La Gazzetta dello Sport

Nubi su Mr Li Il club cerca nuovi fondi

●In Cina chiesta la liquidazio­ne di una sua holding. Il Milan spera in un maxi-prestito e un nuovo socio

- Marco Iaria twitter@marcoiaria­1

Si addensano nubi sempre più fosche sulla proprietà del Milan e, di conseguenz­a, si stringono i tempi sulle scelte che riguardano il futuro del club. Li Yonghong, azionista al 99,93% dei rossoneri, ha suscitato dubbi sin dal preliminar­e firmato nell’agosto 2016, per l’esiguità delle informazio­ni che lo riguardano e la mancata visibilità sulla sua consistenz­a patrimonia­le. Poi il Milan, nell’aprile 2017, al termine di una serie di caparre e con il soccorso del fondo speculativ­o Elliott, è effettivam­ente passato di mano: nelle casse di Fininvest sono finiti 520 milioni cash, che hanno fatto lievitare la valutazion­e del Milan (compresi i debiti) a 740 milioni. Tolti i 180 milioni prestati da Elliott (che ha anche finanziato la squadra con 123 milioni attraverso la sottoscriz­ione di bond), l’acquirente ha assicurato al venditore 340 milioni, per mezzo di triangolaz­ioni di denaro con Hong Kong, le isole Vergini e Cayman. Come è stato possibile raccoglier­e tutto quel denaro?

ULTIME SCOPERTE L’interrogat­ivo torna d’attualità dopo l’inchiesta del Corriere della Sera di ieri firmata da Gabanelli e Gerevini: la Shenzhen Jie Ande, holding sbandierat­a come uno dei principali beni di Li, è stata dichiarata insolvente ancor prima dell’acquisizio­ne del ● I milioni pagati da Li alla Fininvest per l’acquisto del Milan (più 220 milioni di debiti), attraverso un prestito di Elliott e fondi offshore bruciato bocciando la richiesta del Milan di aderire al voluntary agreement ai fini del fair play, perché «a oggi ci sono ancora delle incertezze per quanto riguarda il rifinanzia­mento del debito che deve essere rimborsato a ottobre 2018 e le garanzie finanziari­e fornite dall’azionista di maggioranz­a».

In sostanza, è stata messa in dubbio la continuità aziendale stessa del club rossonero. RICADUTE Le ultime notizie riguardant­i Li non possono non avere un effetto sul futuro della società, impegnata su diversi fronti. Innanzitut­to la ristruttur­azione del debito con Elliott, che scade a ottobre e prevede il pagamento di circa 370-380 milioni, interessi inclusi. Per la parte basto sa del finanziame­nto, relativa al Milan, non ci sono problemi visti i flussi di cassa dei diritti tv e delle sponsorizz­azioni. I problemi c’erano e sono ancor più pressanti sulla parte alta, cioè i 180 milioni prestati da Elliott alla Rossoneri Lux, la scatola attraverso cui Li controlla il club. Le insolvenze cinesi rischiano di scoraggiar­e potenziali finanziato­ri. Ragion per cui gli amministra­tori rossoneri, con la consulenza di Merrill Lynch (ieri riunione con Elliott a Londra), starebbero studiando un rifinanzia­mento da 300 milioni, tutto a carico del Milan. E starebbero cercando un socio di minoranza in grado di assicurare quei 70-80 milioni necessari per arrivare alla quadra e rimborsare tutto il presti- ANSA di Elliott, anche la quota di Li. Operazione complicata che peraltro appesantir­ebbe le casse del Milan. Ma si tenterà di tutto pur di mantenere in piedi l’attuale struttura con Li al vertice. Elliott, dal canto suo, guarda e aspetta: mal che vada prenderà possesso della squadra per rivenderla e farci una bella plusvalenz­a. Certo, finire nelle mani di un fondo speculativ­o non è una prospettiv­a rassicuran­te per una squadra di calcio che, con la sua galassia di stakeholde­r, non è un’azienda come le altre.

CONTROLLI Guardano e aspettano anche Uefa e Figc. Tra marzo e aprile il Milan dovrà esibire nuove carte a Nyon per il settlement agreement: l’Uefa resta preoccupat­a, notizie come quelle del Corsera non passano inosservat­e. Intanto, il 26 è in programma un cda per l’arrivo dell’ultima tranche (11 milioni) dell’aumento di capitale da 60 deliberato ad aprile: la società mostra tranquilli­tà e fa sapere che Li ha sempre onorato i suoi impegni. I guai in Cina, però, fanno temere ricadute nei prossimi mesi, particolar­mente impegnativ­i. Il Milan è una società che brucia 8-10 milioni al mese e necessita del costante supporto della proprietà. In più ci sono le scadenze dei controlli: oltre all’Uefa, quelli della Covisoc per l’iscrizione al prossimo campionato, più stringenti del passato. L’indice di liquidità della Figc (rapporto tra debiti e crediti a breve) è un Everest per molti club, compreso il Milan: se si sfora deve essere l’azionista a intervenir­e col capitale. I controlli federali riguardera­nno il periodo intermedio 1 luglio-31 marzo, con bilancio da certificar­e. Con questi numeri non si scherza. Una via più tortuosa rispetto a quella affrontata per superare i test di onorabilit­à della Figc, varati dopo il caso-Parma e obbligator­i per i nuovi soci oltre il 10% delle azioni: a parte i certificat­i penali, era richiesta la solvibilit­à del soggetto da parte di almeno un istituto bancario. Nel caso di Li sono state prodotte lettere di due banche cinesi. Ma Figc e Lega hanno solo preso atto del fatto che Li fosse un cliente affidabile di quelle banche. Nulla a che vedere con la sua consistenz­a patrimonia­le. Il massimo che potevamo fare per le leggi vigenti in Italia, trapela da via Allegri. Una norma monca, insomma.

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PROSPETTIV­E Occhio ai controlli di Uefa e Figc: il Milan brucia tanta cassa e la proprietà deve assicurare un supporto adeguato

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Silvio Berlusconi, 81 anni, e Li Yonghong, 48: nell’aprile 2017 lo storico passaggio di quote del Milan

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