Santone e mental coach Così l’Italia del curling diventa la stone vagante
●Joel è il leader azzurro: «Abbiamo tutti la barba per emulazione Canada e Svezia favorite, poi noi»
Nella pancia del Gangneung Centre. A un passo dallo spogliatoio azzurro. Dove, dopo l’impresa di giornata – il successo al fotofinish sugli Stati Uniti per 10-9 – la squadra svolge il tradizionale debriefing post-partita. Va un po’ per le lunghe: quando termina, lo stadio – almeno in quella zona – è vuoto. Un’addetta alla sicurezza, un cronista e lui, Joel Retornaz, lo skip, la mente di quest’Italia dei miracoli che, prima della sfida disputata nella notte contro la Danimarca, era terza, quindi addirittura in zona semifinali. La barba, un po’ più corta di quella che portava sino a un anno fa – ma sempre folta – gli dà un’aria da saggio. In fondo un po’ lo è: non foss’altro per l’esperienza acquisita. Joel, 34enne trentino di Cembra che vive in Svizzera, c’era a Torino 2006, bocia del gruppo nella prima del curling tricolore all’Olimpiade (perché Paese organizzatore) e c’è a PyeongChang 2018 (pass conquistato sul campo), leader di una squadra tanto giovane, quanto convincente.
Qual è il segreto?
«Il lavoro: il d.t. Marco Mariani, a Torino mio compagno, appoggiato dalla federazione, ha fatto ottime scelte. Per esempio arrivando a Soren Gran, c.t. che prima da giocatore e poi da allenatore, è alle sesta Olimpiade. Ci insegna un curling moderno, fatto di tattica e strategie, con grande attenzione alle dinamiche di squadra».
Date l’impressione di rimanere calmi anche nei momenti più concitati: è così?
«Da inizio stagione lavoriamo con due mental coach: seguiamo un percorso molto utile. Peccato che per averli qui non ci fossero più posti a disposizione nella delegazione».
Ci racconta i suoi compagni?
«Gonin è iperattivo, non sta mai fermo. Ferrazza il più naif, parla poco inglese e vive nel suo mondo: dice a Soren di aver capito anche quando non è vero. Mosaner fa il bullo: vuol far credere di aver sempre tutto sotto controllo. E l’ingegner Pilzer è quadrato, ricercatore matematico non per caso».
Perché avete tutti la barba?
«Per un fatto di emulazione reciproca e di... moda».
State entusiasmando l’Italia...
«Speriamo di non deluderla: affrontiamo una gara alla volta, ma pensiamo in grande. Le favorite sono Canada e Svezia, poi c’è un gruppo di outsider».
Quant’è cambiato il curling in questi dodici anni?
«Tanto: ma il fascino dei Giochi è immutato. L’ atmosfera è la stessa. Solo che allora ero lo junior e ora mi ritrovo a far da chioccia. Anche se poi, a volte, sono più bambinone io dei miei compagni. Però sono pragmatico. E questo aiuta, soprattutto a gestire gli ultimi stone, quando l’autocontrollo deve essere massimo».
Cosa pensa dell’introduzione ai Giochi del doppio misto?
«A un purista come me piace fino a un certo punto. Ma capisco che sia un ottimo veicolo di