La Gazzetta dello Sport

Entrano i centauri di fascia, vai Juve!

●Intuizione felice di Allegri: dentro i terzini Lichtstein­er e Asamoah e la squadra riparte di slancio

- Andrea Schianchi

Ancora una volta la linea del Piave ha tenuto, la trincea è stata difesa e l’impresa è arrivata. Il senso della partita, più che nelle mosse tattiche o nei dribbling, sta nei volti grintosi di Buffon e Chiellini, nelle esultanze tra Barzagli e Lichtstein­er per un salvataggi­o, per una deviazione, per un calcio d’angolo evitato. Si soffre e si vince, e per adesso va bene così. Ma la Juve, se vorrà fare strada in questa edizione di Champions League, non potrà basarsi soltanto su catenaccio (perché catenaccio è stato) e contropied­e. Con le qualità individual­i che ha a disposizio­ne è logico attendersi qualcosa di più. In termini di strategia e di bellezza.

TROPPO SOLI Il primo tempo è un monologo del Tottenham perché i bianconeri sono lenti nel recupero del pallone e nella gestione della manovra. Qui si vedono i limiti della squadra di Allegri, che in Italia vengono nascosti dalla palese inferiorit­à degli avversari (tranne il Napoli), ma in Europa diventano evidenti: la Juventus fatica a tenere il pallone, non riesce a fare un possesso orientato alla fase offensiva, i passaggi sono spesso arretrati e danno così la possibilit­à agli inglesi di aggredire e andare in pressing. La differenza tra il Tottenham e la Juve sta proprio in questa difficoltà dei bianconeri nel momento della costruzion­e. Dembélé ed Eriksen, invece, in mezzo al campo tocchettan­o, avanzano e hanno sempre due o tre soluzioni di appoggio. Quando Pjanic è in possesso di palla, al contrario, non sa che fare: non ci sono movimenti di smarcament­o, nessuno attacca la profondità. Higuain e Dybala vengono chiamati raramente in causa.

INTUIZIONE Nella ripresa cambia il canovaccio perché Allegri ha il coraggio di correggers­i. In avvio aveva scelto Barzagli come terzino destro, in chiara difficoltà contro il velocissim­o Son. Ora il tecnico decide che per tentare la grande rimonta è necessario ritrovare l’equilibrio e lo fa buttando dentro Lichtstein­er e Asamoah) al posto di un centrale (Benatia) e di un centrocamp­ista (Matuidi). Può sembrare strano che una partita venga rivoltata come un calzino per l’inseriment­o di due terzini, ma questo accade. E una spiegazion­e c’è: in questo modo la Juve ritrova le giuste distanze tra i reparti, Lichtstein­er ha l’energia per contrastar­e Son, Alex Sandro scivola in zona più offensiva, Asamoah si occupa di chi scende dalla sua parte e in mezzo Pjanic e Khedira contrastan­o Dembélé ed Eriksen. Poi, a facilitare la Juve, ci si mette il Tottenham con due clamorosi errori difensivi che spalancano la porta per i gol di Higuain e Dybala. Al resto, una volta fissato il risultato sul 2-1, pensano i marcantoni là dietro che si immolano su tutti i palloni, proprio come i soldati italiani sulla linea del Piave. Il baricentro della Juve è molto basso (41 metri) e ciò testimonia della volontà dei bianconeri di aspettare ai limiti della propria area e poi ripartire per sorprender­e il nemico. Atteggiame­nto che paga se di fronte ci si trova questo Tottenham inesperto e farfallone in fase difensiva. Ma quando il livello del nemico sale, e salirà presto, qualcosa di nuovo bisognerà trovare.

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LAPRESSE Miralem Pjanic, 27 anni
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