Spalletti quinto adesso è al bivio Insiste o cambia?
●L’autocritica per la troppa pressione su un’Inter fragile che nell’ultima giornata ha perso 2 posizioni
Incensato per aver costruito un primato dalle macerie della scorsa primavera, ora che l’Inter viaggia a ritmo Benevento anche Luciano Spalletti rischia di finire sul banco degli imputati. Ma se la fiducia nei confronti del tecnico da parte di qualche tifoso comincia a vacillare, quella di dirigenza e squadra rimane immutata. Anzi, in casa nerazzurra ci si aggrappa a lui per uscire dalle secche e ripartire verso il Santo Graal del quarto posto, sfuggito ieri per la prima volta dopo la vittoria della Lazio sul Verona.
CHE DIFFERENZE CON ROMA Difficile entrare nella testa dell’allenatore toscano, che in questi momenti peraltro si chiude a riccio. Ma quando a Roma Spalletti ha vissuto simili momenti di buio ci ha messo del suo sia mettendo con decisione i giocatori di fronte alle proprie responsabilità sia inventandosi qualcosa a livello tattico. A Milano invece anche nel chiuso dello spogliatoio continua a usare la carota e non è ancora quasi mai uscito dallo spartito del 4-2-3-1, con minimi adattamenti. Al grande lavoro sulla fase difensiva fa da contraltare una manovra troppo monocorde dalla cintola in su. Un cambio di atteggiamento che si spiega (anche) con il diverso materiale a disposizione. Nella Roma c’era gente di personalità che se «aggredita» poi rispondeva mangiandosi il campo il giorno dopo. All’Inter la fragilità è sotto agli occhi di tutti, così come la mancanza di veri leader. Urlare in faccia ai suoi secondo Spalletti provocherebbe solo un effetto boomerang. Simile il discorso tattico. Nella capitale si inventò Perrotta incursore, la difesa a tre, Nainggolan trequartista, Totti falso nueve, addirittura il 4-2-4. Ora invece anche per la pochezza di qualità e alternative - l’Inter è sempre uguale a se stessa. Ma se - oltre al rischio calcolato di una preparazione caricata in estate per partire forte - gli avversari nel frattempo hanno preso le misure al tuo meccanismo sulle fasce per innescare Icardi, qualcosa la devi cambiare per forza. Senza entrare nel ginepraio del «deve giocare questo al posto di quell’altro», non si è mai vista per esempio un’Inter con due punte. Gli equilibri sono sacri, certo, ma se l’alternativa è rumina- re un calcio prevedibile forse vale la pena di tentare.
AUTOCRITICA Qui però subentra la particolare psicologia di Spalletti. Un «estremista» trascinante e portato alle battute contagiose ma anche con manie persecutorie che a volte possono far perdere serenità all’ambiente. Soprattutto se fragile come quello nerazzurro e se mancano un uomo che faccia da cerniera tra Pinetina e sede e la debita copertura della società. A Roma, per esempio, era stata la dirigenza a dargli il mandato di mettere ai margini Totti. Qui il rapporto con Ausilio e Sabatini è buono, ma rimane il fastidio verso la proprietà che gli aveva promesso ben altro. Ovviamente però Spalletti fa pure tanta autocritica per avere alzato l’asticella con i vari slogan «senza tregua», «non poniamoci limiti», «siamo l’Inter e vogliamo vincerle tutte». Uno spogliatoio fragile (e non esattamente cementato) non era pronto per certe sfide. E il risultato si vede in campo, dove l’ultima Inter non assomiglia in quasi nulla lanci lunghi, mai una provocazione tattica, una giocata pazza - ad una creatura spallettiana.
BIVIO Cosa sta dunque meditando Luciano per uscire dal tunnel lungo 9 punti in 10 giornate? Di sicuro attende Icardi e Perisic, non leader naturali ma elementi che se ne fregano delle tensioni. Poi conta di rimettere quanto prima in condizione di giocare dall’inizio Rafinha e di completare la crescita di Cancelo e Karamoh. Non a caso un trio libero dalle zavorre della scorsa stagione. Ma il vero dubbio è se prevarrà lo Spalletti cocciuto o l’altro, gagliardo. Il primo sarebbe capace di insistere con il solito centrocampo lento anche per mettere la proprietà davanti all’evidenza che in rosa manca l’uomo che cambi ritmo. Il secondo cercherà di inventarsi qualcosa senza guardare in faccia nessuno. Sperando che i suoi battano un colpo. E soprattutto che battano il Benevento.
A centrocampo il nodo per riprendere la zona Champions dopo il sorpasso laziale