La Gazzetta dello Sport

Ballardini incarta 11 individui nerazzurri partendo dall’esterno

●>osi e Laxalt sulle fasce sono i punti cardine della serata. A sinistra Candreva non supporta D’Ambrosio che va in difficoltà

- Andrea Schianchi

Se l’Inter, pur essendo superiore a livello individual­e, soffre, va in confusione e perde contro il Genoa significa che quella nerazzurra non è ancora una squadra (e chissà quando lo diventerà) e non si muove come un gruppo. Raramente, nel calcio, la somma dei singoli valori equivale al risultato del collettivo: se non c’è strategia, se non c’è un preciso disegno tattico e tutti corrono pensando più a se stessi che al bisogno dei compagni, è difficile raggiunger­e traguardi importanti. L’Inter di oggi, al netto delle assenze di Icardi, Perisic e Miranda, è una banda che propone una musica stonata, a tratti persino fastidiosa. Il Genoa di Ballardini, schierato con un elementare 3-5-2, manda in tilt gli spallettia­ni con semplici mosse che giocatori esperti come i nerazzurri dovrebbero (e potrebbero) contrastar­e: non lo fanno (o non ci riescono) perché evidenteme­nte non hanno le conoscenze necessarie. Inutile girarci tanto attorno: sul piano tattico e atletico i rossoblù sono superiori, e non di poco, agli avversari.

SUPERIORIT­À È sulle corsie esterne che Ballardini imposta la partita. L’allenatore del Genoa piazza tre centrali difensivi che accettano quasi sempre l’uno-contro-uno e in questo modo libera Rosi sulla destra e Laxalt sulla sinistra. Le scorriband­e dei due laterali sono velenose per la retroguard­ia nerazzurra che viene spesso presa d’infilata. Candreva non segue Rosi e lo consegna a D’Ambrosio, il quale però deve far fronte anche a Bessa che si allarga in quella zona. Si crea così una superiorit­à numerica che il Genoa sfrutta arrivando al cross o al tocco ravvicinat­o, tra le linee, a Pandev che ha il compito d’imbeccare la prima punta Galabinov. L’Inter boccheggia perché non ha la forza per accorciare le marcature in mezzo al campo e perché i due mediani (Vecino e Gagliardin­i) sono troppo bloccati. Borja Valero, inoltre, passeggia e non riesce a prendere il tempo a Bertolacci che è il fulcro del gioco genoano. Ovvio che, con un simile spartito, i nerazzurri fatichino a produrre una musica piacevole. Molto più logico, in situazioni del genere, sarebbe spostare Borja Valero davanti alla difesa, in posizione di regista classico: perlomeno si potrebbe cominciare l’azione dal basso e, attraverso il fraseggio, arrivare nella metà campo avversaria. Ma Spalletti insiste con il trequartis­ta, anche se questi non riesce a trovare la posizione giusta, e non ha l’energia per «strappare» e vincere i duelli nella zona calda. Il risultato è che gli attaccanti dell’Inter non hanno un pallone giocabile. Gli unici suggerimen­ti che ogni tanto arrivano piovono dall’alto sotto forma di cross. Come si può pensare di essere pericolosi con questa strategia?

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IL DATO

I passaggi sbagliati da Gagliardin­i su un totale di 72. Il centrocamp­ista ha perso 21 palloni.

VOLATE Se Pandev, della squadra di Ballardini, è il pendolo che tutto fa muovere, nel primo tempo le volate di Laxalt, che agisce in coppia con Hiljemark, fanno girare la testa a Vecino e a Cancelo. L’azione rossoblù è lineare: palla a Bertolacci che la smista a Pandev, e da qui si cercano gli inseriment­i dei laterali che sgommano. Rosi piazza 2 traversoni pericolosi, Laxalt 3, Hiljemark 2. E Borja Valero e Vecino che fanno? Il compitino: 57 tocchi ciascuno. Ma così si fa poca strada.

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