KOBE BRYANT DA OSCAR PER IL SUO CARTONE E RINGRAZIA IN ITALIANO
DISCORSO IN ITALIANO PER IL PREMIO ASSEGNATO AL CORTO D’ANIMAZIONE SUL SUO ADDIO: «PIU’ CHE VINCERE NEL BASKET»
«ORMAI MI ALZO AL MATTINO E PENSO SOLTANTO A SCRIVERE»
Quando Mark Hamill, icona di «Star Wars», ha pronunciato l’ormai mitica formuletta «And the Oscar goes… to “Dear Basketball”, Glen Keane e Kobe Bryant», a Kobe si sono annacquati gli occhi. Un pizzico di umana emozione, quella che era riuscito quasi sempre a tenere a bada con la maglia dei Los Angeles Lakers. Perché l’ambito palcoscenico su cui ha camminato domenica notte non ha niente di familiare con i parquet calpestati per vent’anni. Qui non si vincono anelli, ma statuette. Diceva bene Keane, il pluridecorato disegnatore della Disney («La Bella e la Bestia», «La Sirenetta», «Aladino», «Pocahontas», «Tarzan») che Kobe ha voluto al suo fianco: «Qualunque sia il tuo sogno, è con la perseveranza e la passione che l’impossibile diventa possibile».
GLAMOUR Su questo palco glamour Kobe si è limitato ai ringraziamenti, a parte una stilettata alla giornalista di Fox che un paio di settimane fa aggredì verbalmente LeBron James e con lui tutta la categoria dei giocatori: «Dovrebbero continuare a palleggiare e stare zitti», disse. E allora Kobe replicava: «Forse dovremmo pensare solo a giocare, ma sono felice che riusciamo a fare anche altro». Qualcuno ha però storto il naso, ricordando come sia forse stato fuori luogo dare l’Oscar a Kobe, che nel 2003 venne incriminato per stupro da una cameriera del Colorado, caso poi archiviato su richiesta dei procuratori dell’accusa, proprio nell’anno del #metoo. Bryant ha dedicato la vittoria alla moglie Vanessa e alle figlie Natalia, Gianna e Bianca. In italiano, la lingua dell’infanzia a cui è legatissimo: «Vi amo con tutto il mio cuore: siete state la mia ispirazione». Gianna, 11 anni, è stata la sua musa. Quella busta nera con lettere dorate depositata sulle poltroncine dei tifosi nel novembre 2015 voleva essere solo una lettera di addio, anche se scritta con il trasporto di chi si congeda per sempre da un grande amore: il basket. Ma poi le parole lette e rilette alle bimbe lo avevano convinto che quella poesia poteva trasformarsi in un messaggio diretto a tutti i bambini. Che sognare si può, anzi si deve. Così lo
E LA NUOVA VITA
ha fatto anche lui, percorrendo la nuova strada della sua seconda vita: scrivere. «Dear Basketball…» sarebbe diventato un corto animato. S’informò su chi fossero i migliori disegnatori e musicisti in circolazione. In poche settimane la nuova squadra era pronta. Keane e John Williams, compositore da 5 premi Oscar (Schindler’s List, Guerre Stellari, ET, Il Violinista sul tetto, Lo Squalo). Dietro le quinte, Kobe ha confessato che nulla è semplice: «Quando spiegavo che dopo il ritiro avrei scritto racconti, la risposta era spesso un sorrisetto compiaciuto. Tutti dicevano che mi sarei depresso in pensione. Ma sapevo ciò che volevo fare e questa statuetta è una conferma della bontà dei miei progetti. Ora so che posso andare avanti». Perché Kobe ha già nel cassetto una serie di novelle. Si alza presto la mattina e
KOBE BRYANT
va al lavoro: «Non vedo l’ora di arrivare in ufficio e mettermi a scrivere». Di questo suo desiderio ne aveva parlato con lo scrittore brasiliano Paulo Coelho e con Oprah Winfrey: «Quando sei rassicurato da gente così, sai che ce la puoi fare». Gli sono arrivati i complimenti di colleghi illustri come LeBron, Bill Russell e Shaq. La sua vecchia esistenza da un paio di mesi sta appesa sul soffitto dello Staples Center a pochi passi da qui: le due maglie ritirate dai Lakers (la 8 e la 24) con tutti i suoi trionfi (5 anelli Nba, due titoli di Mvp nelle finali e uno della regular season). Ora ha davanti a sé una vita nuova: «E’ come se tu dovessi imparare da capo a muovere i primi passi: spegnere il tuo ego e ricominciare. E’ la parte più dura». Niente male ricominciare con un Oscar: «Sono più felice di quando ho vinto con il basket». Succede forse solo ai fuoriclasse: un colpo di spugna al passato e lo sguardo già fisso al futuro.