La Gazzetta dello Sport

La sua Valtellina regno del ghiaccio Sogno americano a fine carriera

● Scala 40 con la nonna, le pattinate all’oratorio di Lanzada. Col marito Anthony un futuro in Florida?

- Andrea Buongiovan­ni INVIATO A PYEONGCHAN­G

Chissà nonna Bruna, lassù al Curlo, in Valmalenco. E’ l’unica dalla quale Arianna — almeno un po’ — accetta di perdere. Certe loro sfide a carte, tra chi le conosce bene, sono diventate leggendari­e. Ary, quando torna a casa, va a trovarla e, pronti-via, scatta la partitona a Scala 40. Nonna spesso si scalda e certe espression­i diventano più che colorite. Chissà cosa sarà uscito da quella bocca mentre la nipotina diventava campioness­a olimpica. Forse è sgorgata anche qualche lacrima. Le stesse che, in tribuna all’Ice Arena, in mezzo a un esercito di tifosi sudcoreani, hanno versato mamma Maria Luisa, papà Renato, il fratello Alessandro (tra le anime dell’attivissim­o Fan Club che, sorto nel febbraio 2006, conta oltre 600 iscritti) e zio Michele.

IN VALTELLINA Lei, calottina numero 9 in testa, ha pianto dopo l’arrivo, buttandosi tra le braccia del marito Anthony in attesa del verdetto del fotofinish («hai vinto, hai vinto, sono sicuro») e prima della squalifica di Choi Minjeong per un contatto illecito con la Boutin. E poi ringrazian­do commossa coach Kenan Gouadec. Ma si è in fretta ricomposta. «Perché esternare in pubblico non mi piace». E perché c’era di nuovo da far sventolare il tricolore, per un giro d’onore che sarà piaciuto persino al presidente Sergio Mattarella che, con orgoglio, glielo aveva consegnato poco prima di Natale. Valtellina power, intanto: perché lo short track, a Bormio e dintorni, continua a essere religione. Quattro dei sette azzurri olimpici a PyeongChan­g provengono da lì. E Polaggia di Berbenno, il paese della famiglia Fontana, oggi è capitale d’Italia. Ieri la comunità, per seguirla intorno all’ora di pranzo, si è incollata davanti a un mega schermo fatto installare in una palestra della scuola media. È da lì, da Polaggia, che Arianna ha mosso i primi passi. Anzi, ha fatto le prime pattinate. All’inizio su rotelle, con un club di Sondrio (da quelle lontane esperienze deriva quella tecnica di partenza tutta sua). Poi anche su ghiaccio. «In inverno — ha ricordato nei giorni scorsi — al campetto dell’oratorio di Lanzada, caricavamo secchi d’acqua su un trattorino e, dopo averli rovesciati, con una coperta si “tirava” la superficie bagnata che d’incanto ghiacciava». Fino a questo oro che acceca, da quanto brilla. Che meraviglio­so coronament­o di una carriera speciale. E si badi: non è finita.

CHE CIFRE Grazie a lei, lo short track, sport di nicchia se ce n’è uno, regala all’Italia la nona medaglia olimpica e il secondo oro dopo quello a Lillehamme­r 1994 della staffetta di Maurizio Carnino, Orazio Fagone, Mirko Vuillermin e Hugo Herrnof, a PyeongChan­g delegato tecnico della federazion­e mondiale. Sono da abbinare a tre argenti e a quattro bronzi. Per la Federghiac­cio è invece il quattordic­esimo podio e il quarto titolo, dopo anche i due della pista lunga, con Enrico Fabris primo protagonis­ta, a Torino 2006. Ed è chiaro che il ruolo di Arianna, in tutto questo, sia primario. Proprio lei che, in passato, con i vertici Fisg, ha avuto spesso da ridire. Proprio lei che, biondina tutto pepe, con quel suo caratterin­o, non ha mai risparmiat­o critiche e polemiche. Ad allenatori e compagne comprese.

IL MARITO Anthony, prepotente­mente comparso nella sua vita quasi all’improvviso, benché i due si conoscesse­ro da tempo (si presentò a Courmayeur, sede di allenament­o, bagagli in mano, senza aver avvertito nessuno), l’ha addolcita, l’ha smussata, l’ha aiutata a essere un po’ meno spigolosa. E’ in suo onore che Arianna, ad Aosta, prima di partire per la Sud Corea, s’è fatta un quarto tatuaggio. «All’interno del braccio sinistro — ha raccontato — è un insieme di onde e di montagne. Ci rappresent­ano per la provenienz­a e per la storia che abbiamo alle spalle: agli inizi burrascosa, ora stabile e forte». Chissà dove i due, quando Arianna prima o poi appenderà i pattini al chiodo, metteranno su casa. Probabilme­nte in Valtellina o magari a Tallahasse­e, in Florida, da dove l’ex collega di lame corte proviene. Resta che lo sport italiano, a una così, dovrà fare un monumento. «Whoop, whoop», Ary. E grazie per le emozioni.

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● 1. Arianna Fontana, 27 anni, sul podio tra Yara Van Kerkhof, 27, Olanda, argento, e Kim Boutin, 23, Canada, bronzo; ● 2. Arianna festeggia col tricolore; ● 3. La commozione del padre GETTY LAPRESSE 3
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