MALAGÒ, OK A INFANTINO «SÌ AL PRESIDENTE FORTE»
●Il presidente del Coni duro sulla riorganizzazione di Figc e Lega: «Imitiamo Germania e Inghilterra»
Prima di un oro olimpico è dura parlare di calcio con Giovanni Malagò, che rilegge l’intervista alla Gazzetta del presidente della Fifa, Gianni Infantino, e accetta di rispondergli. Così.
Malagò, il presidente della Fifa, Infantino, spera che il commissariamento del calcio, ovvero Figc e Lega, termini prima possibile citando di fatto i due commissari: «Uno o due uomini non possono cambiare una situazione che ha bisogno di un presidente forte condivisa da tutte le parti ed una strategia a lungo termine, leghe, giocatori, tutti devono andare nella stessa direzione come in Germania ed Inghilterra». Niente da replicare?
«Posso capire, ha ragione Infantino: se io fossi il presidente della Fifa penserei le stesse, identiche cose. Non solo è un mio auspicio, ma anche un mio dovere. Da presidente del Coni l’ho dimostrato anche nelle altre federazioni, magari si è meno attenti quando si tratta di sport equestri o canoa, piuttosto che tiro a segno. Lui è italiano, ha lavorato in Uefa, è stato premiato col Collare d’oro in virtù del fatto che è italiano, e ora dice: “Signori vi siete resi conto che in questi anni avete depauperato un patrimonio? Siete passati dal campionato più bello del mondo a guardate dove siete ora”. E’ un dato di fatto».
Senza appeal e fuori dal Mondiale di calcio: ora è preoccupato per il doppio commissariamento.
«Non è solo un problema sportivo di insuccesso per la mancata qualificazione, sono tutti i valori che attestano in così poco tempo onestamente una retromarcia così importante. E’ normale che lui voglia avere più di 220 Paesi al mondo con federazioni regolarmente elette con tutte le dinamiche democratiche che devono caratterizzare. Però al tempo stesso, è evidente, c’è un dato di fatto su cui s’è trascinata una situazione che parte dalla federazione ed è arrivata sino alla Lega di A, che comunque ha creato un’eccezionalità. Siccome io da presidente del Coni sono il primo ad augurarmi che invece si rientri nella ordinarietà, sarà nostro compito ed impegno cercare di fare il possibile per accelerare la tempistica: fatta questa situazione ritengo sia anche giusto che si debba chiudere il commissariamento e procedere quindi alla normalità nel momento in cui ci siano i pressupposti, ovvero che ogni cosa vada al posto suo, altrimenti sarebbe un gesto di profonda irresponsabilità».
Come procede la diplomazia?
«Io in tutti i modi avevo cercato di esternare ai contendenti per la Figc le preoccupazioni relative ai blocchi contrapposti, al fatto che non si erano create delle condivisioni sui programmi elettorali, che non ci sono stati accordi per cercare di arrivare ad una soluzione condivisa. E’ la stessa che ad alta voce devo ripetere: prima l’avevo fatta privatamente con i 3 candidati, e cioè mettiamoci in condizione per arrivare ad una elezione dove onestamente sappiamo che chi viene eletto, e automaticamente a cascata il consiglio federale, sia in condizione di poter fare le cose».
Ma il presidente forte auspicato da Infantino continua a non trovarsi: le ultime?
«Io gli ho dato perfettamente ragione, non c’è dubbio. La figura va individuata per evitare che si ricreino quelle dinamiche di stallo. Per la Lega, io sono qui, ho parlato con moltissimi presidenti, parlo quotidianamente con Paolo Nicoletti, siamo in contatto con Bernardo Corradi, con Marco Brunelli per varie situazioni. Il 27 febbraio ci incontriamo sicuramente con i club. Devo solo fare solo una riflessione se sia più giusto convocare un’assemblea informale, in modo che dopo un confronto si saranno esposte le idee, molte delle quali le conosco solo attraverso i giornali. Avrei il piacere di saperle tutte insieme, andremo a cena e parleremo in modo che in pochissimi giorni si proceda ad un aspetto di formalità che è indispensabile per un’assemblea. Lo dico per evitare che ci possa essere l’alto rischio che si convochi un’assemblea sapendo già che comunque non si ot-
tiene niente: così non va bene. Sto lavorando e ragionando in questo senso, nel pieno rispetto di condivisione di questo percorso con i presidenti».
Var, arbitri ma anche altre derive finanziarie: lei come le valuta?
«Le parole di Infantino meritano profonde riflessioni. Bene per la Var al Mondiale, e ha parlato bene degli arbitri italiani. Sono felice per le parole su Buffon. Sui parametri, valori, numeri, costi mostruosi dei trasferimenti, il mercato aperto e tutte le questioni sugli agenti, ha ragione a denunciare questa crescita esponenziale. Ci sono società nel mondo che preferiscono dissanguarsi per comprare un calciatore o per pagare commissioni per una compravendita di un calciatore anziché investire sulle infrastrutture, nel settore tecnico, sui vivai. Ci sono squadre che magari non hanno un centro di allenamento e dunque questa è una contraddizione. Questo è un modello culturale che mi fa dare ragione al presidente della Fifa».
Lei ora è pure l’uomo-calcio, una prima soluzione per ripartire?
«Io non voglio essere il salvatore del calcio, con molta umiltà cerco di dare una mano a questo mondo che è fatto di tante persone a cui sono affezionato».
Ma l’uomo forte comincia ad individuarlo o è notte fonda? Infantino parla anche del dislivello con Germania e Inghilterra.
«Questi Paesi da due batoste terribili hanno creato i presupposti per creare quanto di spaventoso hanno fatto i tedeschi e gli inglesi a livello di strutture e settori giovanili con i Mondiali Under 17 e 20. Noi dobbiamo cercare di utilizzare, sfruttare questa situazione estremamente negativa, preoccupante, come opportunità. Bisogna avere il coraggio di fare qualcosa di diverso, di innovare, di portare avanti una politica sportiva non diversa, ma molto diversa da quella fatta finora».