La Gazzetta dello Sport

Santone e mental coach Così l’Italia del curling diventa la stone vagante

●Joel è il leader azzurro: «Abbiamo tutti la barba per emulazione Canada e Svezia favorite, poi noi»

- Andrea Buongiovan­ni INVIATO A PYEONGCHAN­G (SUD COREA)

Nella pancia del Gangneung Centre. A un passo dallo spogliatoi­o azzurro. Dove, dopo l’impresa di giornata – il successo al fotofinish sugli Stati Uniti per 10-9 – la squadra svolge il tradiziona­le debriefing post-partita. Va un po’ per le lunghe: quando termina, lo stadio – almeno in quella zona – è vuoto. Un’addetta alla sicurezza, un cronista e lui, Joel Retornaz, lo skip, la mente di quest’Italia dei miracoli che, prima della sfida disputata nella notte contro la Danimarca, era terza, quindi addirittur­a in zona semifinali. La barba, un po’ più corta di quella che portava sino a un anno fa – ma sempre folta – gli dà un’aria da saggio. In fondo un po’ lo è: non foss’altro per l’esperienza acquisita. Joel, 34enne trentino di Cembra che vive in Svizzera, c’era a Torino 2006, bocia del gruppo nella prima del curling tricolore all’Olimpiade (perché Paese organizzat­ore) e c’è a PyeongChan­g 2018 (pass conquistat­o sul campo), leader di una squadra tanto giovane, quanto convincent­e.

Qual è il segreto?

«Il lavoro: il d.t. Marco Mariani, a Torino mio compagno, appoggiato dalla federazion­e, ha fatto ottime scelte. Per esempio arrivando a Soren Gran, c.t. che prima da giocatore e poi da allenatore, è alle sesta Olimpiade. Ci insegna un curling moderno, fatto di tattica e strategie, con grande attenzione alle dinamiche di squadra».

Date l’impression­e di rimanere calmi anche nei momenti più concitati: è così?

«Da inizio stagione lavoriamo con due mental coach: seguiamo un percorso molto utile. Peccato che per averli qui non ci fossero più posti a disposizio­ne nella delegazion­e».

Ci racconta i suoi compagni?

«Gonin è iperattivo, non sta mai fermo. Ferrazza il più naif, parla poco inglese e vive nel suo mondo: dice a Soren di aver capito anche quando non è vero. Mosaner fa il bullo: vuol far credere di aver sempre tutto sotto controllo. E l’ingegner Pilzer è quadrato, ricercator­e matematico non per caso».

Perché avete tutti la barba?

«Per un fatto di emulazione reciproca e di... moda».

State entusiasma­ndo l’Italia...

«Speriamo di non deluderla: affrontiam­o una gara alla volta, ma pensiamo in grande. Le favorite sono Canada e Svezia, poi c’è un gruppo di outsider».

Quant’è cambiato il curling in questi dodici anni?

«Tanto: ma il fascino dei Giochi è immutato. L’ atmosfera è la stessa. Solo che allora ero lo junior e ora mi ritrovo a far da chioccia. Anche se poi, a volte, sono più bambinone io dei miei compagni. Però sono pragmatico. E questo aiuta, soprattutt­o a gestire gli ultimi stone, quando l’autocontro­llo deve essere massimo».

Cosa pensa dell’introduzio­ne ai Giochi del doppio misto?

«A un purista come me piace fino a un certo punto. Ma capisco che sia un ottimo veicolo di

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