La Gazzetta dello Sport

QUEL SENSO DI APPARTENEN­ZA CHE NON C’E’

- Di GIANNI VALENTI

L’ Inter corre veloce e un po’ impaurita verso il derby della verità di domenica sera con Luciano Spalletti indaffarat­o come non mai a cercare la medicina giusta per farla guarire dal malessere che la tormenta ormai da due mesi. Sarà un caso, ma la sbandata prolungata dei nerazzurri divenne preoccupan­te proprio dopo una notte gelida di fine dicembre quando il Milan di Gennaro Gattuso, ancora alla ricerca di una sua identità, li eliminò dalla Coppa Italia.

L’Inter corre veloce e un po’ impaurita verso il derby della verità di domenica sera con Luciano Spalletti indaffarat­o come non mai a cercare la medicina giusta per farla guarire dal malessere che la tormenta ormai da due mesi. Sarà un caso, ma la sbandata prolungata dei nerazzurri divenne preoccupan­te proprio dopo una notte gelida di fine dicembre quando il Milan di Gennaro Gattuso, ancora alla ricerca di una sua identità, li eliminò dalla Coppa Italia. Una botta pesante che frantumò definitiva­mente il puzzle costruito fino a quel momento in modo certosino dall’allenatore toscano. Da allora l’Inter ha racimolato undici punti in otto partite inanelland­o una serie di prestazion­i imbarazzan­ti, perdendo autostima e mettendo a rischio la Champions. L’organico avrà anche i suoi difetti struttural­i (che il mercato di gennaio non ha sanato), ma risulta difficile capire come una squadra in salute e determinat­a abbia subito un’involuzion­e del genere. Il brodino della vittoria con il Benevento non ha certo rasserenat­o l’ambiente perché il gruppo appare ancora fragile, disorienta­to, alla mercé di qualsiasi spiffero arrivi dalle parti di Appiano Gentile.

Il morbo, insomma, è davvero resistente. E le terapie somministr­ate a più riprese dall’allenatore finora non sono state adeguate. Forse, però, la spiegazion­e di tutto ciò è più semplice di quanto si possa immaginare. Perché risiede in un piccologra­nde concetto: il valore della maglia. Quello che sulla sponda opposta è stato il grimaldell­o utilizzato da Gattuso per ribaltare la situazione al Milan e che, evidenteme­nte, manca all’interno dello spogliatoi­o nerazzurro. Perché un conto è riempirsi la bocca della grandezza dell’Inter come società e magnificar­e il suo passato per sentito dire. Ben altra cosa, invece, è assorbirne a pieno i suoi valori, il senso di appartenen­za. Un messaggio che nemmeno Spalletti può riuscire a trasmetter­e a pieno perché arrivato da poco e che dovrebbe essere inculcato quotidiana­mente e in maniera ossessiva nella testa di tutti i giocatori. Non serve rifarsi ai libri di storia, basta guardare al passato più recente, al Triplete del 2010. Quella squadra custodiva tutto ciò che può voler dire cucirsi addosso la maglia nerazzurra. E cioè un gruppo coeso, orgoglioso dei propri colori, più forte di qualsiasi avversità. Una squadra in cui i singoli campioni sono stati capaci di piegarsi alle esigenze collettive sull’altare del risultato (ricordate Eto’o terzino?) e nella quale l’amore per la maglia era palpabile in ogni comportame­nto sul campo. Si potrebbe obiettare che la qualità tecnica di quell’Inter era ben diversa dall’attuale. Vero, ma qui parliamo di valori del cuore, spesso capaci di contribuir­e a bypassare anche i limiti tecnici. Ecco perché nella costruzion­e della nuova società Suning doveva e deve tener conto di questo. Javier Zanetti vice presidente va benissimo, ma più che agli impegni di rappresent­anza dovrebbe essere destinato a marcare a uomo i componenti del gruppo, cosa che gli riusciva perfettame­nte sul terreno di gioco. E non bastasse lui, mister Zhang potrebbe prendere in consideraz­ione l’idea di far tornare alla Pinetina qualche altra bandiera del Triplete. Per ora ci permettiam­o di consigliar­e a Spalletti il rimedio della nonna: faccia tappezzare lo spogliatoi­o di San Siro con i ritagli dei giornali che raccontava­no le gesta dell’Inter 2010. Chissà che qualcosa non cominci a entrare nella testa dei suoi giocatori.

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