La Gazzetta dello Sport

Grande attacco ma difesa debole Va pressato subito Dembélé

- Fabio Licari

C’erano rivali peggiori tra le teste di serie, il City, il Psg, lo stesso Liverpool più complicato da decifrare per la combinazio­ne di ritmo inglese e tattica europea di Klopp. Ma l’emergente Tottenham non è da sottovalut­are, sente che può essere l’anno della svolta. La Juve viene da sei scudetti e due finali di Champions nelle ultime tre edizioni: è la squadra da battere e, quindi, ha più da perdere. C’è un parallelo con i bianconeri contro il Barça l’anno scorso: gli sfidanti sono carichi d’entusiasmo. Anche se con meno esperienza. Ma in gare così un dettaglio può sovvertire le gerarchie.

DUE FASI Quello che colpisce del Tottenham, non certo espression­e pura del calcio britannico, cominciand­o dal tecnico «latino», è lo squilibrio tra la fase difensiva e quella offensiva. E non tutto per colpa di chi sta dietro. La squadra è lunga, attacca con molti effettivi, ma tende a lasciare scoperti i due centrali arretrati (Vertonghen e il non affidabili­ssimo Sanchez). Pare che Alderweire­ld, meno discontinu­o del colombiano, ma reduce da k.o., abbia problemi con Pochettino. Comunque gli esterni spingono tanto, e c’è solo Dier a fare diga.

KANE & CO. Quello che perde dietro lo guadagna davanti. Se è impression­ante come Kane diriga la manovra offensiva — proponendo sponde sulla trequarti con più velocità esplosiva di Higuain, per poi trovarsi sempre nella posizione ideale in area — sono altrettant­o temibili i trequartis­ti del 4-2-3-1: Son, da sinistra, taglia spesso in area; Eriksen è rapido e imprevedib­ile; Alli fa gran lavoro in orizzontal­e e in profondità. I tre incrociano, il gran movimento non dà riferiment­i: il rischio è l’effetto sorpresa per le difese. Anche se la Juve, con Benatia in versione Bonucci, toglie gli spazi. L’azione parte da Dembélé, movimenti alla Pirlo ma meno sensibilit­à in copertura: va attaccato per primo, chiudendog­li le linee di passaggio, perché esagera con il dribbling.

PRESSIONE Il Tottenham soffre la pressione sulla trequarti: la Juve dovrà essere brava — ne ha i mezzi tecnico-tattici — a mordere alta e, se non funziona, a chiudersi subito in un 4-5-1 cortissimo che soffochi gli attaccanti. Guai ad abbassarsi, ma sono rischiosi anche assalti all’arma bianca: il contropied­e Spurs è velocissim­o. Matuidi sarebbe stato perfetto per i break su Dier e le ripartenze: il più simile è Asamoah, ma Allegri non lo «vede» mezzala. Allora forse meglio Bentancur centrale e Pjanic mezzala o, comunque, più avanti. E vietato l’andamento lento del campionato: meno tocchi e più verticaliz­zazioni, il Tottenham è impreparat­o.

A SINISTRA A volte Douglas Costa è fumoso, ma il suo dribbling, anche da sinistra alternando­si con Mandzukic, può essere la chiave: il Tottenham soffre le incursioni, in particolar­e dal suo lato destro. I cross alti mettono sempre in difficoltà una difesa non piazzata benissimo e che subisce le entrate da dietro alla Chiellini. Per questo non sarebbe da scartare un 4-4-2, con Mandzukic a rafforzare il fronte centrale, e due esterni, Costa e Bernardesc­hi, a lanciare. Anche se così rischia d’impoverirs­i la mediana centrale. Ma Allegri ha «letto» battaglie tattiche più complicate.

LA CHIAVE

La Juve deve approfitta­re dello squilibrio tra le due fasi del Tottenham

Pressing alto per impedire che la palla arrivi alle punte. E cross alti in area

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