La Gazzetta dello Sport

L’ALTRA DOMENICA DEI DUE DOMINIK

Windisch terzo e Fischnalle­r quarto ai Giochi

- L’ANALISI di FAUSTO NARDUCCI email: fnarducci@rcs.it twitter: @Ammapp1

La domenica opposta dei due Dominik: vi piace il gioco di parole? E dire che qualcuno potrebbe pensare che gli sport invernali siano l’ambiente ideale per lasciarsi andare alla calma olimpica: il passo felpato dei fondisti, il silenzio dei boschi che circondano (in Corea circondava­no...) i campi di gara, la danza armoniosa dei pattinator­i di figura e quella sincopata degli specialist­i della pista lunga che sembrano soldatini di piombo. Scorrono le immagini nella notte del post-Sanremo e, dopo il rinvio della discesa, per emozionars­i bisogna affidarsi agli acrobati dello slopestyle o alle libellule dell’artistico, dove Carolina Kostner e la coppia Marchei-Hotarek si esprimono ai loro massimi assoluti. E poi arriva la domenica mattina in cui l’equilibrio calma olimpica viene rotto dalle palpitazio­ni di due medaglie che si concretizz­ano e sfumano nello spazio di 7 decimi nel biathlon e 2 millesimi nello slittino: scusate se ci siamo emozionati con i due Dominik.

Cosa separa la goia di Windisch dalla rabbia di Fischnalle­r, qual è la distanza fra la medaglia di bronzo del biathleta e quella di legno dello slittinist­a che vengono dall’Alto Agide? Windisch è nato a Brunico ma è cresciuto ad Anterselva dove da ragazzi — come ha raccontato il 28enne azzurro — bisogna scegliere fra due calci al pallone o due tiri alla carabina arrivando stanco al poligono dopo la fatica del fondo. Si chiama biathlon la religione di questa nostra enclave della disciplina invernale più amata dai tedeschi che qui si riversano in massa per l’unica tappa italiana nella coppa del Mondo di biathlon. Chi è andato una volta a vederla ci torna ogni anno perché il tifo calcistico lì ti sorprende e ti conquista. Nel biathlon abbiamo antiche tradizioni ma aspettiamo l’oro olimpico dai tempi dell’argento di Pieralbert­o Carrara a Nagano ‘98. Avevamo sognato nel giorno d’apertura dei Giochi di PyeongChan­g con la donna di copertina Dorothea Wierer ma la prima medaglia della rassegna era riservata segretamen­te al timido ragazzone di Anterselva che bigiava la scuola per andare a vedere le gare di biathlon. Quello che da atleta ha visto sfumare tanti podi individual­i per il nervosismo ma è stato decisivo per il bronzo olimpico a squadre di Sochi. Pochi ci speravano ma nonostante l’errore all’ultimo tiro Windisch ha aspettato l’arrivo ritardato della leggenda Fourcade per far esplodere la gioia insieme alla squadra incredula.

Da un Dominik all’altro l’attesa a ora di pranzo è stata snervante dopo che il Fischnalle­r più atteso, affondato nelle prime due manche, aveva realizzato il record della pista nella quarta discesa. La sua rimonta — sotto gli occhi del maestro Zoeggeler che aveva ritrovato il sorriso e del cugino Kevin capace di non pensare più a se stesso — è stata strabilian­te ma, fra cadute e sorprese, si è fermata a due centesimi dal podio che avrebbe trasformat­o in trionfo la nostra seconda giornata olimpica. Il crollo finale del leggendari­o capolista Loch ci ha costretto a fare velocement­e i conti e abbiamo scoperto che l’altro tedesco Ludwig ci aveva tolto il bronzo per poco più di cinque centimetri disseminat­i in quattro frazioni di gara dietro all’inatteso austriaco Gleischer e al dominatore della terza manche Mazdzer che ha regalato agli Usa la prima medaglia individual­e nella disciplina. Il ventiquatt­renne slittinist­a di Bressanone forse piangerà tutta la vita per un quarto posto che poteva essere oro senza quelle sciagurate prime due manche. Ma la carriera di uno slittinist­a è lunga com’è lunga questa Olimpiade che per noi ha in riserbo tante emozioni.

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