«Tutto prescritto? C’è l’aspetto morale Non può finire così, si faccia chiarezza»
Tante inchieste sul calcio malato, ma le testimonianze dei due calciatori a «Non è l’Arena» hanno fatto scalpore. Il giorno dopo Massimo Giletti torna sull’argomento.
● Com’è nata l’inchiesta? «In modo semplice. Ho incontrato Luca Sgarbi, mi ha detto che stava lavorando su inchieste legate al calcio da free lance. Ci siamo rivisti, mi è sembrato serio, e passo passo ci siamo messi a lavorare con l’obiettivo di squarciare il velo di strana omertà che aleggia nel mondo del pallone».
● Ormai è andato tutto in prescrizione…
«Non importa, la morale non va in prescrizione. Resta un argomento stimolante, io non faccio altro che raccontarlo, altri devono valutare. Se il calcio vuole cambiare, pensando anche ai giovani, è bene che faccende inquietanti come questa saltino fuori, che venga fatta chiarezza». ● Quanto tempo ha impiegato per realizzarla?
«Tre mesi. Sgarbi è stato bravo a convincere Albieri a parlare davanti a una telecamera, ma lera pronto, voleva togliersi un peso dalla coscienza. Al momento dei fatti era giovane, non se l’è mai perdonato».
● E l’altro che ha parlato senza sapere di essere ripreso chi è? «Un giocatore chiave della partita Bari-Castel di Sangro».
● Cosa l’ha impressionata di più in questa storia?
«Il libro sulla vicenda di John McGinnis, uno che nel ’68 indagava su Nixon. Fece fatica ad essere pubblicato in Italia, tant’è che l’editore Garzanti dichiarò al «The Guardian»: «Preferisco essere un editore vivo che un eroe morto».
● Ci saranno altre inchieste a «Non è l’Arena»?
«Il caso è stato sollevato, non può finire così. Abbiamo individuato tante diramazioni, ci muoviamo su più piani per trovare nuovi elementi».