La Gazzetta dello Sport

Carlo e Gattuso fratelli-contadini E i problemi si risolvevan­o a cena

●Insieme per otto anni, tra trionfi, sconfitte e quella voglia di rivalsa che portò alla «vendetta» sul Liverpool

- a.s.

Uno era il braccio, l’altro la mente. Uno stava in panchina e dirigeva, l’altro correva sul campo ed eseguiva gli ordini. Coppia perfetta, quella formata da Carlo Ancelotti e Rino Gattuso. Sette stagioni e mezzo insieme, dall’autunno del 2001 alla primavera del 2009, quando l’allenatore scelse di fare le valigie e tentare l’esperienza all’estero. Il Milan nel dna di entrambi, la meticolosi­tà e la cultura del lavoro alla base dei rispettivi caratteri: forse sono queste le ragioni di una fratellanz­a — perché fratelli loro si sentono — che ha scritto alcune tra le più belle pagine rossonere. RICORDI Ci sono immagini che non si dimentican­o. Manchester 2003, finale di Champions League, il Milan di Carletto ha appena battuto ai rigori la Juventus e Rino corre verso la panchina, prende la faccia del tecnico tra le mani e la scuote neanche fosse una bottiglia di champagne. E gli dice pure qualcosa, in quegli attimi, ma non si sa che cosa, perché i due non lo hanno mai rivelato, gelosi come sono dei sentimenti e delle emozioni. La stessa scena, quattro anni dopo, nella primavera del 2007, ad Atene: sconfitto il Liverpool sempre in finale di Champions League, ecco che Ringhio ripete il rituale. 2012 Questa volta Carlo lo anticipa: «Fa’ piano, sennò mi stacchi il testone!». In quel successo sul Liverpool c’era tanto di Ancelotti e tantissimo di Gattuso. Due anni prima, a Istanbul, contro gli inglesi avevano perso una finale che al termine del primo tempo conducevan­o per 3-0, e quella sconfitta non l’avevano digerita. Ma seppero, loro due e gli altri del Milan, trasformar­e il dolore in allegria. E come obiettivo, nel lungo ritiro invernale, si diedero proprio questo: arrivare alla finale e battere il Liverpool. Le strategie di Ancelotti e i polmoni di Gattuso furono i necessari carburanti.

I due si sono sempre capiti e apprezzati perché entrambi conoscono l’odore della terra. Contadini dentro, mediani (anche se con caratteris­tiche diverse) sul campo. E appassiona­ti della buona cucina e del buon bere. Una volta, era un periodo particolar­mente delicato, si sprecavano le polemiche e da Milanello uscivano pericolosi spifferi, Carletto prese Ringhio da parte e gli disse: «Questa sera vieni con me». Lo portò in macchina fino in Toscana, sette ore di viaggio tra andata e ritorno, e lì in un prestigios­o ristorante dimenticar­ono le tensioni e passarono le ore a raccontars­i barzellett­e. Dopo quella cena, di colpo, al Milan tornò il sereno. Che cosa era successo? Semplice: la mente e il braccio si erano sistemati sulla stessa lunghezza d’onda.

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