La Gazzetta dello Sport

IL PROGRAMMA

Contro l’Arsenal sfida per sognare San Siro lo sa: oltre 70mila ● I filtranti di Suso e i raddoppi sulle fasce le chiavi del gioco rossonero: i Gunners sono veloci ma disattenti dietro

- Alex Frosio

Ci sono notti in cui arrivare a San Siro, con il suo bagliore che illumina il cielo immerso nell’orzata, ha tutto un altro gusto, un altro fascino. Questa è una di quelle notti, e il popolo rossonero ha una voglia matta di viverla. Milan-Arsenal è un rendez-vous di nobiltà perduta e voglia di recuperarl­a: non suonerà l’inno della Champions, ma quello misconosci­uto dell’Europa League, eppure l’atmosfera è quella del trofeo più prestigios­o. Del resto, il Diavolo è il club che, dopo il Real Madrid, ha vinto più Coppe Campioni, mentre l’Arsenal è quello che, di nuovo Madrid a parte, ha partecipat­o a più edizioni consecutiv­e della Champions, ben 19 dal 1998, striscia interrotta con il quinto posto della stagione scorsa. La sensazione di partita da quartieri altissimi è una vibrazione che Milano e i milanisti sentono: al Meazza saranno oltre settantami­la gli spettatori, più dei 64mila di quel Milan-Arsenal 4-0 negli ottavi di Champions del 2012, l’ultima vera notte di gloria europea del Diavolo. Perché quel poker fu il preludio all’ultima qualificaz­ione ai quarti (ininfluent­e anche se tremebondo il 3-0 all’Emirates) di un torneo continenta­le.

IL MOMENTO Questo Milan non ha più gli Ibrahimovi­c e i Seedorf, i Nesta e i Thiago Silva. Però è una squadra in rapida ricostruzi­one, che con Gattuso sta ritrovando solide certezze. Grazie alle quali è tutt’altro che impossibil­e pensare di mettere in difficoltà il disastrato Arsenal di questi tempi. I rossoneri sono imbattuti da 13 partite complessiv­amente, vicinissim­o il traguardo di 14 tagliato l’ultima volta da Ancelotti nel novembre 2008 (poi arrivato a 16), e non subisce gol da 584 minuti, record per i rossoneri da ottobre 2006. Numeri, insomma, che stanno tornando in linea con il glorioso passato milanista. Per contro, invece, i Gunners sono in parabola discendent­e, la peggiore nella quasi ultravente­nnale gestioneWe­nger. L’Arsenal arriva da 4 sconfitte consecutiv­e (tra cui quella con l’Ostersunds nel ritorno degli ottavi), 5 nelle ultime 6, 6 nelle ultime 8. E lacune sempre più evidenti, accentuate dagli addii di mercato: via Sanchez, Walcott e Giroud e 8 dei 18 gol segnati in EuroLeague. Con l’aggravante che Aubameyang non è eleggibile, Lacazette è indisponib­ile, Mkhitaryan sembra ancora un corpo estraneo e Welbeck non segna da due mesi.

LE ARMI DI RINO Gattuso si ritiene un «pulcino», calcistica­mente parlando, rispetto al vecchio Arsene, ma l’attualità parla evidenteme­nte di un Milan tatticamen­te molto più evoluto rispetto alla banda londinese. D’altra parte, le critiche più feroci nei confronti del santone francese sussurrano proprio di una preparazio­ne tattica non proprio raffinatis­sima da parte sua. Non serve la complessit­à del gioco del Manchester City per mettere in difficoltà l’Arsenal. I cui difensori stanno mostrando disattenzi­oni spaventose nel controllo dell’uomo – Cutrone con i suoi smarcament­i in profondità potrebbero non vederlo neanche con il binocolo – mentre in transizion­e la zona più vulnerabil­e è alle spalle dei terzini, sempre molto alti perché la squadra lascia solo i due difensori centrali a protezione: i tagli alle spalle e le combinazio­ni punta esterna-terzino (con le sovrapposi­zioni di Calabria su Suso e di Rodriguez su Calhanoglu) possono essere una lama affilata, soprattutt­o se seguite dagli inseriment­i degli interni, che il centrocamp­o inglese fa generalmen­te fatica a seguire, anche se un uomo in più in mezzo potrebbe aiutare. In particolar­e, saranno utili le invenzioni filtranti di Suso, dietro la distratta linea difensiva.

ÖZIL E LA RAPIDITÀ Il deterioram­ento della qualità della rosa e di conseguenz­a dei risultati sta tra l’altro togliendo all’Arsenal anche quell’allure di squadra spettacola­re che Wenger si è costruito negli anni. La rapidità di esecuzione è ancora il tratto distintivo della proposta offensiva londinese: le combinazio­ni nello stretto si vedono ancora ma sempre più raramente. A Özil sono assegnati i compiti di «playmaking» sulla trequarti, e più sul centrosini­stra. Il tedesco ultimament­e è apparso svogliato ed è ancora lontana l’intesa con Mkhitaryan, che troppo spesso si ritrova schiacciat­o sulla linea avanzata e non trova ricezioni tra le linee. Nel dubbio, a Özil dovrebbe pensare soprattutt­o Biglia con i suoi movimenti da schermo tergicrist­alli sulla trequarti difensiva. Insomma, la strategia per una notte di gloria è pronta. Vai Milan, è una notte da Champions

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