I dem si rifanno con Zingaretti Fontana trionfa
●Nel Lazio il governatore batte Parisi In Lombardia il leghista travolge Gori
Il Lazio consola il centrosinistra; la Lombardia, no. O, se preferite, squadre che vincono non si cambiano. Sintesi estrema delle due elezioni regionali del weekend. Nel Lazio si impone Nicola Zingaretti, 52 anni, già governatore dal 2013, alla guida di un’ampia coalizione che comprendeva Liberi e Uniti: ma la sua vittoria (34,9%, pur a spoglio non finito) è stata messa in discussione a lungo dal mancato sindaco di Milano Stefano Parisi (centrodestra, 30,3%) e da Roberta Lombardi, pasionaria dell’M5S (26,9%). Quarto Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice (lista composta da laico-liberali-repubblicani, 4,6%). Ma Zingaretti resiste dopo una campagna elettorale giocata all’attacco dei grillini («una forza politica più pericolosa per la democrazia, che sembra la più nuova ma è la più vecchia»). Ieri sera ha parlato di un risultato che «offre alla comunità una giusta stabilità». L’unico rischio per il Zingaretti bis è quello di una maggioranza debole in consiglio ma la sua formula di Pd «non renziano» (LeU si è unita perché il programma garantiva «una svolta a sinistra», disse in proposito Grasso) potrebbe garantirgli un ruolo più forte nel partito.
RAZZA Più chiaro il successo del leghista Attilio Fontana in Lombardia: avvocato varesino, 65 anni, in politica da quando faceva il sindaco di Induno Olona (Va), chiude con il 53,2% (dato parziale) contro il 26,5% di Giorgio Gori, che rappresentava il centrosinistra. Fontana raccoglie l’eredità di Roberto Maroni, in carica dal 2013 (ma, di fatto, la Regione non ha un governatore di centrosinistra dal 1994) e comincia scusandosi per una pessima frase della campagna elettorale («la razza bianca va difesa»): «Ho commesso un errore, mi sono scusato. Il futuro? Spero davvero di dare una soluzione con la sburocratizzazione. Investiremo per cercare di rendere le case migliori e completeremo la Pedemontana». Gori, che aveva definito Fontana «l’alfiere di una Regione che si chiude in se stessa, il perfetto rappresentante di questa fase d’involuzione»
ha dovuto ammettere che «il vento populista ha spazzato via tutto: abbiamo eretto una difesa ma i risultati positivi a Milano non sono stati sufficienti». Nel capoluogo, infatti, il Pd è primo partito. Alle spalle di Fontana e Gori, il grillino Dario Violi (16,7%) e Onorio Rosati (1,6%) di Liberi e Uniti, accusato dal Pd di aver sottratto voti a Gori («Non siamo riusciti a intercettare un voto in uscita dai dem», la spiegazione del k.o.). Mentre Violi chiama il vincitore: «Ho ribadito a Fontana la disponibilità a collaborare».