La Gazzetta dello Sport

Alisson e quel Brasile da parare per la Roma

●Serve non subire gol: fuori casa in Champions non succede dal 2007 Da ragazzo giocava davanti alla difesa, ora sfida gli amici dello Shakhtar

- Davide Stoppini

ROMA

Non vorremmo alimentare problemi di saudade, ma sarebbe davvero difficile confondere i 28 gradi di massima di questi giorni a Porto Alegre con la fitta nevicata che ha accolto la Roma ieri sera all’arrivo a Kharkiv. Sarebbe difficile se non fosse per il terreno di gioco dello stadio: sarà riscaldato, dunque tranquilli, niente rischio ghiaccio. E tra i protagonis­ti sembrerà di assistere a un po’ di campeonato

gaucho. Alisson o goleiro ritroverà un po’ di amici. Eh sì, ma vai a fidarti di gente come Taison, che ammirava in prima squadra mentre lui cresceva nelle giovanili dell’Internacio­nal. Oppure di Alan Patrick, con cui ha condiviso gli anni 2013 e 2014: insieme, tra l’altro, pure la gioia di un derby vinto 4-1 con il Gremio. E poi Fred, che dello Shakhtar è la mente: lui e Alisson hanno cinque mesi di differenza di età, nell’Internacio­nal erano due delle stelle del settore giovanile. Nel 2011 giocarono insieme la Copa Sao Paulo, torneo under tra i più famosi del Brasile: uscirono ai quarti di finale.

QUEL PRECEDENTE Stavolta i quarti se li contendono, da avversari. Alisson e i suoi connaziona­li (sei in totale) è il motivo nei motivi di Shakhtar-Roma, Champions con vista sul Mondiale che verrà. Champions che per la Roma vale un pozzo d’oro: un passaggio del turno, per dirne una, potrebbe aumentare la capacità di manovra della società proprio intorno ad Alisson e al prevedibil­e assalto dei top club d’Europa la prossima estate. Alisson è una cassaforte sicura, da aprire preferibil­mente il più tardi possibile. E che intanto s’è messo in testa di aiutare la Roma a risolvere un problemino tecnico che dura da 11 anni. Sei marzo 2007, LioneRoma 0-2: anche quelli erano ottavi di Champions. Ma è soprattutt­o l’ultima trasferta europea della massima competizio­ne in cui la Roma è riuscita a tornare a casa senza aver subito neppure un gol. Undici anni di fatiche tante e gioie poche, ora la rincorsa al 15° clean sheet stagionale, il quarto in Champions dopo i tre (tutti casalinghi, appunto) del girone. E pure una piccola rivincita, perché Alisson contro lo Shakhtar ha già giocato: 23 gennaio 2015, amichevole poco amichevole (3 espulsi e 5 ammoniti) a Porto Alegre, l’Internacio­nal vide vincere gli ucraini 2-1. Non subire domani sarebbe un’impresa, contro una squadra che in casa ha vinto 11 delle ultime 13 partite, le ultime quattro di fila. Vorrebbe dire far meglio di un compagno di nazionale, anzi batterlo un’altra volta. Già, perché Ederson del Manchester City a dicembre mise insieme due gol incassati e qualche intervento un po’ così. Non è per quello che non è un più un rivale per la porta della Seleçao. Alisson ha messo già la freccia, merito del suo eccezional­e rendimento. Con le mani e con i piedi. I suoi rilanci precisi non sono casuali. Da ragazzo cominciò da volante, davanti alla difesa, ruolo che in Brasile ti appiccican­o addosso solo se il pallone sai trattarlo bene. Lo spostarono in porta più avanti, per necessità e per (merito?) della sua altezza. E così la Roma oggi si ritrova tra i pali un brasiliano tanto portiere, un bel po’ difensore e pure un filo centrocamp­ista. Mica poco.

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LAPRESSE Alisson Ramses Becker, 25 anni, seconda stagione alla Roma

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