IL PROGRAMMA
Contro l’Arsenal sfida per sognare San Siro lo sa: oltre 70mila ● I filtranti di Suso e i raddoppi sulle fasce le chiavi del gioco rossonero: i Gunners sono veloci ma disattenti dietro
Ci sono notti in cui arrivare a San Siro, con il suo bagliore che illumina il cielo immerso nell’orzata, ha tutto un altro gusto, un altro fascino. Questa è una di quelle notti, e il popolo rossonero ha una voglia matta di viverla. Milan-Arsenal è un rendez-vous di nobiltà perduta e voglia di recuperarla: non suonerà l’inno della Champions, ma quello misconosciuto dell’Europa League, eppure l’atmosfera è quella del trofeo più prestigioso. Del resto, il Diavolo è il club che, dopo il Real Madrid, ha vinto più Coppe Campioni, mentre l’Arsenal è quello che, di nuovo Madrid a parte, ha partecipato a più edizioni consecutive della Champions, ben 19 dal 1998, striscia interrotta con il quinto posto della stagione scorsa. La sensazione di partita da quartieri altissimi è una vibrazione che Milano e i milanisti sentono: al Meazza saranno oltre settantamila gli spettatori, più dei 64mila di quel Milan-Arsenal 4-0 negli ottavi di Champions del 2012, l’ultima vera notte di gloria europea del Diavolo. Perché quel poker fu il preludio all’ultima qualificazione ai quarti (ininfluente anche se tremebondo il 3-0 all’Emirates) di un torneo continentale.
IL MOMENTO Questo Milan non ha più gli Ibrahimovic e i Seedorf, i Nesta e i Thiago Silva. Però è una squadra in rapida ricostruzione, che con Gattuso sta ritrovando solide certezze. Grazie alle quali è tutt’altro che impossibile pensare di mettere in difficoltà il disastrato Arsenal di questi tempi. I rossoneri sono imbattuti da 13 partite complessivamente, vicinissimo il traguardo di 14 tagliato l’ultima volta da Ancelotti nel novembre 2008 (poi arrivato a 16), e non subisce gol da 584 minuti, record per i rossoneri da ottobre 2006. Numeri, insomma, che stanno tornando in linea con il glorioso passato milanista. Per contro, invece, i Gunners sono in parabola discendente, la peggiore nella quasi ultraventennale gestioneWenger. L’Arsenal arriva da 4 sconfitte consecutive (tra cui quella con l’Ostersunds nel ritorno degli ottavi), 5 nelle ultime 6, 6 nelle ultime 8. E lacune sempre più evidenti, accentuate dagli addii di mercato: via Sanchez, Walcott e Giroud e 8 dei 18 gol segnati in EuroLeague. Con l’aggravante che Aubameyang non è eleggibile, Lacazette è indisponibile, Mkhitaryan sembra ancora un corpo estraneo e Welbeck non segna da due mesi.
LE ARMI DI RINO Gattuso si ritiene un «pulcino», calcisticamente parlando, rispetto al vecchio Arsene, ma l’attualità parla evidentemente di un Milan tatticamente molto più evoluto rispetto alla banda londinese. D’altra parte, le critiche più feroci nei confronti del santone francese sussurrano proprio di una preparazione tattica non proprio raffinatissima da parte sua. Non serve la complessità del gioco del Manchester City per mettere in difficoltà l’Arsenal. I cui difensori stanno mostrando disattenzioni spaventose nel controllo dell’uomo – Cutrone con i suoi smarcamenti in profondità potrebbero non vederlo neanche con il binocolo – mentre in transizione la zona più vulnerabile è alle spalle dei terzini, sempre molto alti perché la squadra lascia solo i due difensori centrali a protezione: i tagli alle spalle e le combinazioni punta esterna-terzino (con le sovrapposizioni di Calabria su Suso e di Rodriguez su Calhanoglu) possono essere una lama affilata, soprattutto se seguite dagli inserimenti degli interni, che il centrocampo inglese fa generalmente fatica a seguire, anche se un uomo in più in mezzo potrebbe aiutare. In particolare, saranno utili le invenzioni filtranti di Suso, dietro la distratta linea difensiva.
ÖZIL E LA RAPIDITÀ Il deterioramento della qualità della rosa e di conseguenza dei risultati sta tra l’altro togliendo all’Arsenal anche quell’allure di squadra spettacolare che Wenger si è costruito negli anni. La rapidità di esecuzione è ancora il tratto distintivo della proposta offensiva londinese: le combinazioni nello stretto si vedono ancora ma sempre più raramente. A Özil sono assegnati i compiti di «playmaking» sulla trequarti, e più sul centrosinistra. Il tedesco ultimamente è apparso svogliato ed è ancora lontana l’intesa con Mkhitaryan, che troppo spesso si ritrova schiacciato sulla linea avanzata e non trova ricezioni tra le linee. Nel dubbio, a Özil dovrebbe pensare soprattutto Biglia con i suoi movimenti da schermo tergicristalli sulla trequarti difensiva. Insomma, la strategia per una notte di gloria è pronta. Vai Milan, è una notte da Champions