GIOCHIAMO CON LORO
Scatta l’avventura azzurra: da oggi al 25 va in scena in Corea del Sud l’Olimpiade invernale. Cerimonia d’apertura a mezzogiorno (Rai e Eurosport)
Lo sport sventola la bandiera della pace
La bizzarra Olimpiade della neve senza neve che si apre oggi nel gelo di PyeongChang, celebrata da questa Gazzettona, passerà alla storia per diversi motivi - alcuni affascinanti, altri discutibili - ma tutti concentrati simbolicamente nella bandiera di uno Stato che non c’è. Si può solo immaginarlo: sullo sfondo candido del vessillo che sfilerà nell’evento inaugurale campeggia la sagoma della penisola coreana colorata di blu, unita e affratellata, senza confini né tensioni, pacifica e colma d’amore come una canzone di John Lennon. Una speranza concreta o la solita chimera crudele?
Afuria di «whoop whoop» è arrivata sin qui: Arianna d’Italia, Arianna portabandiera dell’Italia. Lei dopo l’Armin Zoeggeler di Sochi 2014, ma anche la Federica Pellegrini di Rio 2016. Simbolo di un Paese che guarda ai Giochi e al futuro con ottimismo. «Andiamo, raghi, oggi ci si diverte». Parla e scrive (sui social) così: tra uno «whoop» che fa il verso alla pattinata e un «raghi», che sta per ragazzi, che sa tanto di nuove generazioni. Ne ha fatta di strada, Arianna Fontana, biondina ostinata e impenitente. Da Polaggia di Berbenno, in Valtellina, fino a PyeongChang, in Sud Corea e a una cerimonia che la vedrà sfilare orgogliosa davanti all’intera delegazione tricolore: 27 anni con l’acceleratore schiacciato.
LA STORIA «Ho cominciato a pattinare all’asilo – ricorda, coccolata dalla realtà fiabesca del Villaggio – anche su rotelle, seguivo mio fratello Alessandro. Andavamo a Lanzada, in Valmalenco, a 20’ da casa. In inverno si mettevano secchi d’acqua su un trattorino e, dopo averli rovesciati, con una coperta si “tirava” la superficie bagnata del campetto dell’oratorio che
d’incanto ghiacciava. Per le gare su asfalto, invece, c’era il club Cpv di Sondrio». Ha doppiato, brava su lame e su rotelle, fino alle scuole medie. Poi l’inevitabile scelta. E il trasferimento a Bormio per allenarsi al Palabraulio col gruppo della Nazionale e frequentare il liceo sportivo. Quanti grazie devono lo sport italiano – e lo short track in particolare – alla Valtellina? Ancora oggi, quattro dei sette olimpici, arrivano da lì. Ary ha sempre bruciato le tappe. E a 15 anni e 314 giorni, con la staffetta di Torino 2006, è diventata la più giovane medagliata olimpica invernale della storia azzurra, record di precocità imbattuto. Chi ha avuto la fortuna di seguirla in queste stagioni ha notato i cambiamenti di una ragazza diventata donna. Ma il caratterino è sempre rimasto lo stesso. Non le manda a dire, Arianna la testarda, ci mette la faccia. Sbagliando, a volte. Senza però mai tirarsi indietro.
LA FAMIGLIA Ecco allora l’Ary che litiga con le compagne per questione di morosi: ripicche e gelosie. Ecco l’Ary che non finisce il liceo, ma si diploma comunque (in materie scientifiche) in una scuola privata di Sondrio. Ecco l’Ary che a Vancouver 2010 attacca lo staff tecnico («Voglio allenatori competenti») e che dopo Sochi 2014, forte di altri tre podi a cinque cerchi (per un totale di cinque), impone di fatto la conferma del c.t. canadese Kenan Gouadec, ora riferimento suo e del gruppo da 7 anni. Ecco l’Ary che nel 2015, durante un anno quasi sabbatico, ha tirato anche di boxe. Ecco l’Ary che tanto è indipendente, quanto legata alla famiglia. «Mamma Maria Luisa, papà Renato e Alessandro non mancano mai – sorride – sono arrivati anche qui insieme a zio Michele. E poi, a Curlo, su in Valmalenco, c’è nonna Bruna. Quando torno a casa qualche bel partitone a Scala 40 non ce lo toglie nessuno. E che imprecazioni escono da quella bocca...».
LOVE STORY Casa, da quattro anni, è anche Courmayeur, diventato centro federale e Tallahassee, città della Florida da dove arriva Anthony Lobello, ex collega italostatunitense, suo marito dal maggio 2014 con matrimonio su una spiaggia del lago di Como. «Tra noi – ammette – c’era sempre stato qualcosa, ma mai era decollato. Fino a che un pomeriggio, dal nulla, dopo sei mesi di silenzio, s’è presentato a Courma con le valigie in mano. Dormivo, mi ha svegliata la mia compagna e amica Elena Viviani: “Sono qui per te” mi ha detto. Ero sentimentalmente impegnata, lui forse anche. E’ finita come sapete». I due sono inseparabili. Arianna, in suo onore, prima di partire, s’è fatta fare un quarto tatuaggio: «All’interno del braccio sinistro – spiega – è un insieme di onde e di montagne. Ci rappresentano per la provenienza e per la storia che abbiano alle spalle: agli inizi burrascosa, ora stabile e forte». Gli altri? Una gigantesca manta sulla schiena, un’orca e un’aquila su un fianco, uno squalo martello su un piede. «I tatuaggi devono essere in numero dispari – aggiunge – presto ne servirà un altro». Il futuro, in generale, è un’incognita. Sebbene non sia affatto detto che decida si smettere. Prima, però, meglio rimanere concentrati sulla 4a Olimpiade della carriera.
BAR DAKOTA Tutto, adesso, è pronto per un altro show. Arianna, per qualche ora o qualche giorno, farà diventare lo short track, sport di nicchia se ce n’è uno, disciplina popolare. Dopo la cerimonia («Sì – ammette –, sono emozionata, come dal giorno in cui il presidente Mattarella mi ha consegnato la bandiera: in pista so cosa aspettarmi, in questo caso no»), l’attendono quattro gare e altrettanti possibili podi. Con quella tecnica di partenza tutta sua, eredità delle rotelle e quella pattinata tecnicamente sopraffina. Già domani la batteria dei 500 e la determinante semifinale della staffetta contro Cina, Olanda e Giappone (le prime due alla finale a quattro). «Quelli del mio Fan Club – racconta – hanno installato dei mega schermi nelle scuole medie di Berbenno, tutti gli altri mi seguiranno dal Bar Dakota, tradizionale ritrovo». «Whoop whoop», Ary: l’Italia ti aspetta.