I PODI DELL’INSEGUIMENTO GIOIELLI DI UN CICLISMO RINATO
Le medaglie azzurre ai mondiali su pista
Tre medaglie in un colpo solo. E se solo cinque anni fa qualcuno avesse detto che nel 2018 l’Italia del ciclismo su pista avrebbe portato sul podio mondiale - evento storico - entrambi i quartetti dell’inseguimento, l’avrebbero preso per matto. Gli uomini, già riferimento della specialità ma in un’altra era geologica, arrancavano nell’anonimato della media classifica del ranking mondiale, ben distanti dall’elite, e vedevano come delle colonne d’Ercole invalicabili la barriera dei 4 minuti. Alla stessa stregua, le donne oscillavano tra l’ottavo e il decimo posto, già soddisfatte di veleggiare dalle parti dei 4’30”, a ben 15” dal record del mondo. Oggi è tutta un’altra storia: i primi, in questo ultimo lustro, hanno infranto già 20 volte quel muro che sembrava granitico e sono appena scesi sotto i 3’55”, a poco più di 4” dal primato del mondo; le seconde hanno demolito quei 4’30” addirittura in 40 occasioni e si sono già portate alle soglie dei 4’17”. I Mondiali di Londra 2016 sono stati la svolta, la qualificazione per i Giochi di Rio il trampolino di lancio: l’Italia è entrata a tutto diritto nella crema della specialità simbolo del settore endurance, cartina di tornasole di un intero movimento. L’inseguimento a squadre - prova olimpica per eccellenza - sta infatti al ciclismo su pista come le staffette stanno all’atletica e al nuoto. Avere un’Italia forte in queste gare, vuol dire avere tutto un gruppo di specialità in salute. Che, nel caso del ciclismo su pista, non sono poche: omnium, corsa a punti, americana, scratch, inseguimento individuale. Non è un caso che la riserva del quartetto di bronzo, Michele Scartezzini, ieri abbia vinto l’argento proprio nello scratch. Onore al merito ai c.t Marco Villa e Dino Salvoldi, che hanno creduto fermamente più di tutti nel rilancio.