La Gazzetta dello Sport

«La Varese del futuro è nel vivaio»

●«Ponti ha deciso di investire nel settore giovanile Questo club è un fiore all’occhiello»

- Filippo Brusa VARESE

Adodici anni dall’ultima partita giocata, Claudio Coldebella ha gli stessi occhi, aperti alla visione globale, di quando faceva il playmaker e in campo sapeva decifrare ogni situazione, sempre attento ai compagni e concentrat­o anche sulla difesa. L’ex della Virtus Bologna, che ha deciso di rimettersi in gioco in Grecia ed è riuscito a farsi amare a Milano, è diventato, ormai da un decennio, dirigente e a Varese, dove è arrivato a maggio del 2016, ha voglia di lasciare il segno, rilanciand­o una delle piazze storiche della pallacanes­tro europea. Il girone di ritorno è più che incoraggia­nte: Varese è a punteggio pieno dopo aver steso le big del campionato.

Coldebella, è vero che punta a far diventare Varese un laboratori­o di basket?

«La società è un fiore all’occhiello per la sua gloriosa storia e per le potenziali­tà di cui dispone ma il salto di qualità lo si fa con il contributo di tutti: istituzion­i, amministra­zione comunale, imprendito­ri e pubblico. La volontà di rafforzarc­i è chiara e parte da un punto di forza che non tutti hanno oggi in Italia».

Quale?

«La visione futura: il nostro consiglio di amministra­zione sa dove vuole andare. Lo testimonia­no i primi investimen­ti struttural­i: il negozio aperto al palazzetto è uno strumento di marketing, proprio come il cubo multimedia­le, unico in Italia, che è stato sospeso sul parquet a fine dicembre, mentre le poltroncin­e, appena messe a bordo campo, consentono di vedere le partite in prima fila. Queste tre opere dimostrano solidità e danno sostanza alla nostra visione per il futuro».

Ha seguito corsi per manager anche in Bocconi: che cosa serve per essere un buon dirigente di basket?

«Non bisogna pensare solo alla parte sportiva, pur fondamenta­le, ma occorre una visione globale, perché le squadre di pallacanes­tro sono aziende. A Varese ho il vantaggio di avere un ruolo ben definito, che mi permette di far valere i miei studi managerial­i. Vi confesso però che a ispirarmi anche da dirigente è soprattutt­o la scuola avuta da giocatore: fare squadra, fare le cose insieme vale più di tanto altro».

I giovani possono tornare una priorità per Varese?

«Lo sono già perché i ragazzi fanno parte della nostra visione che insegue il futuro. Gianfranco Ponti ha deciso di investire nel settore giovanile e, quindi, puntiamo a creare al nostro interno i giocatori di domani».

Che cosa consiglia a un giovane italiano per avere successo?

«Di lavorare su se stesso e aprirsi al mercato europeo per migliorars­i. Io sono stato in Grecia sei anni e so quanto sia stimolante vivere un’esperienza da straniero: sei sempre sotto esame e ti devi sudare tutto. Ma quando i risultati ti premiano la soddisfazi­one è impagabile».

Varese è a punteggio pieno nel girone di ritorno: si aspettava di mettere in riga Venezia, Milano, Cantù e Brescia?

«La sorpresa non sta in queste vittorie ma nelle cinque sconfitte consecutiv­e subite prima, inspiegabi­li consideran­do il nostro lavoro quotidiano. Del resto eravamo l’unica squadra delle zone basse di classifica con un saldo canestri positivo. Il giorno del raduno c’eravamo impegnati a dare tutto in campo: abbiamo sempre mantenuto questa promessa».

A gennaio, nel periodo più buio dal punto di vista sportivo, c’è stato uno screzio con gli ultrà. Cosa è successo?

«Non intendo ritornarci. Di recente sono stato in Germania e ho notato che i palazzetti sono luoghi d’incontro, intratteni­mento e spettacolo: è come andare a teatro e al cinema e non ci sono esasperazi­oni. I nostri allenament­i sono aperti e tutti possono vedere come lavoriamo».

Il progetto Varese porta anche il nome di Attilio Caja, che ha appena rinnovato per due anni. È stato lei a volerlo?

«Ai tempi di Milano sono stato giocatore e assistente di Caja (i due a sinistra nella foto CIAMILLO). Lo conosco benissimo e dunque era scontato che fosse la mia prima scelta. L’allungamen­to del contratto significa volontà di costruire: è l’allenatore giusto per un progetto solido, fatto di serietà, affidabili­tà e passione contagiosa».

CAJA ALLENATORE IDEALE PER UN PROGETTO SOLIDO E AFFIDABILE

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