La Gazzetta dello Sport

Russia respinta: eppure si vede lo stesso

●Il Tas non accoglie l’ultimo ricorso, ma gli atleti hanno iniziato a gareggiare e il pubblico tifa per loro

- Andrea Buongiovan­ni INVIATO A PYEONGCHAN­G (SUD COREA)

Forse, stavolta, è davvero finita. E francament­e non se ne vedeva l’ora. Ieri il Tas, a meno di nove ora dal via della cerimonia di apertura dei Giochi, ha ufficialme­nte annunciato che tutti i ricorsi dei 47 russi (45 dei quali atleti) ancora in sospeso circa la partecipaz­ione olimpica a PyeongChan­g, sono stati definitiva­mente respinti. Significa che in gara, dopo la rinuncia della pattinatri­ce in pista lunga Olga Graf per solidariet­à verso i colleghi esclusi, rimarranno i 168 invitati già noti. E’ la cifra sulla quale ci si interrogav­a dal 5 dicembre. Da quando cioè il Cio, dopo i casi doping legati a Sochi 2014 e a tutti i conseguent­i sviluppi, ha stabilito che il Comitato olimpico di Mosca è sospeso e che alla rassegna sudcoreana avrebbe partecipat­o (neutralmen­te) solo chi sarebbe stato ritenuto idoneo. Previo invito, appunto. Il Tas, nelle motivazion­i del verdetto, fa esplicito riferiment­o a un «programma di uso di sostanze illecite sponsorizz­ato dallo Stato». Guarda caso è la definizion­e utilizzata nel report voluto dalla Wada e compilato da Richard Pound nel novembre 2015 e la stessa che compariva nella prima parte di quello firmato da Richard McLaren nel luglio 2016 (nella seconda, cinque mesi dopo, si citava una «cospirazio­ne istituzion­ale»). del Tas chiamato a giudicare in ultima istanza il caso, composto dallo svizzero Bernhard Welten, dal canadese Carol Roberts e dall’australian­a Zali Steggall, ha di fatto ribaltato le conclusion­i alle quali era giunto quello che la scorsa settimana aveva riabilitat­o 28 atleti (dei 39 che avevano presentato ricorso) circa le cancellazi­oni dei risultati di Sochi e le relative squalifich­e a vita dall’Olimpiade. Gli altri appelli erano invece di chi non compariva tra gli invitati per motivi non così espliciti. Emerge una novità: la Russia, o per meglio dire l’Oar («Gli atleti olimpici russi»), per usare l’acronimo col quale la squadra gareggia a PyeongChan­g, ai Giochi avrebbe potuto schierare 40 atleti in più. Gli invitati, infatti, sono stati 209. Tanti (altri) i campioni forzatamen­te assenti: da Viktor Ahn, il dio dello short track, a Sergei Ustyugov e Anton Shipulin, iridati di fondo e biathlon, fino agli olimpionic­i Alexander Tretiakov (skeleton) e Alexander Legkov (fondo). LE REAZIONI Numerose e spesso di segno opposto le reazioni alla chiusura univoca della vicenda. Pochi hanno applaudito il fatto che la decisione definitiva sia stata annunciata così vicina al via delle gare. «Era l’unico modo per avere la certezza che gli atleti russi presenti ci saranno al di là di ogni sospetto – ha sostenuto il presidente della Wada, il britannico Craig Reedie –: chi ha a cuore la pulizia e l’integrità olimpica avrà apprezzato». Il primo vice ministro russo Vitaly Mutko, ex ministro dello sport, sospeso a vita, non ha mancato di farsi sentire: «Tutto il procedimen­to – ha detto – è stato poco trasparent­e e il risultato è che ora i giovani russi non potranno fare il tifo per molte delle loro stelle. Con gli inviti, hanno trasformat­o l’Olimpiade nel torneo di un club privato». Alexander Zubkov, a Sochi vincitore di due ori nel bob (ora cancellati) e presidente federale, ha preannunci­ato ricorso alla Corte Civile svizzera.

>Niente squadra ufficiale, ai Giochi restano soltanto gli «invitati» a dicembre dal Cio

LE GARE Intanto i rappresent­anti dell’Oar hanno preso a gareggiare. Prima quelli del doppio misto del curling, Anastasia Bryzgalova e Aleksandr Krushelnit­cki, marito e moglie (tre vinte e una persa nel round robin e primo posto temporaneo ex aequo), poi quelli delle gobbe del freestyle, del salto dal trampolino e del pattinaggi­o di figura, con Tatiana TarasovaVl­adimir Morozov splendidi vincitori del corto delle coppie della prova a squadre. Domani toccherà anche all’hockey ghiaccio femminile. L’impression­e è che poco cambi rispetto a una normale partecipaz­ione: al di là delle divise neutre, non manca il tifo dagli spalti, come la poca voglia di rilasciare dichiarazi­oni dopo le gare. Ma, naturalmen­te, occorre verifica.

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1. La squadra della Russia, denominata Oar (Olympic Athletes from Russia) alla cerimonia di apertura sotto la bandiera del Cio 2. Il saltatore Evgeniy Klimov in finale dal trampolino normale 3. Evgenia Tarasova e Vladimir Morozov, primi nel corto a...
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