«Vi chiedo perdono»: la lettera di Giacconi alla famiglia di Scarponi
● (s.r.) Nessuno saprà mai fino a che punto il dolore e il rimorso per la morte di Michele Scarponi, travolto e ucciso dal suo furgone in quella maledetta mattina del 22 aprile 2017, gli avessero lacerato l’anima e scavato nel cuore. Ma a leggere quelle righe scritte di suo pugno, in una lettera spedita a novembre alla famiglia del compianto corridore dell’Astana, traspare il pentimento di un uomo, Giuseppe Giacconi, volato in cielo a 57 anni senza aver la forza di reagire alla malattia incurabile scoperta a Natale. «In questi mesi vi ho pensato molto, anzi sempre, e vi chiedo perdono per tutto il male che, anche non volendo, vi ho causato», scriveva l’artigiano, morto domenica sera nella sua casa di Filottrano (Ancona), indagato per omicidio colposo dopo il tragico investimento in cui perse la vita Scarponi durante un allenamento nel suo paese. «Prego per voi affinché il ritorno alla vita di tutti i giorni sia il più sereno possibile — aggiungeva —. Non so scrivere grandi parole, ma spero che un giorno, quando lo vorrete, potremo rincontrarci». Con questa proposta di pace si chiudeva la lettera di Giacconi. «Non l’ho visto, vi giuro che non l’ho visto», gridava in lacrime il piastrellista la mattina in cui soccorse per primo Scarponi, mentre moriva sotto i suoi occhi dopo lo schianto con il suo furgone. Sosteneva di essere stato abbagliato dal sole. La patente, subito sospesa, a settembre gli era stata provvisoriamente restituita su istanza degli avvocati Fabrizio Panzavuota e Chiara Binnella. Quel giorno scoppiò in lacrime davanti al giudice di pace, che a Natale avrebbe ripristinato il provvedimento. Ieri a Filottrano si sono tenuti i funerali di Giacconi, a cui hanno partecipato il sindaco Lauretta Giulioni e rappresentanti della giunta locale, oltre a un esponente del fan club del campione, presente a titolo personale.