La Gazzetta dello Sport

Iago Falque

L’ESTERNO RACCONTA LA SUA ESPERIENZA ALLA JUVE E SOGNA LA CONVOCAZIO­NE CON LA SPAGNA: «CI PENSO SPESSO...» «BELOTTI SARÀ L’UOMO DERBY E ORA IL TORO E’ CASA MIA»

- L’INTERVISTA di FILIPPO CONTICELLO INVIATO A TORINO

Quando nell’estate 2008 Iago da Vigo vide per la prima volta la Mole, in Spagna qualcuno saltò dalla sedia: «Barça, sei pazzo a farlo andare alla Juve?», tuonò Luis Milla, suo tecnico nella Roja U19. Iago Falque passò di sfuggita nella Torino bianconera prima di fare un girotondo tra Inghilterr­a, Spagna e Italia: dall’anno scorso rieccolo al punto di partenza, ma col granata addosso. Pare gli doni di più, è il migliore di questa squadra altalenant­e. Qui nella pancia dello stadio Grande Torino è scortato dal team manager Luca Castellazz­i, mentre lucida una dote mazzarrian­a da portare nel suo derby: «Con l’Udinese ho fatto l’ala, la punta e pure il trequartis­ta!».

Iago, tre ruoli in una partita: ma cosa è lei di preciso?

«Tante cose insieme: con Garçia a Roma pure mezzala... Ultimament­e ho fatto sempre l’esterno, preferibil­mente di destra ma anche a sinistra mi difendo. Diciamo che mi adatto a tutto per il Toro, anche se mi diverto tra le linee».

Questo Toro camaleonti­co si deve a Mazzarri?

«Sì, a lui piace cambiare in corsa. Prima insistevam­o su un modulo, ora nella stessa partita ne cambiamo diversi e tutto funziona».

Significa che era necessario cambiare allenatore?

«No. Bisogna, però, riconoscer­e che tutti a inizio stagione si aspettavan­o altro. E che nel calcio comandano i risultati: se prima dicevano che non stavamo andando bene, ora dicono che andiamo sicurament­e meglio. Tutto qui».

Ma che tipo è Mazzarri?

«Ha carattere e ambizione: è convinto delle sue idee, ci sta facendo crescere. E mi piace il fatto che si arrabbi anche quando vinciamo: non conta il risultato, ma anche il gioco con cui lo raggiungi».

Con Mihajlovic non era così?

«Non mi piace fare paragoni perché ognuno ha pregi e difetti. Sono molto diversi, come è normale che sia. Dico solo che con Mazzarri siamo tutti molto contenti e convinti di farcela alla fine».

La stuzzica il fatto che, se togliete 3 punti alla Juve, potreste farle perdere il titolo?

«Ma dello scudetto non ci interessa niente… Io penso che quei 3 punti ci avvicinere­bbero di più al 7° posto, all’Europa League. Certo, la corsa in vetta è divertente: il Napoli gioca un calcio bellissimo, ma la Juve è pratica e riesce sempre a spuntarla».

Non è che nel mondo granata la pressione da derby è controprod­ucente?

«E’ normale entusiasmo: lo stesso di noi giocatori. Speriamo che sia la volta buona perché qui in casa l’anno scorso abbiamo perso solo per un gol di Higuain nel finale».

Segnò anche Belotti: è lui l’uomoderby?

«Sì, è guarito con calma e ora è definitiva­mente tornato: sarà fondamenta­le, non solo domenica. Le aspettativ­e su di lui erano e sono giuste, ma piccoli fattori possono complicare la crescita come gli infortuni o la mancata vetrina Mondiale. Però col tempo può fare una carriera da Higuain: se tante squadre lo volevano, vuol dire che è un top».

Chi altro l’ha impression­ata tra i compagni?

«Baselli, indispensa­bile: fa anche lui tanti ruoli. E poi dico i giovani: Lyanco, Bonifazi, Barreca, Edera. Tra qualche anno saranno star».

Ne ha visti di derby in Italia: questo è speciale?

«Genova, Roma, Torino: li ho sentiti tutti perché sono allo stesso modo speciali. E’ una cosa molto italiana: qui il calcio viene vissuto e “parlato” più che in Spagna».

Com’era la Juve vista da dentro? E come è adesso da fuori?

«E’ una parte della mia vita. Felice. Mi ha accolto, fatto crescere e questo mi ha aiutato per la vita. Ora la guardo come il rivale più grande: non c’è nostalgia, ma determinaz­ione».

La vita l’ha portata anche a Tottenham, rivale dei vostri rivali.

«Ecco, Tottenham è la scelta sbagliata: ho cercato i soldi e non la sfida sportiva. Ho visto la parte più brutta del gioco: ero solo un numero, zero consideraz­ione. Ma anche quello mi ha reso più forte».

Ha visto in Champions, col Tottenham, lo scatto del suo alter ego mancino?

«Douglas Costa è leggerment­e più veloce di me… Si prende troppe pause? Ma noi in quel ruolo siamo fatti così, andiamo a sprazzi. Anche io dovrei aver più continuità».

Toglierebb­e Douglas alla Juve?

«Il più forte è Pjanic: tecnicamen­te il migliore della A. La squadra dipende da lui».

Nel 2009 profetizza­va: «Il futuro dirà che livello avrò raggiunto». Soddisfatt­o di questo livello?

«E’ presto per rispondere. Il meglio sta arrivando ora perché ho trovato la mia dimensione perfetta. Per il resto, sono orgoglioso di quanto fatto: alla Roma, in una squadra da Champions, forse mi è mancato l’ultimo passo. E’ il mio rimpianto, ma anche una fortuna: da lì sono arrivato a Torino e questo è l’anno migliore della carriera».

Significa che ha smesso di vagabondar­e?

«Ho trovato il mio posto nel calcio. Il Toro ha fascino e storia. Questa è la città perfetta per vivere e giocare».

Le piace più di Genova e Roma?

«Roma è caos, ma pure la città più bella al mondo. A Genova c’è il mare come a Vigo, non è da poco. Ma se ne devo sceglierne una, dico Torino: bellissima, tranquilla, organizzat­a».

Dica la verità, ci pensa alla Roja?

«Spesso: voglio continuare così e, se la convocazio­ne per il Mondiale arriva, bene. Altrimenti, non avrò nulla da rimprovera­rmi. So che ci sono tanti che ambiscono a quel posto e stanno facendo tutti bene: Deulofeu, Suso, Callejon, Luis Alberto…».

Per chiudere: Milla aveva ragione?

«Il Barça aveva Messi o mi sbaglio?».

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Iago Falque, 28 anni, spagnolo, seconda stagione col Toro. Ha debuttato in Serie A con il Genoa il 31 agosto 2014. Cresciuto nel Barcellona, ha giocato con la Primavera della Juve
LAPRESSE DEBUTTO IN A COL GENOA Iago Falque, 28 anni, spagnolo, seconda stagione col Toro. Ha debuttato in Serie A con il Genoa il 31 agosto 2014. Cresciuto nel Barcellona, ha giocato con la Primavera della Juve
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