«Sorrisi e abbracci E adesso una birra con i miei ragazzi»
●Un successo costruito in 13 giorni: «Un bacio ai mei genitori, poi non ho capito più nulla. Che fortuna allenare questo gruppo»
La telefonata del 5 febbraio mattina gli arriva dal presidente Antonio Forni: «Recalcati si è dimesso, il nuovo allenatore di Torino per noi sei tu: va bene?». Paolo Galbiati non dice sì immediatamente. «Solo il tempo di telefonare a due amici per chiedere consiglio: il loro via libera mi ha permesso di accettare con grande sicurezza». Tredici giorni dopo, ossia ieri, l’ormai 34enne (compie gli anni domani) coach di Vimercate vince la Coppa Italia. Un record pazzesco. A Roberto Brunamonti, nel marzo del 1997, per alzare sempre in cielo la Coppa Italia di giorni ne occorsero 16, quando gli affidarono la Virtus Bologna dopo l’esonero di Alberto Bucci. «Non sto capendo letteralmente niente, niente», scandisce il coach catapultato in prima squadra dopo le dimissioni di Luca Banchi e Carlo Recalcati.
GIOVANI Trevor Mbakwe quasi lo solleva con le sue manone, vorrebbe lanciarlo in mezzo alla gente di Torino impazzita per una vittoria che ha del clamoroso. «Fiducia, fiducia e solo fiducia: dovevamo solo ricompattarci, crederci, sorridere - racconta -. Quando richiamo un giocatore in panchina gli dò il cinque, lo abbraccio, gli sussurro qualcosa nell’orecchio. È il mio modo di fare, fino a ieri stavo con i giovani, il mio mondo è quello». Abbraccia tutti, neppure si rende conto di come il suo mondo sia cambiato in così pochi giorni. Entra in sala stampa col suo vice Stefano Comazzi, guardano come due scolaretti lo scout che nei prossimi giorni verrà certamente incorniciato. Perchè apparterrà alla storia. «Alla sirena ho dato subito un bacio a babbo e mamma – continua Galbiati – e poi boh chi ricorda nulla. Meritiamo questo successo, lavoriamo dal 17 agosto, abbiamo giocato quasi 40 partite, ci sacrifichiamo per il bene comune. Valerio Mazzola stanotte mi ha mandato un messaggio: “Sei proprio sicuro di non voler inserire Pelle?”». Questo a discapito suo, avrebbe significato minore spazio per lui. Lo racconto per far capire che fortuna ho ad allenare ragazzi così. E poi Peppe Poeta, il nostro capitano. Era quasi stirato, mi ha martellato per ore e ore tipo come fanno i bambini quando vogliono qualcosa: «Mi fai giocare, ti prego mi fai giocare? Non mi fare perdere la finale”».
COMPLIMENTI La partita, quella del trionfo, non è stata di pura bellezza. «Scriverete che è stata uno schifo, avete ragione – prosegue -: non segnavamo mai, Garrett ha giocato male i primi due quarti, in seguito è stato super, ma lui è da Eurolega. Washington? Che volete vi dica, se fossi un politico gli intitolerei una piazza di Torino». Per chiudere, i ringraziamenti. «Alla società e a Luca Banchi. Sono arrivato a Torino grazie a lui e i suoi insegnamenti sono stati come un master». Sorride sempre, sa che da oggi avrà ancora più pressione. «Riposiamoci per qualche giorno, beviamoci una birra e poi sotto con i playoff: mica sarà facile centrarli...».