Brienza, il part-time che ha riacceso il Bari
●Il trequartista spesso decisivo entrando a partita in corso «Quando il ritmo cala, colpisco io. Smettere? Solo a 40 anni»
Poi arriva Ciccio e… accende la luce. Quando il Bari deve svoltare, Fabio Grosso si affida all’evergreen Franco Brienza, 39 anni da compiere il 19 marzo, ex compagno, nel Palermo, dell’attuale allenatore biancorosso. Lo dicono i numeri. L’inserimento nella ripresa del fantasista risulta spesso decisivo, come successo anche venerdì a Cremona. Al contrario, nelle 5 partite da lui giocate sin dall’inizio (sono 16 gli incontri nei quali è subentrato, con un gol decisivo contro il Pescara), la squadra pugliese ha sempre perso.
Brienza, preferisce andare in scena a gara in corso?
«In un calcio con tanto agonismo per me è più facile entrare quando il ritmo cala le difese si aprono di più. Certo, poi dipende pure dal risultato. E bisogna saper leggere subito il match».
Ha deciso quando smettere?
«No. Me lo chiede pure mia moglie Isabella, rimasta a vivere a Bologna con i nostri figli Denise, 12 anni, e Daniel, 5».
Non si è posto un limite?
«Mi avvicino al giorno più brutto. Ma vorrei toccare quota 40 anni in campo. Non faccio fatica ad allenarmi, pretendo sempre il massimo da me stesso. E Grosso è bravo a gestirmi».
Sta pensando di iscriversi al corso di base per allenatore?
«Sarebbe troppo tardi. De Zerbi, mio coetaneo, è in panchina da 5 anni. Io solo in vecchiaia arriverei ad allenare in B o A. Forse potrei fare il collaboratore in uno staff o il d.s.».
Qual è il suo modello di calciatore per longevità?
«Buffon, Totti e soprattutto Zanetti».
A proposito di Totti, lei avrebbe accettato di soffrire tanto, restando inutilizzato in panchina?
«Chissà. Penso che altri abbiano deciso di far chiudere la carriera di Francesco. Invece, Totti avrebbe meritato di godersi ancora il campo».
Il suo contratto con il Bari scadrà a giugno.
«Ci terrei a continuare qui, però è giusto riflettere. Dopo l’infortunio al ginocchio sinistro nella scorsa stagione, un po’ ne risento sul piano fisico. Vedremo...».
E’ nel calcio professionistico dal 1997, una promozione (in A col Siena) e mezza (in B col Palermo, ma a gennaio passò al Perugia: fa ancora in tempo a conquistarne un’altra?
«Con il Bari ci proviamo. Per la promozione diretta Empoli e Frosinone hanno un altro passo, la formazione di Andreazzoli vincerà per distacco».
Dove può arrivare Grosso?
«Ha cominciato bene, in una piazza importante ed esigente come Bari. Un po’ mi ricorda Guidolin: nel Palermo abbiamo imparato tanto da lui. Anche se è Conte il tecnico che mi ha conquistato. Per risollevare la nostra nazionale, ci vorrebbe il ritorno di Antonio».
Ha il rammarico di non essere arrivato in un grande club?
«Eccome. Non ho avuto continuità, soprattutto dopo la fantastica stagione nel Palermo, con qualificazione in Coppa Uefa e le due partite in nazionale. Poi non facevo al caso del 44-2 di Delneri. Peccato, nel 2005 fui vicino al Napoli».
Sarebbe stato un sogno, per lei, nato per caso a Cantù e ischitano doc, tifoso del Napoli.
«Eh, io vedevo Maradona come il Mito. Spero nello scudetto».
Un giorno nonno Franco quali dvd farà vedere ai suoi nipotini?
«Quelli di Palermo-Juventus 1-0 e Atalanta-Milan 2-1, quest’ultima sfida risolta con un mio gol a tempo scaduto».
Quali giocatori della B diventeranno protagonisti a certi livelli?
«Zajc, Krunic e Bennacer dell’Empoli, che esprime il calcio più spettacolare del campionato. E i miei compagni Anderson, Henderson e Tello».
Galano è pronto per la A?
«E’diventato decisivo come goleador. Per imporsi deve trovare continuità. Ma ha qualità».