Clamoroso autogol di Ranocchia, Pandev (eroe del Triplete) chiude i conti Lotta Champions: altra perla del turco e i giallorossi passano a Udine
Un autogol di Ranocchia fa volare un gran Genoa Spalletti al quinto posto? ●●ià superata dalla Roma, l’Inter domani può essere scavalcata anche dalla Lazio. L’ex Pandev infierisce sui nerazzurri, autori di una prova sciagurata
UN EX DA 7.5 Goran Pandev (migliore in campo) ha segnato il 2-0 tra la disperazione dei nerazzurri BIANCHI, BOCCI, CECCHINI, DA RONCH, ELEFANTE, GRAZIANO, SCHIANCHI, VERNAZZA
Un’altra Inter è andata. A Genova ha perso la partita, è stata sorpassata in classifica dalla Roma – perduto il terzo posto – ed è riprecipitata nel labirinto da cui sembrava essere un po’ uscita con l’ingannevole vittoria sul Bologna. Un gran bel Genoa ha fatto riemergere la depressione interista, la tendenza a rannicchiarsi in uno stato soporoso, di distacco dalla realtà. Incapacità di reagire, propensione all’autolesionismo come dimostrano i gol «tafazziani» presi a Marassi. A guardarlo con gli occhi dell’attualità il momentaneo quarto posto – che diventerà quinto se domani la Lazio batterà il Verona – ha qualcosa di miracoloso. Ci si chiede come abbia fatto quest’Inter ad arrampicarsi fin lassù: in autunno siamo stati turlupinati da un’illusione ottica? Per contro il Genoa ha onorato come meglio non avrebbe potuto la sera dedicata a Fabrizio De André. Terza vittoria di fila, salvezza a portata di mano, prestazione in linea con lo spirito britannico del club: aggressività, corsa, compattezza. E un gigantesco Pandev, centro di gravità permanente del gioco.
TREQUARTISTI DIVERSI A lungo Genoa e Inter sono state divise dai trequartisti. Sul versante rossoblù Pandev, uno degli ultimi eroi del Triplete interista ad essere ancora attivo, ha interpretato la parte come ruolo comanda. Si abbassava, teneva palla, la smistava, faceva ripartire l’azione o ripartiva in prima persona. L’Inter non sapeva come prenderlo e con chi prenderlo. Dall’altra parte Borja Valero girava a vuoto, senza trovare posizione né intuizioni. Borja messo lì, a girovagare dalla metà campo in su, non serve a quest’Inter. Sarebbe forse più utile impiegarlo in regia «bassa», spalleggiato e sostenuto da due interni. Spalletti possiede i potenziali intermedi, sono Vecino e Gagliardini, ma parliamo di due mediani simili, di passo lento sul breve e di pensieri deboli. Vecino, acquistato per inserirsi e tirare, non fa più né l’una né l’altra cosa. Gagliardini, quando è in mezzo, sembra uno stopper prestato al centrocampo e viceversa, quando è in difesa, vedasi il gol di Pandev, pare una mezzala incapace di difendere. Nel primo tempo, a farsi carico della prima palla da muovere sono stati spesso Skriniar e Ranocchia. Passi per lo slovacco, che ha testa da potenziale centrocampista. Non vada per il secondo, perché Ranocchia al massimo lancia, ma senza la
precisione del suo ex gemello Bonucci. L’Inter manovra coi pesi nei calzettoni, la palla viene rallentata, mai velocizzata. Un giro-palla in «slow motion». Eppure, per paradosso, l’Inter ha chiuso con un possesso palla notevole, quasi il 67%. Chi ritiene che tali dati siano significativi del nulla può prendere a nolo questo 66,7% di trastullo interista e sbizzarrirsi con le critiche. Neppure Rafinha, entrato nella ripresa, è riuscito a tirare fuori i compagni dalla morta gora dantesca (la palude).
AUTO-GOLLONZI E AMNESIE L’Inter masochista si è fatta gol da sola, allo scadere del primo tempo. L’auto-gollonzo perfetto, rinvio di Skriniar con palla addosso a Ranocchia e carambolone in rete. C’era stata però un’avvisaglia, una non uscita di Handanovic su traversone di Pandev col pallone a planare sulla traversa, e a rimbalzare fortunosamente tra le braccia del portiere. Chiari segnali di disconnessione mentale, sublimati dal raddoppio genoano al principio della ripresa: tiro di Laxalt da fuori, palla intercettata da Pandev, dimenticato in area, e botta inappellabile. Il regalo all’ex, più che il gol dell’ex. Lì l’Inter si è inabissata col suo carico di paure e insicurezze. Spalletti passeggiava a bordo panchina, teneva sguardo a terra e mani in tasca: immagine ad alto tasso simbolico, questa squadra è riuscita a trascinare nei suoi psico-gorghi uno dei migliori allenatori europei.
GRIFONE VOLANTE Il calcio di Ballardini non abbaglia e non fa moda. Il «Balla» non è un santone del mestiere, viene dalla Romagna dei campi, non da quella delle discoteche e delle spiagge, e pratica un calcio di buon senso contadino. Ha preso una squadra in odore di retrocessione e se andrà avanti così la porterà alle soglie dell’Europa. Esageriamo, ma non troppo: terza vittoria di fila, trenta punti, salvezza quasi acciuffata. Quando l’arbitro ha emesso il triplice fischio, a Marassi è partita la musica del «Pescatore», uno dei capolavori di De André, e i genoani si sono scoperti con «un solco lungo il viso, come una specie di sorriso», per dirla con l’ultimo verso della canzone. Ciao Faber.
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LA CIFRA
I punti in classifica dell’Inter dopo 25 turni, gli stessi che i nerazzurri avevano a questo punto l’anno scorso