La Gazzetta dello Sport

Tutto questo è amore (per lo sci)

●Una passione più forte degli infortuni e dei timori dei genitori: da Foppolo ai Giochi

- Marisa Poli 2 3

Sofia ha il sorriso un po’ storto di papà Ezio, con l’angolo della bocca che sale a destra, quasi a non prendersi mai troppo sul serio. Sofia e lo sci si amano da sempre, da quell’inverno del ‘95 quando aveva tre anni e mamma Giuliana la portò sulle piste di Foppolo a vedere una lezione del fratello Tommaso, di tre anni più grande. Tirava giù i muri con le urla, perché ci voleva andare anche lei e l’anno successivo cominciò. Sofia corre per vincere, di natura. A sei anni, in una delle prime gare della sua vita, tagliò il traguardo e andò da mamma, senza nemmeno frenare, per chiederle: «Ho vinto?». Si, aveva battuto anche i maschi. E’ sempre stata un maschiacci­o Sofia nell’affrontare lo sport. Sempre sulle code del fratello maggiore, persino con la motocross. Con parole sue: «Mamma voleva una bimba con le treccine bionde, le sono capitata io che alle elementari sfidavo i compagni a calcio».

INFORTUNI Il carattere c’è sempre stato, fin dalla prima parola pronunciat­a, non il classico «mamma», ma un più originale «io». Fin da quella volta che da bimba restò aggrappata al poggiapied­i della seggiovia prima che venissero e recuperarl­a con una scala. Che la Goggia avesse i numeri per sfondare si è visto presto, appena arrivata nel circuito dei ragazzini. Ci ha messo più del dovuto (e voluto) per 4 gravi infortuni alle ginocchia (3 al destro, uno al sinistro). Il primo a 14 anni: crociato piu menisco esterno nelle selezioni del Topolino, il papà Ezio la stava filmando, da quel giorno non lo fece mai più. Il secondo un anno dopo: ancora menisco. Il terzo nel 2012, per crociato e menisco, il quarto nel novembre 2013, a Lake Louise, quando si ruppe crociato del ginocchio sinistro e rischiò di non tornare mai più. Per non farsi mancare nulla, nel mezzo c’è stato un crac muscolare che la fece cadere durante la discesa di Altenmarkt di Coppa Europa: le restò il colore delle reti sul casco.

IN CASA La famiglia Goggia non ha mai spinto, né fatto pressioni. Anzi. Mamma Giuliana anche ora è capace di dirle: «Non potevi andare un po’ più piano?», papà Ezio almeno stavolta ha trovato il coraggio di guardare la discesa olimpica «perché anche Sofi è coraggiosa a scendere su quelle piste». Insieme, vedendola soffrire così per gli infortuni, spesso hanno pensato che sarebbe stato meglio smettere e seguire una delle tante passioni, che fosse la letteratur­a, la fotografia. «Non solo sci» è lo slogan che condivide con Gianluca Rulfi, il responsabi­le delle polivalent­i, e non è un modo di dire.

Sofia ama leggere (è onnivora), in estate ha preparato un discorso per Ted, il circuito di conferenze, che ha conquistat­o Cortina.

IL BUIO C’è stato anche il momento in cui la fiamma d’amore per lo sci si era spenta. Il ritorno dall’infortunio del novembre 2013 si è fatto infinito, qualcosa si era rotto, due stagioni di stop con in mezzo il buio. La voglia di restare sola, di non uscire più, quella domanda in testa: «Voglio ancora sciare?». Per rinascere Sofia è tornata a casa, a Bergamo, dopo gli anni passati nel mantovano, dove seguiva i programmi di fisioterap­ia. Ha strappato a mamma Giuliana il permesso di prendersi un cane, il pastore australian­o Belle che ogni tanto sale sul podio con Sofia. Si è costruita intorno un gruppo di persone — dall’osteopata Paolo Romano, all’odontoiatr­a Fabio Feresini che le cura il bite per i denti, alla psicologa Lucia Bocchi che affianca Vercelli. A Danilo Paganoni che le sistema gli scarponi (quelli di ieri, per esempio, erano quelli dei Mondiali di Schladming 2013). La scorsa stagione ha raccolto, tutto insieme, quanto costruito in anni di lavoro (Sofi è una che si mai tirata indietro nemmeno in palestra). Tredici podi in Coppa del Mondo (in 4 specialità) con i primi successi, proprio sulle piste olimpiche, il bronzo ai Mondiali. Come sempre nella sua carriera, non è filato tutto liscio fino a ieri. A Soelden la sua stagione è cominciata con un’uscita e una botta al ginocchio sinistro che ancora si trascina. E quando tutto sembrava indirizzat­o al giusto trionfo olimpico, dopo i due successi di Bad e Cortina, nella seconda discesa sulla Olympia delle Tofane è incappata in una caduta che poteva pagare caro. E’ rimasta un’ora nel tendone dell’arrivo, guardando il vuoto, spaventata per quello che avrebbe potuto perdere, l’Olimpiade, la carriera. E ha trovato una nuova Goggia. La Sofi che parte per vincere, senza andare oltre il limite, che sa quanto vale, senza rischiare. Che ama lo sci tanto da sciogliers­i in lacrime dopo l’11° posto in superG, non per la delusione del risultato, ma perché «ho riprovato sensazioni di autenticit­à che non sentivo da tempo, perché ero un tutt’uno con gli sci». Predestina­ta, per amore.

Sofia Goggia, 25 anni, bacia la neve prima della cerimonia di premiazion­e al traguardo della discesa olimpica Con il papà Ezio, mamma Giuliana e il fratello maggiore Tommaso Sofia con il suo cane Belle Sofia in pista in una delle prime gare da bambina

LA STORIA «Mamma voleva una bambina con le treccine, io invece giocavo a pallone»

Solo nel 2014, dopo due stagioni di stop per gli infortuni, pensò di smettere

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