Ghiaccio pazzo Il treno azzurro è d’argento tra le squalifiche
●Short track: caos e spettacolo in staffetta. Cina e Canada fuori, l’Italia cade ma è 2a. Valcepina: «Non abbiamo capito cos’è successo»
Frullatore o lavatrice: chiamatelo come volete. Tanto rende l’idea. Lo short track è così, una centrifuga di emozioni. Che salgono altissime con la staffetta. Imprevedibile, adrenalinica, mai banale, sempre thrilling. Se poi l’esito è favorevole, allora sì che il divertimento è assicurato. Come a PyeongChang 2018, finale femminile, quattro squadre al via: 3000 metri, 27 giri (poco più di sei minuti) da vivere tutti d’un fiato, a occhi chiusi. Dietro la Sud Corea padrona di casa, a segno per la sesta volta su otto edizioni, c’è l’Italia. E vuoi mettere che festa? Martina Valcepina, Arianna Fontana, Cecilia Maffei e Lucia Peretti, nell’ordine di apparizione, tre lombarde della Valtellina – sempre più terra delle lame corte – più una trentina: ecco le quattro damigelle dell’impresa. Nel solco di una tradizione: perché il quartetto azzurro, su quel podio, c’era già salito. A Torino 2006 e a Sochi 2014, con due bronzi che hanno fatto storia e che ora vengo- no persino superati in fatto di peso e di prestigio.
L’APOTEOSI Non senza, ancora una volta, un pizzico di fortuna. Se nei due precedenti, infatti, il treno tricolore aveva tagliato il traguardo per quarto e s’era ritrovato terzo, in entrambi i casi grazie a una squalifica della Cina, stavolta lo passa per terzo e, d’incanto, scopre d’essere secondo. I minuti trascorsi dal momento dell’arrivo all’ufficializzazione del risultato, sono parsi eterni. La revisioni delle fasi più concitate della gara da parte dei giudici hanno richiesto lunghi minuti. Con verdetto a sorpresa: perché se la vittoria sul campo della Sud Corea è stata confermata (mentre molti credevano che fosse passibile di sanzioni), la Cina seconda e il Canada quarto sono stati squalificate. Sia quel che sia: per l’Italia, d’argento appunto, è estasi, è apoteosi. E non ci si indigni: è short track e funziona così. Su quell’anello tutto e il contrario di tutto può accadere. Per l’Italia, serbatoio inesauribile, nella disciplina è la decima medaglia olimpica. E va detto: le azzurre, risultati stagionali e del passato alla mano, sulla carta parevano le meno accreditate.
LA GARA Tanto è vero che, in una finale a lungo senza sussulti, con la Cina spesso a dettare il ritmo, Fontana e compagne, guidate dal c. t. Kenan Gouadec in balaustra, stanno defilate in ultima posizione, senza però perdere le ruote. Anzi, a parte un turno difficile della Peretti, le tiene. Ci sono spintoni, rischi di caduta, ma tutto procede tranquillo fino a quattro giri dal termine. Quando arriva il momento della verità e, insieme, il patatrac. Suc- cede che le sudcoreane pasticcino su un cambio e che chi ha «ceduto il testimone» non si sposti dalla scia. La canadese che segue alle spalle non può evitare la frazionista colpevole, cade e, scivolando, finisce lunga. L’Italia, con l’accorrente Peretti, cerca di girare al largo («Quando invece avrei dovuto stare all’interno » dirà). Ma l’impatto è inevitabile. Anche Lucia, così, cade e trascina giù con sé Cecilia. È però abilissima a dare in fretta l’«assistenza» ad Arianna. A Martina, di conseguenza, spetta un super turno finale di tre giri, sebbene ormai ininfluente. Sud Corea (Choi Minjeong, Kim Alang, Shim Sukhee e Kim Yejin si impongono in volata) e Cina diventano imprendibili, ma il Canada ci mette molto a rimettersi in moto e non rientra più. L’Italia chiude terza, comunque a medaglia. Poi le decisioni al tavolo. Quasi incomprensibili, con l’azione incriminata passata inosservata e altre due irregolarità all’apparenza più leggere, di Cina e Canada, punite molto severamente. L’Italia ci resta d’argento. Ed è un bel restarci: le ragazze sventolano il tricolore in un tripudio di gioia. Festeggia anche l’Olanda, vincitrice della finale B (quella per il 5° posto) con tanto di record del mondo (4’03”471) e promossa al bronzo. Nel quartetto c’è pure Jorien Ter Mors, già oro nei 1000 in pista lunga...
LA GIOIA Se Arianna è un mondo a parte, il merito va diviso tra tutte. Martina e Lucia c’erano già a Sochi. La prima con in grembo Rebecca e Camilla, ora in tribuna: «Nessuno ha capito quel che è successo, figuriamoci loro, ma averle qui rende la mia felicità tripla». La seconda convinta che «rispetto ad allora siamo tutte cresciute». Cecilia, invece, è stata riserva sia Torino sia in Russia: «È anche la medaglia di un riscatto». Quel frullatore crea meraviglie.