il Gasp Qui dov’è nato TUTTO INIZIÒ CON BONIPERTI E CAPELLI CORTI
La prima lettera di convocazione è ancora lì, tra le cose più care: «Presentarsi con i capelli corti e ordinati, firmato Giampiero Boniperti». In casa di Madama, si sa, certe cose sono sacre e Gian Piero Gasperini, che bianconero lo è di nascita e cuore, l’ha imparato presto. Alla Juve è diventato uomo e di fronte alla Juve torna oggi da maestro, dopo un’Europa League giocata con coraggio e follia. La Torino bianconera, però, resta il baricentro della vita del tecnico atalantino: per questo, presentarsi da avversario ha lo strano sapore della nostalgia. Lontano dal boato dello Stadium, per esempio, c’è la periferia in cui il piccolo Gian Piero guardava curioso le luci del centro. E imparava tra i prati a calciare un pallone: la «sua» Grugliasco è ancora lì, ormai divorata da un mega centro commerciale. Sembrerebbe cambiato tutto ma restano i vecchi amici e, soprattutto, la casa di famiglia in via Don Caustico. Un viaggio sentimentale alle radici di Gasp parte da questa prima cintura torinese, un cordone ombelicale che nessuno può spezzare. Grugliasco è un luogo dell’anima, ma con ferite profonde: durante la guerra i nazisti in ritirata fucilarono 70 ragazzi del paese e solo 4 salvarono la pelle. Tra questi, anche un zio di Gasperini, mentre Don Caustico, prete partigiano a cui è dedicata la via, cadde quel 30 aprile 1945. BUGIA A FIN DI BENE
In campo da giocatore e pure in panchina da allenatore di tutte le giovanili: Gasp è cresciuto a pane e Juventus. Ma all’inizio Madama era solo un sogno romantico del papà-tifoso Gino, operaio in una fabbrica dell’indotto Fiat. Prendeva il figlio per mano e poi dritti al Comunale a vedere Anastasi. Erano gli anni dei primi calci all’oratorio, nella chiesa di Santa Elisabetta, dentro al «villaggio Leumann», quartiere operaio a Collegno. Non lontano, Gian Piero andava a trovare la madre, proprietaria di una pescheria in corso Francia, lunghissimo vialone che si infila come una freccia a piazza Statuto, nel salotto torinese. In fondo, la strada per arrivare al centro era già lì, tracciata, e Gasp l’ha percorsa presto grazie alla Juve. Grazie a un provino al «Combi», stadio che pareva incantato accanto al Comunale, e a una piccola bugia detta a fin di bene: aveva 9 anni e, quando seppe che l’esito del provino era stato positivo, ne dichiarò 10 per farsi prendere. Da Grugliasco serviva un pullman più un bus per arrivare al vecchio campo: la sorella lo accompagnò solo per due giorni, poi Gasperini si è sempre preso Torino da solo.
GALEOTTA FU LA FESTA
Eccoli, gli anni più belli, con una figura mitica a osservare tutto dall’alto: Mario Pedrale, il gestore del Nucleo Addestramento Giovani Calciatori, secondo padre più che educatore. Centinaia di bimbi con un sogno chiamato Juve sono diventati adulti grazie ai suoi insegnamenti. Ancora oggi Gasp si commuove a ricordarlo, a pensare a quel tratto di via Filadelfia percorso dopo essersi cambiato al Comunale. Gli spogliatoi erano lunghissimi, tanti stanzoni dai Pulcini alla prima squadra: dice di non averlo mai scordato, quell’odore, e la sfilata dei campioni in bianconero accanto a lui. Dei giganti negli occhi di un bambino. A pranzo, invece, preferiva la mensa del club, dentro alla sede in galleria San Federico. Il «Sommeiller», l’istituto tecnico frequentato in città, è stato «tradito» solo per un anno: quando la Juve lo mandò nel convitto di Villar Perosa, studiava Ragioneria a Pinerolo. Proprio ai tempi delle superiori a Torino, l’incontro con la moglie Cristina: le loro classi facevano ginnastica insieme, ma galeotta fu una festa di Natale. Poi arrivarono gli appuntamenti in piazza San Carlo, gli aperitivi al Bar Torino, i film al cinema Lux: dopo 43 anni la geografia del cuore non è poi così cambiata.
COME PEDRALE
In nove anni di settore giovanile bianconero Gasp ha annaffiato un buon talento da centrocampista di qualità. Ha masticato disciplina, sacrificio e, ovviamente, vittorie. Curioso: il primo scudetto, Allievi nazionali 1975, proprio contro l’amata Atalanta. La leggenda racconta che Gasperini avesse lo stesso numero di scarpe di Causio e che le indossasse prima per dagli forma: di certo, una volta, prese il posto del Barone a San Siro. In realtà la prima squadra è stata solo un passaggio effimero, inciso nero su bianco nelle convocazioni di Boniperti: 9 presenze in Coppa Italia, un gol al Taranto quando fu richiamato dal prestito alla Reggiana nel 1978. Da lì il lungo viaggio su e giù per l’Italia per disegnare una carriera discreta, ma meno luminosa di quella in panchina. Finito di girovagare, riecco Grugliasco e il solito stradone verso Torino. Da allenatore delle giovanili Juve ha fatto base alla Sisport con gli Esordienti, poi 2 anni nei Giovanissimi, 2 negli Allievi, 5 nella Primavera con vittoria del Viareggio. Come il maestro Pedrale, ha insegnato calcio ed educato ragazzi. In fondo, anche ora a Bergamo, riannoda quel filo, con i capelli sempre corti e ordinati.