«Rino da battaglie Milan, è Gattuso il tuo Wenger»
●Per il centrocampista 12 stagioni nei due club «Io e Ringhio, stesso fuoco. Ma stasera non tifo...»
E’uno che nella vita ha sempre amato sperimentare e cambiare. «Mi piace imparare», racconta lui. A 34 anni la sua carriera mette in fila Francia, Inghilterra, Italia e Spagna. Ora è a Getafe e di certo non è finita. Soprattutto, Mathieu Flamini è quel tipo di persona che non vive solo per il pallone. Ama l’arte - «quella contemporanea» -, dopo essere stato folgorato dalla Tate Gallery di Londra, è stato una settimana in Birmania fra i malati di Aids, ha studiato chitarra classica e concluse le scuole superiori si era iscritto a Legge. Mathieu è in movimento più o meno perenne, ma stavolta non può evitare di soffermarsi davanti alla «mia partita del cuore»: Milan-Arsenal significa 12 anni del suo lavoro. Sette a Londra, in due momenti diversi e divisi dalle cinque stagioni a Milano. Un posto dove Flamini – papà originario di Rieti – si è sempre sentito a casa e dove ha condiviso lo spogliatoio con gente come Maldini, Nesta, Pirlo, Ibra, Ronaldinho. E ovviamente Gattuso.
Se ripensa ai compagni che aveva a Londra e Milano, non le fa un po’ tristezza questa sfida in Europa League?
«Fa strano, senza dubbio. Siamo tutti abituati a vedere Milan e Arsenal in Champions, però non bisogna fare gli schizzinosi. Si riparte anche così, i grandi club rinascono sempre e io credo di sapere gli ingredienti giusti: lavoro e unione».
L’ha definita la sua partita del cuore. Supponiamo che si asterrà dal darci una preferenza.
«E come potrei. Milan e Arsenal sono state due esperienze incredibili, due club di altissimo livello, decisivi per la mia cardi riera. In Italia tifo Milan, in Inghilterra Arsenal, ma stavolta... molto banalmente, che vinca il migliore».
Chi passa il turno ha la possibilità di arrivare in fondo alla competizione?
«Certamente. Chi andrà avanti sarà tra le favorite per vincere l’Europa League».
Questo è un Arsenal pieno di problemi. Wenger potrebbe essere a fine corsa?
«Sta vivendo una situazione complicata, ma ne uscirà con l’esperienza. Io dico solo di non dimenticare cosa ha fatto per l’Arsenal, di quanto ha contribuito allo sviluppo del club. Mi fa male vederlo così in difficoltà, per me è stato molto importante: è stato lui a prelevarmi in Francia e lui che mi ha fatto tornare dopo l’esperienza al Milan. E poi a me piace il concetto di tecnico duraturo: il segreto di un grande club è la stabilità societaria e in panchina».
Per come sta andando Gattuso, e per quello che ha rappresentato per il Milan, potrebbe essere il Wenger rossonero?
«Perché no? Conosce il club come le sue tasche, è riuscito a cambiare l’inerzia della stagione in poco tempo. Non mi stupisce vederlo allenare, già da giocatore studiava molto: tattica, avversari, conosceva bene il pallone e mi diceva che un giorno gli sarebbe piaciuto stare in panchina. Sarei felice se restasse a lungo, per il suo legame col Milan sarebbe una storia bellissima. E poi l’ho già detto: la parola magica è stabilità. Auguro al Milan AFP tornare subito in Champions e a Rino di restare a lungo su quella panchina».
In certi frangenti lei gli tolse anche un po’ di spazio...
«Io amo ricordare quando eravamo insieme in campo: adoravo andare “alla guerra” con lui, che è sempre stato un leader. Due caratteri simili, senza paura della battaglia, parlavamo la stessa lingua e a me piaceva molto quando la parlavamo uno accanto all’altro».
Qual è il ricordo più bello e più brutto con Milan e Arsenal?
«Al Milan lo scudetto vinto nel 2011 e quello perso l’anno successivo. Avevamo una grande squadra, lo perdemmo noi. All’Arsenal la prima Coppa d’Inghilterra e la Champions persa col Barça».