Daytona 500: Wallace, il «pilota nero», 2o con la spinta di Hamilton
Pure Donald Trump jr, il figlio del presidente degli Stati Uniti, ha fatto i complimenti su twitter ad Austin Dillon, trionfatore domenica notte nella 500 Miglia di Daytona. Ma l’emozione più grande è stata al termine della corsa. Quando Dillon , 27 anni, si è ricordato di Dale Earnhardt, che aveva vinto la stessa gara vent’anni fa con il team di suo nonno Richard Childress, per poi morire nel 2001 in un incidente sempre a Daytona. Earnhardt, per tutti «Intimidator», un mito della Nascar, correva con il numero 3 sulla macchina, lo stesso usato oggi da Dillon. E quindi, per Austin, è stato automatico unire le due figure che hanno rappresentato i suoi idoli in una sola dedica da pelle d’oca. «Devo tutto a mio nonno, che mi ha sempre sostenuto — ha detto Dillon, balzato in testa solo all’ultimo giro, approfittando di un errore di Aric Almirola —. Vincere Daytona significa entrare nella leggenda: questa è per Dale».
LACRIME Ma la storia non finisce qui. L’altro pezzo l’ha scritto Darrell «Bubba» Wallace, primo pilota nero a salire sul podio di una gara della Nascar, grazie al secondo posto conquistato in volata (pochi centimetri) su Denny Hamlin. Anche «Bubba», che era al debutto a Daytona con la vettura del team di Richard Petty, ha ricevuto un incitamento speciale. Quello di Lewis Hamilton, il quattro volte iridato di F.1, che prima della gara gli aveva inviato il suo «in bocca al lupo». E, proprio come Dillon, pure Wallace si è commosso fino alle lacrime, quando in sala stampa è arrivata ad abbracciarlo la madre. «Ripenso a tutti i sacrifici che ha fatto la mia famiglia per seguirmi», il commento di «Bubba». Sul suo profilo c’è fissato un tweet che significa molto: «C’è solo un pilota afroamericano al top nel nostro sport. Io sono il numero 1. Continuerete a sentir parlare del “pilota nero” per anni. Accettatelo e fatevene una ragione...».