La Gazzetta dello Sport

ANCELOTTI PROMUOVE GATTUSO

INTERVISTA CARLETTO RACCONTA RINGHIO

- L’INTERVISTA di ANDREA SCHIANCHI

Ha studiato e sudato: Rino è l’anima del Milan. Quarto posto possibile. Per lui Suso e Calha sono un po’ come i miei Seedorf e Kakà

Ancelotti, dica la verità: se l’aspettava che Gattuso, in poco tempo, riuscisse a far rinascere il Milan?

«Sinceramen­te ci speravo, ma non ne avevo la certezza. Quando si subentra in panchina ci sono sempre molte incognite, molti dubbi, molti ostacoli da superare. Rino è stato bravo a dribblare le difficoltà e a farsi seguire dai giocatori».

Alla fine. Ciò che conta veramente è come i giocatori ti accettano, giusto?

«Proprio così. Se riesci a essere credibile ai loro occhi, allora puoi ottenere qualsiasi risultato».

E Gattuso si è reso credibile?

«Di più, mi sembra. Lo vedo come un autentico condottier­o. Ha in pugno il gruppo, i ragazzi andrebbero nel fuoco per lui, e questo aspetto è determinan­te nel calcio e, in generale, nella vita. Gattuso è l’anima del Milan e i giocatori mettono a disposizio­ne le loro conoscenze e le loro energie per arrivare al successo: è la strada giusta».

Lei che lo conosce così bene, ci racconti che cosa l’ha colpita di più del Gattuso allenatore.

«Seguo tutte le partite del Milan, d’altronde sono un vecchio romantico, e quando vinciamo esulto anch’io come una volta. Non c’è una cosa in particolar­e che mi ha colpito di Gattuso allenatore, però l’altra sera mi aspettavo che la bandierina riuscisse ad aggiustarl­a con il nastro adesivo... Ecco, a ripensarci adesso, è l’unica mossa che non gli è riuscita: per il resto non ha sbagliato nulla».

A parte gli scherzi, dove l’ha sorpresa?

«Ha impiegato poco tempo a creare l’alchimia giusta. A volte servono mesi, anni. Rino, invece, ci ha messo un mesetto, ma è stato avvantaggi­ato...».

Da che cosa?

«Dal fatto di aver fatto parte del Milan, di conoscere la storia di questa società. Non c’è angolo di Milanello che abbia segreti per lui. Rino è stato un pilastro del mio Milan, che si rifaceva a una precisa filosofia di gioco e di gestione. Ora, con molta saggezza, sta cercando di riportare quei valori al centro del progetto. Si va lontano soltanto se la società, la squadra e l’ambiente, inteso come pubblico, sono un blocco unico e camminano nella stessa direzione. Quando ci sono scolla-

BIGLIA NON ERA UN BROCCO. RINO L’HA COCCOLATO E STIMOLATO

SULLA GESTIONE DELL’EX LAZIALE

ture, i risultati sul campo non arrivano».

Si pensava che Gattuso fosse un allenatore tutto grinta, determinaz­ione, fatica e sudore. Invece ricerca la qualità, il bel gioco.

«Se uno ha giocato come mediano e ha fatto della grinta il suo punto di forza, non è che da allenatore debba riproporre lo stesso cliché. Altrimenti uno che ha fatto il portiere che cosa fa: mette undici uomini in porta? Il calcio, purtroppo, vive di stereotipi e luoghi comuni. Gattuso ringhiava quando giocava, dunque deve ringhiare anche quando allena. Balle. Rino ha studiato, ha fatto la gavetta, ha sudato, ha conosciuto le amarezze e le difficoltà. E adesso, siccome ha il materiale umano che glielo consente, propone il calcio che piace a lui. Un calcio di possesso, sempre equilibrat­o, con l’obiettivo di farsi apprezzare dalla gente».

Biglia, Calhanoglu, Suso. Un po’ come Pirlo, Seedorf e Kakà?

«Non esageriamo, i valori tecnici sono diversi. Però la strada è la medesima. Costruire un gioco sulla base delle qualità tecniche dei singoli. Nel Milan di Rino, lo ammetto, rivedo i concetti del mio Milan. Poi, d’accordo, gli interpreti non sono gli stessi, ma non si può mica avere tutto dalla vita...».

Si sente di dargli un consiglio?

«Sì, di ascoltare tutti, di ragionare su ciò che gli viene detto e poi di decidere da solo. E’ questa la forza di un allenatore: avere la capacità di fare una sintesi di quello che gli viene proposto».

Consigli tattici, invece?

«Li conosce già. Il vecchio detto “quando fa freddo, copriti” è sempre valido. Così come quel- lo che sostiene che quando abbiamo il pallone noi, non ce l’hanno gli altri... Sembrano banalità, ma, se ci riflettete, sono i principi fondamenta­li del calcio. E forse non soltanto del calcio».

Il Milan si schiera con un 4-3-3 nel quale i due esterni offensivi sono in realtà due mezzepunte. E’ un po’ la copia del suo Albero di Natale, no?

«Qualche differenza c’è, perché Seedorf e Kakà erano diversi per caratteris­tiche rispetto a Calhanoglu e Suso. Però, di base, c’è il desiderio di infoltire il centrocamp­o e di lasciare un uomo avanzato a fare la battaglia con gli avversari. Poi gli inseriment­i da dietro fanno la differenza. Ma avete visto Bonaventur­a contro la Samp? Perfetta l’entrata in area sul cross da destra e stupenda la stoccata finale! E Calabria? Ma quanto corre!».

Uno dei meriti di Gattuso è proprio quello di aver ridato fiducia a elementi che, prima, sembravano impauriti. Calabria, ma anche Bonucci, Romagnoli, Biglia.

«Mi ripeto: Rino ha toccato le corde giuste, si è fatto accettare dai giocatori che adesso lo seguono. Biglia, se era bravo alla Lazio, non poteva essere diventato un brocco cambiando maglia, no? Rino lo ha stimolato, lo ha coccolato, gli ha dato suggerimen­ti, e ora si vede che la cura ha funzionato. E dietro la coppia Bonucci-Romagnoli si muove molto bene, in sincronia, con i tempi giusti. Quanti gol ha subito il Milan di Rino? Pochi, pochissimi. Qui sta la chiave: squadra compatta, blocco unico, tutti che si aiutano...».

Già, e lui, Gattuso, che a bordo campo fa un po’ di cinema.

«Rientra nel personaggi­o. E’ il suo carattere: se non vivesse le partite in quel modo, non sa- rebbe Gattuso. Ma questo fa parte del bello del calcio. Se a comportars­i così fosse un allenatore straniero, si direbbe che ha uno stile. Siccome è Gattuso, si dice che fa del cinema. Guardiamo la sostanza, che nel calcio è l’unica cosa che conta: Rino ha risollevat­o il Milan, dandogli un gioco e un’identità. Io sono felice per lui e per tutti i tifosi rossoneri. Tra i quali, se permettete, mi ci metto pure io».

Ora c’è il rischio di illudersi troppo.

«Conoscendo Rino, è un pericolo che non esiste. Lui è uno che non si accontenta mai. Anche quando giocava, pur non essendo particolar­mente dotato tecnicamen­te, ricercava la perfezione. E’ un martello. Prima con se stesso e poi con gli altri. Quante volte, in campo, urlava a Seedorf, a Kakà o a Inzaghi! Quante volte era lui a guidare il pressing! Credetemi, Rino è uno che non molla mai e, soprattutt­o, è uno che non dà nulla per scontato. Sono sicuro che dopo la vittoria sulla Samp si è messo subito a preparare la prossima partita. Sa che nel calcio se vinci sei un bravo ragazzo, e se perdi sei... Fate voi la rima, ma il concetto lo avete capito...».

Questo Milan può arrivare in zona Champions League?

«Se continua su questi ritmi, sì. Però non mettiamo troppa pressione, ragioniamo partita per partita. Per conquistar­e la Champions bisogna che quelli davanti frenino. I rossoneri hanno il dovere di farsi trovare pronti nel caso in cui Roma, Lazio e Inter avessero qualche difficoltà. Visto da dove è partito, comunque, è già un grande risultato essere qui a parlare di Champions. Vi ricordate la depression­e di qualche tempo fa?».

Bisogna fare la corsa sull’Inter o sulle romane?

«Per il Milan arrivare davanti all’Inter sarebbe un grandissim­o traguardo. Ma in questo momento vedo i nerazzurri molto in difficoltà e, se si vuole raggiunger­e la Champions, probabilme­nte bisogna programmar­e la rincorsa su Roma e Lazio».

Mandi un messaggio a Rino.

«Ci sentiamo spesso, per me è come un fratello. Abbiamo condiviso tanto. Tutto, direi. E i suoi successi, lo dico dal profondo del cuore, sono anche i miei. Adesso gli direi: accetta gli elogi che ti arrivano, ma dimenticat­eli in fretta. E ricordati che chi, oggi, ti fa i compliment­i, domani è pronto a criticarti».

PER RINO, SUSO E CALHA SONO UN PO’ COME I “MIEI” SEEDORF E KAKÀ

SUGLI ESTERNI OFFENSIVI E SUL MODULO DI GIOCO

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IN ATTESA NAZIONALE O UN CLUB? Carlo Ancelotti, 58 anni, è stato esonerato dal Bayern Monaco il 289-2017, dopo la sconfitta per 3-0 in Champions contro il Psg. Adesso è in attesa di una panchina: si parla di lui anche come possibile c.t. azzurro EPA
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