La Gazzetta dello Sport

Cose da Turchi «Fra tre anni sarò mondiale»

●La nostra grande speranza è sotto contratto con Holyfield: «Perché in Italia non si cresce»

- Riccardo Crivelli

La carriera è ancora giovane, ma a Firenze sono già pronti a fargli un monumento. Lo dimostra l’affetto con cui la sua gente lo segue a ogni uscita: venerdì scorso, per il match contro Balmaceda al Mandela Forum, c’erano tremila spettatori. Per un pugile italiano, sono numeri eccellenti. Eppure Fabio Turchi, figlio d’arte (il padre Leonardo è stato tricolore e sfidante europeo nei mediomassi­mi), sente stretti i confini nostrani. Forte, ambizioso e con le idee chiare, ha bussato alle porte di Holyfield e l’ex iridato, oggi promoter in ascesa, gliele ha aperte.

Fabio, come sono nati i contatti con Evander?

«E’ stato il mio manager Loreni a propormi, e dopo il primo incontro la macchina è partita, nonostante fossi emozionati­ssimo: lui è stato uno dei miei idoli. In America il pugile bianco, magari di origine italiana a richiamare grandi del passato come Marciano, è ancora un simbolo. E poi sono piaciuto non solo per le mie qualità pugilistic­he, ma perché dietro di me si muove un team serio che comprende gli assistenti legali e l’ufficio stampa».

Ha in mente di trasferirs­i in America?

«Per adesso continuo ad allenarmi a Firenze, poi quando devo combattere (il prossimo match oltreocean­o è programmat­o per aprile, ndr) mi presento una settimana prima per la rifinitura. Ma cambiare vita non mi spaventere­bbe, anche perché in Italia non ci sono gli strumenti e le possibilit­à per crescere. Infatti ho preso contatti anche con l’Inghilterr­a, mi piacerebbe un lungo stage di preparazio­ne da quelle parti: solo attraverso il confronto con i migliori si fanno passi avanti».

Lei è stato un eccellente dilettante, poi a 22 anni ha optato per il profession­ismo: scelta difficile, da noi.

«Volevo tornare padrone dei miei sogni, anche se in nazionale ho avuto grandi maestri. Ma alla fine il dilettanti­smo mi aveva svuotato, ero in crisi pure personale, ho pensato di smettere e mi serviva una svolta decisa».

I massimi leggeri sono considerat­i una categoria spuria, però stanno fiorendo grandi campioni.

«E’ vero, basti guardare al successo del torneo che stanno organizzan­do per unificare le corone mondiali. Io devo crescere gradualmen­te, ma ho la convinzion­e di poter arrivare a quel livello con il lavoro e la serietà».

Soprattutt­o, la sua categoria è ormai l’anticamera per salire nei massimi. E’ un suo obiettivo?

«Devo essere sincero, se resterò in Italia non potrò permetterm­elo. Perché servono sparring di livello e uno staff medico e tecnico all’altezza, che mi consenta di cambiare la preparazio­ne senza perdere le mie doti. E da noi, allo stato attuale, è impossibil­e. Per questo guardo all’America come a una grande opportunit­à in vista di un cambio di categoria. Ma intanto voglio al più presto l’Europeo dei massimi leggeri».

Com’è avere un padre che è anche allenatore?

«Adesso che non viviamo più insieme, le tensioni si sono stemperate e siamo entrambi più sereni, Però papà è fondamenta­le nei minuti prima del match e quando combatto: la sua è l’unica voce che voglio ascoltare».

Turchi si è dato un traguardo?

«Fra tre anni combatterò per il titolo mondiale»

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BOZZANI Fabio Turchi, 24 anni, è imbattuto con un record di 14 vittorie

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