l’unico atleta del Paese ai Giochi perché qualificato sul campo. Fa da sorta di didascalia a una foto che li ritrae uno vicino all’altro durante un allenamento di rifinitura sul ghiaccio olimpico. Stessa pista, stessi obiettivi, in fondo stessi sogni. Tradotto un po’ liberamente, ma nemmeno tanto, recita: «Qui insieme al mio fratello del Nord: alé alé, andiamo!». Bastasse una frase, tanto semplice, quanto sentita: PyeongChang 2018 avrebbe già vinto.
LA POLITICA
Gli Stati Uniti minacciano sanzioni più aggressive: «Per noi e i nostri alleati»
Ma intanto crescono la solidarietà e l’intesa tra gli atleti nord e sud coreani