Mentalità, tecnica e reclutamento da cambiare Così lo sci azzurro può tornare a vincere
●>iportiamo in Italia i nostri allenatori: servono nuove idee. Giovani: no a cultura degli alibi e specializzazione precoce
Per la terza volta di seguito dopo i due Mondiali di Vail e St. Moritz lo sci maschile azzurro è rimasto giù dal podio. Ho vissuto i Giochi nel ruolo di commentatore per Eurosport e ho cercato di capire perché è successo di nuovo, non è facile capire i motivi e trovare soluzioni, ma questa è la mia opinione su cosa si potrebbe migliorare. La prima considerazione è che, in realtà, a questi Giochi solo i tre della velocità (Paris, Fill e Innerhofer) avevano davvero chance di medaglia. La seconda è che la squadra azzurra deve fare i conti con l’età di chi c’è in campo adesso: va bene l’esperienza, ma il migliore degli slalomisti azzurri (Manfred Moelgg) gareggiava con me. Paris è l’unico che si è avvicinato al podio, ma come sappiamo, in queste occasioni arrivare quarto è come finire 15°.
TECNICA Guardando le gare maschili, ho visto che tante nazionali nel mondo hanno fatto medaglia con i nostri tecnici. Forse sarebbero utili anche da noi, portando nuova linfa, idee, metodologie di allenamento. Perché a mio parere questo risultato è figlio di una tecnica che non si è evoluta al pari di altre squadre. E’ chiaro che un tecnico viene attratto da stipendi più alti e possibilità di firmare contratti pluriennali, ma si è fatto tutto? Rimango dell’idea che la condivisione del progetto, dal vertice tecnico agli atleti, sia fondamentale. Se l’atleta non è convinto di quello che proponi, non tirerà mai fuori il suo meglio. Se c’è poca struttura, saltano fuori le fragilità e quando c’è poca coesione nelle gerarchie saltano fuori le magagne.
GIOVANI L’altra questione riguarda i giovani e la loro assenza dal panorama dello sci italiano maschile. E qui secondo me bisogna partire dal basso. Per quello che sto vedendo nella mia esperienza con la Giorgio Rocca Ski Academy, mi pare che il nostro modello di arruolamento e crescita sia un po’ da rivedere. Ha ancora senso spingere alla specializzazione sin da bambini? O forse sarebbe meglio far sviluppare le diverse capacità motorie prima di puntare sull’agonismo estremo che fa perdere tanti talenti per strada, per noia o mancanza di fondi. Ho letto tutto delle dichiarazioni dei norvegesi in questi giorni. Non ho mai trovato nelle loro parole lamentele su pista facile o non facile, o sul vento, o sulla neve. Se cominci a parlarne, parti già con un tarlo nella testa. L’ho vissuto sulla mia pelle, ho avuto un tecnico (Claudio Ravetto) che mi ha detto: devi capire qual è il tuo limite, e basta. E se vuoi vincere la Coppa devi imparare a sciare sulla neve schifosa e sui piani. Se l’obiettivo è vincere, non puoi aspettare che ci sia solo la neve dura o la pista che piace a te. Così hai già perso.