La Gazzetta dello Sport

MIRACOLO ITALIANO, BRAVO SACCHETTI!

Il coach degli azzurri di basket è partito benissimo

- IN CONTROPIED­E di DAN PETERSON

Come dicono in Italia «La classe operaia va in Paradiso», citando il film di Elio Petri. Bene, per andarci, qualcuno deve pure illuminare la strada. Nel caso della Nazionale italiana di basket, quel «qualcuno» è l’allenatore, Romeo «Meo» Sacchetti, che ha vinto tutte e quattro le partite in cui ha guidato gli azzurri, e ha già ottenuto la qualificaz­ione, anche se mancano due partite, per la fase successiva di questa lunga corsa al Mondiale 2019. Dire «capolavoro» è dire poco: ha sbancato ogni campo e ha rovesciato ogni pronostico, ogni previsione. Ho mandato un sms a Sacchetti: «Stai esagerando!».

Il bello di tutto ciò è che l’impresa è stata realizzata senza i sette giocatori più forti: Danilo Gallinari (Los Angeles Clippers, Nba); Marco Belinelli (Philadelph­ia 76ers, Nba); Daniel Hackett (Brose Bamberg, Germania); Niccolò Melli (Fenerbahçe Istanbul); Gigi Datome (Fenerbahçe Istanbul); Alessandro Gentile (Virtus Bologna, infortunat­o); Pietro Aradori (Virtus Bologna, infortunat­o). Poi, come si dice in America (ma anche in Italia), «La suq squadra non fa prigionier­i». A Cluj, tanto per citare l’ultimo esempio, ha asfaltato la squadra di casa, la Romania, senza pietà: 101-50. Vincere di 51 in trasferta con una squadra nazionale è pressoché impossibil­e.

No, l’Italia non è ancora qualificat­a, ma sta compiendo un piccolo miracolo. La mia idea sulla Nazionale è sempre stata questa: quelli che giocano in ’Nba sono un valore aggiunto; quelli che giocano altrove in Europa sono anche loro un valore aggiunto; ma il nucleo della squadra deve essere quello formato da chi gioca in Serie A, perché loro «ci sono». Infatti, l’Italia ha centrato questo 4-0 con giocatori, anche alcuni non superpubbl­icizzati, che vengono proprio dalla Serie A. È una piccola lezione che gli italiani, se hanno spazio, possono competere ad alto livello. E possono ringraziar­e Meo per questo.

Il segreto di Sacchetti? Primo: ha un gioco che piace ai giocatori, «corri e tira», cioè un gioco «positivo». Secondo: non stressa per gli errori col fiato sul collo, quindi i giocatori scendono in campo, come dicono negli USA, con confidence, senza paura, cosa fondamenta­le per vincere. Ma la cosa che mi è piaciuta più di tutte è: niente alibi, niente scuse, niente commenti sugli assenti. Anzi, ha detto, lo sto parafrasan­do: «Questa è la nostra squadra e mi va bene così». In questo modo ha trasmesso fiducia ai suoi ... che sanno che lui crede in loro. E l’hanno ripagato sul campo. Con gli interessi!

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