La Gazzetta dello Sport

Tare segreto «La Lazio e Milinkovic che storie!»

- di ANDREA ELEFANTE INVIATO A FORMELLO (ROMA)

Il d.s. biancocele­ste

«Il potere Juve si avverte Inzaghi da loro? Devono passare un paio d’anni»

ABBIAMO AVUTO SCONTRI DURI, MA LA SUA IMMAGINE È MOLTO DISTORTA

SU CLAUDIO LOTITO PRESIDENTE DELLA LAZIO

PIÙ VEDEVAMO ALTRI TECNICI E PIÙ CAPIVAMO CHE ERA LUI QUELLO GIUSTO SU SIMONE INZAGHI ALLENATORE DELLA LAZIO

Per «colpa» della Lazio gli hanno minacciato la vita e l’ha rischiata (1 orizzontal­e e 4 verticale), ma Igli Tare e la Lazio oggi sono una cosa sola. Il d.s. che parla sei lingue («albanese, italiano, inglese, tedesco, spagnolo e greco») e non vuole che i giocatori gli diano del lei chiamandol­o «direttore»; il Re Mida di Lotito che con pochi milioni scopre campioni da rivendere a prezzi stramoltip­licati («Ma più ricevi compliment­i, più senti la responsabi­lità di dare qualcosa in più»), al decimo anno da dirigente Lazio e alla vigilia della sfida alla Juve ci racconta l’idea di plusvalenz­a più straordina­ria della sua carriera: «Convincere i tifosi del progetto Lazio: la società è la testa, l’allenatore il cuore, i giocatori le gambe. Fare della Lazio un punto d’arrivo, non di partenza. Vincere qualcosa di importante che ancora ci manca». Poi forse se ne andrà. Forse.

9 VERTICALE - SCOMMESSA «È UNA GRANDE PORTA...» FU COSÌ CHE DIVENTAI D.S.

«Entrai nell’ufficio di Lotito per firmare un rinnovo “1+1” e ne uscii d.s. della Lazio. O meglio: potevo esserlo, dipendeva da me. Aspettai 5-6 ore prima di entrare, capii subito che c’era qualcosa nell’aria: mi guardava strano. Poi mi diede un foglio, c’era disegnata la Lazio 2008-2009: “Che ne pensi?”. “Io faccio il calciatore, perché lo chiede a me?”. “Perché mi daranno del pazzo, ma ti voglio d.s.: penso a questa scommessa da due anni. Esci da una grande porta, entri in una grande porta: ti do due giorni per pensarci”. Una voce dentro mi diceva già che avrei accettato: nella vita ho sempre scelto di fare la cosa più difficile».

7 VERTICALE - LOTITO CAPISCE AL VOLO LA GENTE E NON OLTREPASSA I LIMITI

«Mesi dopo, Lotito mi spiegò perché mi aveva scelto: “Parli sei lingue, conosci il calcio estero, sei fuori dall’ambiente romano e dalle malizie del calcio italiano”. È in questo che siamo simili: capisce al volo le persone. E le dico che all’inizio abbiamo avuto scontri durissimi su una comune linea di comunicazi­one: costruivam­o, e lui con un’intervista distruggev­a. Ma se mi chiedono come faccio ad andare d’accordo con uno come lui, io rido. Guardate che di Lotito si ha un’immagine distorta, per d.s. e allenatore è il presidente ideale: conosce il limite dove si può arrivare, e non lo oltrepassa mai».

13 ORIZZONTAL­E - TRE IN POCHI NEL MIO GRUPPO E TANTI AMICI NEL MONDO

«Metodo Tare? Non c’è, e non ci sono – unico club in Italia – osservator­i: non amo lavorare in tanti. Ho un collaborat­ore per i dati, uno che mi prepara clip dei giocatori, uno per l’analisi degli avversari. E poi i report di tanti amici in giro per il mondo. Ma la cosa che fa davvero bravo un d.s. è capire prima come può diventare un giocatore sconosciut­o. E vederlo non basta: ci devi parlare».

14 ORIZZONTAL­E - MILINKOVIC FEDELE AL NOSTRO PATTO A FIRENZE SOLO PER IL PAPÀ

«Milinkovic era al Vojvodina, lo seguii grazie a un amico. Alto come me, e quelle doti tecniche: un crack, ma non potevo garantirgl­i di giocare quanto gli serviva. Lo monitorai al Genk per mesi, poi andai a prenderlo. La Fiorentina aveva contattato suo padre e fu per rispetto a lui che Sergej andò a Firenze quel giorno, poi rispettò me e il rapporto creato con i suoi agenti. Funziona così».

16 ORIZZONTAL­E - PAGELLE UNA MALATTIA DEL CALCIO È L’OSSESSIONE DEI VOTI

«Lo dice uno che dopo un Chievo-Brescia si ritagliò una pagella tremenda per rileggerla ogni tanto e caricarsi: i calciatori oggi sono ossessiona­ti dai voti, è una malattia. Glielo dico sempre: vivete male il bello del calcio, ovvero che ogni tre giorni si può dimostrare qualcosa. Se sei forte di testa, però: è forte un calciatore che “vive” per le pagelle?».

8 ORIZZONTAL­E - JUVENTUS LOTITO-AGNELLI IN LOTTA? CON PARATICI NO PROBLEM

«Contro la Juve ho segnato e vinto una volta sola: 2-0 Brescia nel 2002, 7’ di recupero, mai visto. Mazzone urlò: “Che è ‘sta robba?” e il quarto uomo: “Mi vergogno, ma scrivo i minuti che mi dicono”. Il potere Juve lo avvertivi, come oggi avverti che hanno i mezzi per controllar­e il mercato italiano, la loro politica aggressiva sui giovani di prospettiv­a. Il contrasto politico LotitoAgne­lli è lampante, ma con Paratici zero problemi: neanche per Keita, Milinkovic o De Vrji, che non andrà alla Juve anche se il suo nome è passato sul loro tavolo. Li considero un esempio per mentalità, metodi di lavoro: il meglio del calcio italiano, sì».

2 VERTICALE - ALLENATORE SE UN GIORNO ALLENERÒ SARÀ SOLO PER L’ALBANIA

«Già da giocatore vedevo un bivio: dirigente o allenatore. La strada fu subito chiara, ma un uomo senza sogni è morto e il mio non l’ho mai nascosto: allenare, un giorno. Se mai sarà, solo l’Albania: non un club. Ma in fondo “alleno” già: mi piace vivere lo spogliatoi­o, parlare con il mio allenatore, aiutarlo senza intralciar­lo nel suo lavoro. E non mi viene facile pensarmi non più d.s., e neppure non più d.s. della Lazio: mi hanno avvicinato diversi club, ma il mio legame con questa società è nato e maturato fra le difficoltà, è una creatura che ho cresciuto e dopo 13 anni ce l’ho proprio dentro il cuore».

6 VERTICALE - ANNA FRANK NON È CON UNA MAGLIA CHE SI DICE NO AI RAZZISTI

«Una foto di Anna Frank con la maglia della Roma è da condannare, ovvio. Meno ovvio è limitarsi a dirlo senza pensare a come far sì che un gesto razzista non sia considerat­o semplice sfottò: tipo il coro dei miei ex compagni – “Sei venuto col gommone” – e io non ci vedevo razzismo, ma solo una presa in giro. Non basta mettersi magliette dedicate a una causa: Figc e Lega imparino dallo sport Usa, che coinvolge gli atleti in iniziative sociali. Educazione è questo e pure continuare ad andare allo stadio, come un mio amico tifoso laziale ed ebreo dopo l’episodio Anna Frank: “Igli, vado all’Olimpico: a quelli non la do vinta”».

5 VERTICALE - BUFFON ORA SI GODE OGNI GIORNO PIÙ DI VENT’ANNI FA

«Io ho smesso 10 anni fa e Buffon è sempre lì, ma non mi fa effetto: se arrivi a quell’età con certi obiettivi e ambizioni è perché li vivi meglio, e ogni giorno te lo godi più di vent’anni fa perché te lo sei meritato. Da suo dirigente non gli darei consigli: sa da solo che è meglio lasciare in un momento ancora alto della carriera, ricordato come un campione, ma anche che i propri desideri devono essere compatibil­i con la programmaz­ione di un club. Secondo me un altro annetto ce l’ha dentro, ma molto dipenderà dalla Champions: provare a vincerla con la Juve dev’essere una specie di ossessione...».

4 VERTICALE - MORTE SUL FILO PER NOVE GIORNI ME L’ERO VOLUTA, ORA LO SO

«Si disse che avevo avuto un malore, ma era molto di più. Finché non me l’hanno detto non ci credevo: “Per una cosa come la sua ci sono rimasti in tanti”. Si figuri che prima di entrare in sala operatoria chiesi: “Ma devo lasciare il telefono?”. Nove giorni in terapia intensiva, più di là che di qua, ma me l’ero cercata: chiari sintomi di stress a livelli di guardia e andai con la squadra a Napoli fregandome­ne del fatto che me l’avessero vietato. La Lazio si giocava i preliminar­i di Champions, io qualcosa di più: c’era poco da sentirsi eroi, il giorno dopo ero sotto i ferri. Se hai l’ossessione del lavoro a volte ti serve un segnale: “Mortale, hai dei limiti: la vita va avanti senza di te”. Da allora c’è qualcosa di più importante di una cosa importante come il calcio: lavoro anche più ore ma gestendo lo stress, e così lavoro meglio. E lo scorso dicembre, dopo dieci anni, ho fatto la prima vacanza con la famiglia, che non poteva rimetterci sempre. Otto giorni a Dubai, non ci credeva nessuno».

«UN BUON D.S. INTUISCE PRIMA LO SCONOSCIUT­O CHE SARÀ FORTE. PER IL LAVORO HO RISCHIATO LA VITA, MA ORA BASTA. LA SFIDA CON LA JUVE? NE AVVERTI IL POTERE, MA A OTTOBRE CI FECERO DECOLLARE. INZAGHI DA LORO? DEVONO PASSARE UN PAIO DI ANNI»

12 VERT. - SIMONE INZAGHI GLI HO VISTO UNA LACRIMA CI TENEVA DA MORIRE...

«Inzaghi alla Juve? Non mi dà fastidio sentirlo: si cresce, ma devono ancora succedere cose e passare un paio di anni. Dissero che lo sponsorizz­ai per far giocare chi volevo io – e ora tutti saliti sul carro – ma la scelta finale fu di Lotito. Simone doveva andare a Salerno, vedemmo Mazzarri, Sampaoli, Prandelli, Ventura: più parlavamo con altri, più capivamo che nessuno come lui poteva incarnare e trasmetter­e lazialità, e senza bisogno di una sciarpa addosso. Lotito era teso come un padre con un figlio: è la cosa giusta? Ma proprio nei giorni della decisione, a Simone ho visto in faccia una lacrima da tensione: ci teneva da morire».

1 ORIZZONTAL­E - MINACCE LETTERE, TELEFONATE, SMS MA NON MI DO PER VINTO

«Sì, tante: anche di morte. Lettere, telefonate, sms, e tre schede del cellulare cambiate: il mio numero finiva in rete, e so chi ce lo metteva. In questi dieci anni qualcosa di me è morto ma io sono così, non mi do per vinto, e ora è la mia sfida: non smettere di far contestare Lotito, quella è una conseguenz­a, ma far crescere questa piazza. Non per cambiare il sistema ultrà, ma per trovare un modo di andare avanti insieme, con gli ultrà: convincend­oli che la Lazio è un club da 35-40 mila spettatori a partita, non 22-25 mila. E a credere nel nostro progetto: perché il calcio senza tifosi non ha senso».

11 ORIZZONTAL­E - GENIO BAGGIO, GUARDIOLA, PIRLO L’UMILTÀ COME ESEMPIO

«Baggio, Guardiola, il mio compagno di camera (e di risate: altro che silenzioso...) Pirlo: ho giocato con tre geni e la loro umiltà e semplicità me le porto dentro come esempio, che oggi cerco di trasmetter­e ai giovani. Mai sentiti dire mezza cosa negativa su un compagno: mai a Robi, che aveva avuto il mondo ai suoi piedi; mai a Pep, che già da giocatore era il più esigente e a cena a casa di Giunti ci faceva una testa così con il tiqui-taca. Il suo calcio di oggi e pure di allora è l’opposto di quello di Mazzone ma si sentiva parte di quella realtà, dunque accettava il ruolo del tecnico. Per questo oggi può pretenderl­o dai suoi giocatori».

3 ORIZZONTAL­E - BMW PENSAI: NON GIOCHERÒ PIÙ E INVECE MI VOLEVA CUPER

«Ero mezzo svenuto. Sentivo Sereni urlare con l’anca spostata, vedevo il sangue di un amico in auto con noi e la faccia di Roberto Guana: sentito il botto, era uscito di casa. Quella sera non dovevo neanche andarci, in discoteca e mi telefonò mio fratello: “Bastardi, in tv fanno vedere un’auto che non è la tua”. Era la mia, ma così distrutta che non poteva credere che non fossimo tutti morti. Pensai di aver toccato il fondo: “Non giocherò più”, mi dissi. Invece sei mesi dopo mi voleva Cuper all’Inter, Corioni mi raccontò la telefonata di Moratti: “Lo so che mi servirebbe Tare, ma devo prendere un grande nome”. E prese Batistuta».

10 ORIZZONTAL­E - PASTORE SBAGLIAI COL SUO AGENTE E MI SCAPPÒ L’AFFARE

«Il primo anno di lavoro feci poco per scelta: volevo capire come funzionava e il mancato acquisto di Pastore è il mio più classico passo falso da gavetta. Ero d.s. da due settimane e Simonian mi mandò un suo dvd. “Top”, mi dissi: ma feci l’errore di parlarne con due agenti, mi fecero credere che Simonian non c’entrasse nulla con il ragazzo. C’entrava eccome: convinsi Lotito a proporre 2,8 milioni per metà cartellino, ma se l’era già preso lui, visto che non gli avevo fatto sapere più nulla, e da allora diffido di certi agenti. Anche quelli di De Vrji? No, la percentual­e della sua agenzia non c’entra nulla. All’inizio diffidavan­o di me i miei ex compagni: gelosie e retropensi­eri rallentava­no la mia crescita da dirigente ma dovevo essere paziente, anche se non è nella mia natura. Mi ha salvato il mio approccio: o bianco o nero, sempre. All’inizio può essere dannoso, alla fine paga».

15 ORIZZONTAL­E - STADIUM QUEL 2-1, PIÙ IMPORTANTE CHE BELLO: «SIAMO FORTI»

Vada alla 15 orizzontal­e. «La vittoria per 2-1 lì non è stata la nostra partita più bella di quest’anno, ma la più importante. Quella della definitiva convinzion­e di essere una squadra forte e ce lo dicemmo fra primo e secondo tempo, perdevamo ancora 1-0: “Oggi vinciamo: hanno paura di noi”. La Supercoppa italiana poteva essere stata un caso, ma quel giorno ne fummo sicuri: non era stato un caso. Non lo è stato neanche la minicrisi di fine gennaio-inizio febbraio: dati alla mano il periodo della stagione in cui abbiamo corso di più, dunque si è trattato più che altro di un calo di tensione. Sì, quello che la Juve non ha quasi mai».

UN ALTRO ANNETTO CE L’HA DENTRO: DIPENDE DALLA CHAMPIONS

SU GIGI BUFFON PORTIERE DELLA JUVENTUS

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