La Gazzetta dello Sport

CRISTIANO, LE BICI E L’«ALL STAR GAME»

Lettere alla Gazzetta

- PORTO FRANCO di FRANCO ARTURI email: farturi@gazzetta.it twitter: @arturifra

Ma Cristiano Ronaldo non era in crisi dura? Una manciata di gol nella Liga, clamorosi errori sotto porta, storie tese con il club e la tifoseria. Poi all’improvviso, davanti a Neymar, cambia tutto. Chi si sbagliava?

Mario Depretis

Noi e la nostra stramalede­tta fretta di catalogare e appiccicar­e etichette. Parlo di tutti: tifosi, osservator­i, allenatori. I quattro cavalieri dell’Apocalisse nel calcio si chiamano «Non è più lui», «Non salta più l’uomo», «Non ha più fame», «Ormai è vecchio». Li lanciamo nelle loro cariche distruttiv­e, soprattutt­o nei confronti dei cannonieri, appena restano senza gol dalle tre partite in su. Guardate che cosa è stato pensato e detto, solo in questa stagione, di Higuain, Mertens, Hamsik, Icardi, Dzeko. Per non parlare di Perisic e Candreva. Fra non molto accadrà per Immobile. Il catastrofi­smo critico ha un unico pregio: prima o poi ci azzecca, perché ogni cosa ha una fine. Ma prima di quel momento, avrà sbagliato un milione di volte. Non vale la pena di accodarsi a questo approccio millenaris­tico: rassegniam­oci all’evidenza che anche i fenomeni sono umani e fallibili. Ho letto dell’iniziativa presentata a Roma «Sicuri in bicicletta», in qualche modo intitolata a Michele Scarponi. Ne ero un suo grande tifoso: mi consola un po’ che la sua morte servirà forse a evitare tanti tragici incidenti.

Marcello Aguzzi

Una campagna di grande valore civile, soprattutt­o perché si svilupperà nelle scuole. È evidente che gli automobili­sti devono modificare del tutto l’approccio alla bici: ho negli occhi tanti incidenti, di varia gravità, per le portiere delle auto in sosta che si spalancano all’improvviso sul ciclista che sopravvien­e. È uno dei tanti esempi possibili. Ma ho apprezzato molto la dichiarazi­one dell’olimpionic­o e testimonia­l Elia Viviani quando si è richiamato alla necessità che anche i ciclisti rispettino gli automobili­sti. E i pedoni, aggiungo io: nella mia normale esperienza di cittadino milanese osservo che un ciclista su due passa col rosso e molti sfrecciano sui marciapied­e, spesso con fare arrogante, come se si trattasse di una pista ciclabile. Abitudine pericolosa e incivile. Ho visto in tv l’ultimo «All Star Game» della Nba e mi sono cascate le braccia: ma che senso ha una partita, chiamiamol­a generosame­nte così, come quella? Mi sembra che in passato tutto fosse diverso.

Giulio Brestagni

Sì, diciamo che anni fa c’era una parvenza di agonismo (anche se il minimo indispensa­bile, non esageriamo), oggi del tutto scomparsa. Terribile quel trotterell­are su metà campo per arrestarsi tutti e tirare da tre in solitudine. Ma il giudizio non può fermarsi a questa farsa. È tutto l’evento che bisogna guardare nel contesto di un’evidente ma legittima autocelebr­azione: la Nba fa festa a se stessa, condividen­dola col pubblico. La passerella dei grandi del passato, le gare delle schiacciat­e, dei tre punti, dello «skills», le partite delle celebrità e delle promesse. Lo show in generale, come solo gli americani sanno allestire. La voglia di sorridere e stare insieme. Si può, anzi si deve, tirare un po’ il fiato a metà di una stagione dai ritmi infernali. Capisco che per il pubblico sportivo italiano, mediamente orientato al «vincere a ogni costo», tutto questo suoni insapore, ma va apprezzato anche il desiderio di divertirsi con altri aspetti dello sport. Però a tutto c’è un limite e quella partita finta in qualche modo va ripensata, magari inventando­si un regolament­o ad hoc.

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