Grinta Burns «Vai Cantù, Milano è battibile»
●Il lungo azzurro: «Gran ritmo e attacco, con Sodini si vince così»
LA MAGLIA AZZURRA È LA COSA PIÙ BELLA DEI MIEI 10 ANNI IN EUROPA IL LUNGO CANTURINO SULLA NAZIONALE
Christian Burns è italiano dentro. Non solo per aver vestito la maglia azzurra, ma perché si sente uno di noi. Venerdì con Cantù tenterà l’assalto a Milano.
Chris, è battibile l’Olimpia?
«Certo, in Serie A non ci sono squadre imbattibili. Guardate cosa ha fatto domenica Varese con Brescia».
La mentalità di coach Sodini è sempre quella: non partiamo mai sconfitti.
«Altrimenti cosa giocheremmo a fare? Purtroppo abbiamo perso Culpepper nel momento sbagliato, speriamo almeno di recuperare Crosariol».
Le difficoltà societarie non vi hanno frenato.
«All’inizio onestamente eravamo preoccupati, c’erano tanti dubbi. Sodini ha fatto ben più che il tecnico, occupandosi di questioni che normalmente non dovrebbero spettare all’allenatore, diciamo che ha ricoperto svariati ruoli».
In campo come vi fa giocare?
«Di corsa, enfatizzando l’attacco. Abbiamo tante bocche da fuoco e lui ci fa affrontare gli avversari esaltando le nostre doti. Quando ha preso il posto di Bolshakov non ha fatto rivoluzioni ma solo aumentato l’intensità degli allenamenti, dicendoci di giocare la nostra pallacanestro».
Una vita da cestista. Eppure doveva fare il calciatore.
«Ero molto più forte a calcio, anche se ero molto magro al liceo. Poi mi sono avvicinato al basket e, visto che andavo bene, ho capito che per ottenere una borsa di studio quella sarebbe stata la via migliore».
College tra Quinnipiac e University of Philadelphia, poi a soli 21 anni la Polonia.
«Crazy. Una bella esperienza però. Per fortuna con me c’era Emma, la mia fidanzata, oggi mia moglie. Mi aiutò parecchio averla vicino. Così come un compagno di università, che venne nella mia stessa squadra, il Koszalin. Non patii più di tanto lo shock culturale».
Il suo ricordo più bello in questi 10 anni d’Europa?
«Senza dubbio l’aver vestito la maglia azzurra. Non solo sono stato cresciuto da una famiglia italiana ma nel New Jersey, dove sono nato, c’è una grande influenza della vostra cultura. Per me è un grande onore rappresentare il Paese che amo».
Com’è stata l’esperienza con la Nazionale?
«La più stressante della mia vita. Ero nei 24 ma non venni convocato. Me ne stavo a Las Vegas per un camp e mi chiamò Messina, chiedendomi se due giorni dopo potevo presentarmi a Milano alla presentazione della squadra. Mi comprai un biglietto aereo e arrivai in extremis. Dando uno sguardo a chi c’era, non avevo grandi speranze di entrare nei 12. Invece, lavorando come un matto, facendo sempre quello che mi veniva chiesto senza mai voler strafare, mi sono guadagnato l’Europeo. Messina mi ha insegnato tantissimo, è il tecnico più intelligente che abbia mai avuto».
Il futuro? La danno a Milano...
«Non solo, anche alla Virtus. Girano tante voci ma io penso solo a finire la stagione con Cantù e a centrare i playoff».