BUFFON E DEL PIERO DUE ADDII DIVERSI
Monumenti Juve a confronto
Non mi interessano i record di Buffon. Lo rispetto e lo ringrazio per quanto ha fatto per la Juve, ma credo che debba chiudere a fine stagione, senza questo stucchevole tira e molla. Szczesny ha dimostrato di essere un ottimo portiere, ma più in generale, per competere con le grandi d’Europa, la Juve dovrebbe avere specialisti in ogni ruolo.
SPaolo Bottazzi, Chiavenna (SO)
orvolo sull’ultima «programmata» assenza di Buffon nel derby. E già che ci sono, per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, sorvolo anche sulle sue ultime incertezze contro il Tottenham, che non ritengo legate all’età. Il discorso è più ampio e riguarda i programmi, senza virgolette stavolta, della Juve intesa come società e di conseguenza come squadra. È vero che un anno fa anche l’addio di Totti si trasformò in un tormentone, simile a quello che sta accompagnando Buffon, ma la Roma non è la Juve. E allora, per rimanere in casa bianconera, in omaggio a quell’uniformità che tutti chiedono agli arbitri, il vero paragone da fare è tra l’addio di Del Piero e quello di Buffon. Tutti e due capitani, tutti e due campioni del Mondo con l’Italia di Lippi nel 2006, tutti e due disposti a scendere in B per attaccamento alla Juve, e per questo ancora più amati dai tifosi bianconeri. Eppure con un finale, o meglio un trattamento, diverso da parte della società, migliore o peggiore secondo i punti di vista. Alessandro Del Piero aveva «soltanto» 37 anni, quando il presidente Andrea Agnelli disse agli azionisti, prima del Natale 2011, che quella sarebbe stata la sua ultima stagione. Del Piero, che avrebbe firmato in bianco un altro rinnovo del contratto accettando nuove panchine, incassò la sorpresa e continuò a comportarsi da professionista, sia pure come attore non protagonista del primo scudetto di Conte. I freddi numeri dicono che in quella stagione totalizzò 23 presenze con 3 gol, ma in realtà non giocò mai dall’inizio alla fine, partendo come titolare solo 4 volte ed entrando dalla panchina in 19 partite, mentre nelle altre 15 fece lo spettatore. Come è andata a finire lo ricordano tutti. Del Piero segnò il suo ultimo gol nella partita contro l’Atalanta, il 13 maggio 2012, nel giorno della festa-scudetto col suo commovente giro finale del campo. Un addio (forzato) alla Juve, ma non un addio al calcio, perché poi ha continuato a giocare in Australia e in India.
Probabilmente Buffon non giocherà più quando lascerà la Juve, ma intanto può considerarsi più fortunato, se non privilegiato, rispetto al suo ex compagno e capitano, perché nessuno gli fa fretta, anche se nell’ultima intervista televisiva a Maurizio Costanzo ha ribadito che incontrerà Agnelli «per sapere qual è la cosa migliore da fare». Nel frattempo Szczesny aspetta e spera, mentre i tifosi si dividono, come dimostra il signor Bottazzi, perché i campioni passano ma la Juve resta. E proprio perché l’amore è cieco, specialmente nel calcio dove conta soltanto l’ultimo risultato, una cosa è certa. Quando Buffon sbaglierà, come il suo giovane erede Donnarumma, al contrario di lui sarà accusato di avere sbagliato perché è vecchio e quindi invitato a smettere. Anche questo deve mettere in conto Buffon, al quale sicuramente va tutta la comprensione di un grandissimo campione come Zico, che un giorno disse: «I giocatori sono gli unici che muoiono due volte, quando lasciano il campo e poi la Terra». E così è più facile capire perché Buffon, come Del Piero, non vorrebbe mai staccarsi dal calcio. Che per lui è soltanto la Juventus.