La Gazzetta dello Sport

Grande Torino La coppa del cuore Vujacic, blitz vincente Brescia, lacrime amare

●Lo sloveno a due secondi dalla sirena regala il primo trofeo alla città Blue mvp. Diana: «La coppa era lì, non siamo riusciti a prenderla»

- Massimo Oriani INVIATO A FIRENZE

Ve lo ricordate il Carosello Anni 60 «Metti un tigre nel motore»? Probabilme­nte solo se avete i capelli bianchi e la memoria ancora non vi ha lasciato. La Fiat non deve esserselo scordato. Nel suo motore non ha aggiunto Esso Extra formula nuova ma Paolo Galbiati. E con lui al volante, ha tagliato per prima il traguardo della Coppa Italia. Se lo raccontava­te a chiunque avesse anche una minima idea di quanto stava accadendo in casa Auxilium negli ultimi tempi, vi avrebbe dato del matto.

BACHECA Invece è il volto ancora in parte tumefatto di Peppe Poeta a illuminars­i come un albero di Natale sotto una pioggia di coriandoli tricolori mentre alza il primo trofeo vinto in carriera. «Sono l’uomo più felice del mondo – dice il capitano –. E’ una cosa stupenda, mi sembra un sogno. Comunque in campionato abbiamo battuto sia Milano che Venezia, vuol dire che qualcosa dentro ce l’abbiamo sempre avuto». Non ci saranno bruschi risvegli, nè carrozze che a mezzanotte diventano zucche. Torino mette finalmente in bacheca qualcosa che luccica, passo fondamenta­le per la scalata nell’Italia del basket che conta, ambizione che ora viene anche supportata dai risultati. Lo fa con un canestro di Sasha Vujacic a 2” e 4 decimi dalla fine, su assist al bacio di Deron Washington, di gran lunga il migliore dei piemontesi nel corso della 4 giorni fiorentina. Un contropied­e nato dal tentativo di Landry di tener viva la palla sotto il canestro avversario dopo due ferri sui trepunti che probabilme­nte avrebbero indirizzat­o la finale in Lombardia: il primo dello stesso Marcus, l’altro di Luca Vitali.

LEONESSA Una partita condotta per 36 minuti da Brescia, degnissima finalista, che non avrebbe certo demeritato di alzare la Coppa, al pari di Torino. L’aveva controllat­a con la solita difesa, senza però mai riuscire ad ucciderla, con percentual­i al tiro scadenti (34%), probabilme­nte frutto anche della stanchezza per la semifinale con Cantù vinta solo al supplement­are la sera prima. Torino aveva iniziato col freno a mano tirato – anzi, di più – 1/12 su azione e 3 palle perse nei primi 7’. Un gran lavoro difensivo che però fruttava alla Leonessa solamente 6 miseri punti di margine (2-8). L’Auxilium s’intestardi­va nel forzare da tre, toccando l’1/10, senza mai riuscire ad avvicinars­i al ferro, come testimonia­no i zero liberi tentati alla pausa. Quando la Germani arrivava a +9 sul 27-18, pareva già d’intuire come sarebbe andata a finire. Invece la bravura della Fiat è stata quella di rimanere sempre sul pezzo, non lasciarsi mai deprimere anche quando la palla non voleva proprio saperne d’entrare. Il pareggio nei due quarti centrali (17-17, 25-25), teneva quindi aperta la finale, dopo che Garrett e Mazzola avevano ricucito lo strappo.

PAROLE Tante, troppe volte, Brescia lasciava la porta aperta a Torino, rimpianto che si porterà appresso per molto tempo, anche se, passata l’amarezza per un trofeo che sa benissimo essere stato ampiamente alla portata, dovrà soprattutt­o ricordarsi quanto di buono ha fatto, non solo a Firenze. «Sono molto deluso – dice Diana – la Coppa era lì davanti a noi, siamo stati vicini a prenderla e non ci siamo riusciti. Nello sport si gioca per vincere e quando questo non accade è giusto rimanere delusi. In questo momento l’amarezza è forte e durerà un bel po’, poi avremo il tempo di pensare a questa partita. Torino ha grandi meriti: ha colto l’attimo, noi non ci siamo riusciti». A coglierlo è stato Poeta, quando gli spostament­i della palla riuscivano a creare qualche crepa nella zona bresciana. Entusiasma­nte il finale, con le triple di Landry, Garrett e Washington che apparecchi­avano la tavola per il canestro di Vujacic. Già, The Machine, quello dei due anelli Nba coi Lakers di Kobe, a volte mal sopportato in una squadra dalla doppia anima, unita da Galbiati sul più bello. Sarebbe ingiusto e ingeneroso però non ricordare il lavoro svolto da Luca Banchi sino all’inevitabil­e divorzio. Le basi di quanto colto a Firenze le ha gettate lui, tra mille difficoltà.

FIRME In campo la vittoria ha tante firme. Da Valerio Mazzola, rimbalzist­a e capace di mettere la zampata al momento giusto, al suddetto Poeta, ai lampi di Boungou Colo, all’mvp Blue, che ha tenuto a galla la squadra in avvio, al superlativ­o Washington, sempre al posto giusto nel momento giusto. L’unica altra finale della sua storia, quella di Korac nel ‘76, l’Auxilium l’aveva persa. Stavolta fa festa. Il tigre nel motore ha sbranato la Leonessa.

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