Voto e pallone: tutto in una domenica
●La A non sposterà le partite del 4 marzo, il giorno delle elezioni. Malagò: «Non c’erano le condizioni»
Tredici maggio 2001, diciassette anni fa. Politicamente e calcisticamente, un’altra era. L’ultima volta che le elezioni politiche si sono tenute in una sola giornata, dalle 7 alle 22, fu una domenica di seggi affollatissimi e stadi chiusi. Votò l’81,35% degli elettori, votarono, o almeno furono messi nelle condizioni di farlo, anche gli addetti ai lavori del calcio. Due condizioni oggi irripetibili.
CHE TEMPI La 30a giornata del campionato di Serie A 2000-01 si era già esaurita: due anticipi al venerdì, le altre partite al sabato. Weekend calcisticamente indimenticabile soprattutto per milanisti (6-0 all’Inter, doppietta di Gianni Comandini, gli unici gol di quel campionato) e romanisti (1-0 all’Atalanta, rete di Montella su corner del giapponese Nakata, altro pezzetto di scudetto cucito sulla maglia). Affluenze da sogno negli stadi: 80mila a San Siro, 70mila all’Olimpico, 40mila al COMMISSARIO LEGA A San Paolo dove la Lazio ne fece quattro ad un Napoli che un mese dopo sarebbe retrocesso, 35mila al Franchi dove Zidane aprì il 3-1 della Juventus sulla Fiorentina. I milanisti, e non solo, vinsero anche alle urne. Trionfò il centrodestra, la Casa delle libertà staccò nettamente l’Ulivo, Berlusconi, allora saldamente al timone del club rossonero – chi poteva immaginare che un giorno avrebbe venduto a cinesi insolventi? – tornò pure alla guida del governo. Il sistema elettorale di allora, il rimpianto Mattarellum, aveva la sua complessità – ricordate lo «scorporo» e le «liste civetta»? –, ma garantì ai vincitori i numeri per governare il Paese per l’intera legislatura.
UN ALTRO MONDO Già, oggi i numeri sono altri. Negli ultimi diciassette anni, è cresciuto il partito dell’astensione, dalle urne e dagli stadi. Il 4 marzo, ahinoi, resteranno a casa in molti. Nonostante l’election day e il turno di campionato, che comincerà il sabato con tre anticipi e si concluderà domenica sera con il derby di Milano. A tanti tifosi, probabilmente, sarebbe cambiato poco se gli impegni del calcio si fossero conclusi sabato sera. Ma chi scenderà in campo, soprattutto chi sarà impegnato in trasferta e al ritorno vorrà correre a casa per votare, avrebbe avuto la chance di esercitare il proprio sacrosanto diritto. Marco Giampaolo, uno dei nostri allenatori più sensibili, qualche giorno fa ha sollevato il problema. Il 4 marzo la sua Sampdoria giocherà a Bergamo ed arrivare in tempo a Giulianova, dove vota, sarà molto difficile. «Il mondo del calcio – ha detto il tecnico doriano – si attivi con le istituzioni per provare a risolvere
quest’assurdità». Un appello che si è scontrato contro un muro di ostacoli: palinsesti televisivi ormai intoccabili, biglietti per gli stadi già venduti, incombenza delle coppe europee, istituzioni timide. Servivano più tempo e maggiore coordinamento. Per provare a superare le resistenze di società e broadcaster, ci voleva un’azione congiunta tra ministeri, Coni, Figc e Lega: ma i ministri Minniti e Lotti, che pure si sono attivati, sono impegnati in campagna elettorale, e il presidente Malagò, che ha insediato il suo segretario generale Fabbricini in Figc e se stesso in Lega, è in Corea, per l’Olimpiade. Troppo lontano per incidere. Dunque, perché stupirsi dell’insuccesso? Giovanni Malagò, da Pyeongchang, giura di averci provato. «Abbiamo fatto tutte le verifiche del caso, non c’erano le condizioni per spostare le date, e avremmo dovuto farlo per tutti gli sport. Ci è stato chiesto troppo tardi, non potevamo fare più nulla. Per il derby di Milano erano stati già venduti 25.000 biglietti». Neanche gli altri sport di campionato come basket e volley si fermano, mentre la pallanuoto gioca di sabato. Nel calcio, solo la Lega Pro di Gravina ha optato per l’anticipo. Bisognava pensarci prima, è il pensiero di Malagò: forse già all’indomani dello scioglimento delle Camere da parte del presidente della Repubblica. Ci saranno problemi di ordine pubblico tra elezioni e campionato? Malagò auspica di no, «prevarrà il buon senso», dice. Intanto, resta in contatto con i presidenti per sondare i prossimi passi sulle iniziative da intraprendere sul rinnovo della governance.
È STATO CHIESTO TROPPO TARDI, NON POTEVAMO FARE PIÙ NULLA
GIOVANNI MALAGÒ
PER IL DERBY DI MILANO ERANO STATI GIÀ VENDUTI 25.000 BIGLIETTI
GIOVANNI MALAGÒ COMMISSARIO LEGA A