La Gazzetta dello Sport

LA NECESSITÀ LANCIA I GIOVANI E I LORO GOL SCUOTONO LA A

Karamoh (Inter), Under (Roma), Cutrone (Milan) e...

- di ALESSANDRO DE CALÒ

La perla di Karamoh che sradica l’Inter dalle sabbie mobili di una noiosa crisi, rilanciand­ola al terzo posto, è figlia di una necessità. Anche i gioielli di Under, esibiti con la Roma all’Olimpico rispondono alla stessa forza motrice. Fanno rima con la doppietta di sabato del baby Cutrone, sono la zampata dei ventenni che tolgono un po’ di polvere e scuotono il campionato. Eh, la necessità. Forse nessuno conosce, come Luciano Spalletti, il valore di questa parola chiave. Senza un’improvvisa necessità, sotto la sua guida il grande Totti non sarebbe diventato centravant­i, allungando­si la vita sul campo, e non avrebbe mai vinto la Scarpa d’oro. La metamorfos­i del capitano della Roma si era materializ­zata per la prima volta in un giorno di dicembre del 2005, contro la Samp a Genova, quando il tecnico toscano si era trovato a dover giocare senza Cassano, Montella e un poco memorabile Nonda. La svolta di Totti prima punta si era rivelata geniale: più o meno come quella fatta da Sarri con Mertens, a Napoli, il giorno dopo l’infortunio di Milik. Avvicinare Totti all’area di rigore – ripeteva Spaletti – è come mettere la volpe vicina al pollaio, “trova sempre lo spazio per creare terrore”.

Yann Karamoh, che con un magnifico gol ha mandato a picco il Bologna a San Siro, c’entra poco con Totti, ma ha a che fare con una necessità simile. Karamoh è un ivoriano naturalizz­ato francese, non ha ancora vent’anni, corre veloce e accarezza bene la palla anche col sinistro. Il suo 2-1 di ieri ricorda le percussion­i diagonali di un Robben e di un Figo o almeno i ricami di Suso. Spalletti non l’avrebbe mai fatto giocare dal primo minuto se l’Inter non fosse rimasta per otto partite senza vincere e Candreva non si fosse trovato in queste condizioni di forma. I rinforzi che il mercato di gennaio non ha portato, Spalletti li ha scovati nel ripostigli­o. Anche Eder in campo da subito è una necessità. Per non dire di Rafinha speso nel finale: scelta obbligata dal lungo stop. Dal calore con cui i nuovi compagni abbraccian­o il brasiliano a fine match, si capisce che il campo sta per incoronare un piccolo leader. Karamoh, forse, potrà diventarlo. In Francia l’hanno paragonato a Mbappé e Dembelé: il solco è quello, la distanza è consistent­e, ma l’Inter ha in mano un talento e deve averne cura.

Ormai si giocano quattro campionati, in questa serie A. Lo scudetto è un match stellare tra Napoli e Juve. Gli altri due posti Champions sono una partita fra tre squadre malate o convalesce­nti: i nerazzurri, la Lazio (al terzo kappaò di fila) e la Roma che scavalca i biancocele­sti ma fatica prima di battere in rimonta il piccolo Benevento. Come Karamoh a San Siro, all’Olimpico il protagonis­ta è Cengiz Under, turco di vent’anni, capace di inventare un assist e due gol super che decidono il match. Anche qui, le scelte che permettono a Di Francesco di scollinare sono figlie di una necessità. La squadra si stava perdendo attorno alla partenza di Dzeko. Il bomber è rimasto, il 4-2-3-1 sta riportando risultati e fiducia nella Roma: gli ottavi di Champions con lo Shakhtar sembrano meno in salita. Poi c’è la corsa per l’Europa League: tiene la Samp, risale il Milan, frena l’Atalanta, recupera il Toro con un magnifico Belotti restituito al gol. Il resto è sprint salvezza, con impercetti­bili movimenti sulla classifica. In generale, il percorso è tracciato. Qualcosa potrà cambiare. Nel ritorno, soltanto Napoli e Juve – per dire – hanno fatto meglio del Milan: 15 punti contro 13. Con questa proiezione Gattuso potrebbe arrivare in Champions, scardinand­o gli steccati. Deciderann­o un po’ di scontri diretti. E su tutto, a ricaduta, peserà l’Europa: domani c’è la Juve, poi toccherà alle altre. Niente sarà come prima.

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