CONI, CIO, LEGA: MALAGÒ UNO E TRINO
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Malagò uno e trino. C’è quello che a PyeongChang non si perderà una gara, farà sentire la propria vicinanza agli atleti, li festeggerà o li consolerà. Le cose in cui riesce meglio, come testimoniato in ogni circostanza, anche e soprattutto ai Giochi estivi di Rio. Quello che dice gli basterebbero 10 medaglie, bottino sufficiente a cancellare la delusione (non sua) di Vancouver 2010 e quella (sua ma per modo di dire, s’era appena insediato) di Sochi 2014, ma è una stima fatta al ribasso, l’obiettivo vero è più ambizioso. C’è un secondo Malagò che in Corea è impegnato a fare politica sportiva internazionale. L’inaugurazione di Casa Italia è stata un successone e la presenza di quei 61 membri Cio (su un totale di 94) dice molte cose: che il giorno in cui Malagò diventerà membro Cio si avvicina forse più velocemente del previsto, e che questo potrebbe avvenire già nella sessione di ottobre a Buenos Aires. Cosa che consentirebbe di andare oltre nella sessione successiva, a Milano nel settembre 2019: quando il 10, preceduta da una serata alla Scala, si assegneranno le Olimpiadi invernali 2026 (quelle 2022 sono già di Pechino). Oggi parlare di una Milano olimpica 2026 sembra fuori luogo, tanto più con le elezioni del 4 marzo alle porte e infatti la parola d’ordine è «silenzio» fino ad allora. Ma Milano 2026 è una candidatura già in rampa di lancio, benedetta da entrambi i candidati favoriti alla Regione Lombardia (Gori e Fontana, quest’ultimo ha come capolista Antonio Rossi, uno che di Olimpiadi se ne intende), e con discrete chance di arrivare al traguardo.
C’è poi il terzo Malagò, quello commissario della Lega di Serie A, che a PyeongChang non dorme la notte pur di restare connesso con l’altra Milano, quella del calcio. Assente ma non abbastanza da non riuscire per interposti club a lui più vicini a mandare deserta, quindi di fatto a rinviare l’assemblea richiesta da otto società e in un primo tempo programmata per mercoledì. dopo Evento vissuto, forse esageratamente, come un dispetto. Malagò è il primo a sapere che si tratta di una crisi ormai stantia: prima si risolve meglio è, e ora che Mediapro (e non Sky) ha fatto la grazia sui diritti televisivi, un’accelerazione è nell’ordine delle cose. Un commissariamento di breve durata in Lega non impedirebbe peraltro a Malagò di vegliare quale padre nobile sulla Figc. Dove l’ottimo Fabbricini, che mostrando competenza e idee assai chiare ha parlato più negli ultimi dieci giorni che nei precedenti quaranta anni, non chiede di meglio che ritrovarselo al proprio fianco. Per quello che, lì di sicuro, sarà un commissariamento molto lungo.