Il caso squalifiche: troppo zelo e regole restrittive, così non va
●Il record di atleti cancellati dall’ordine di arrivo, compresi alcuni vincitori, evidenzia le storture delle gare in sala. Coe: «Certe piste andrebbero provate prima dell’evento»
Avviso ai naviganti: occhio a dove appoggiate i piedi. Se appena più in là del consentito, il rischio squalifica è in agguato... L’eco di quanto accaduto ai Mondiali indoor di Birmingham del weekend scorso non si è spenta. La stortura di quel che è successo durante la rassegna iridata in sala resta evidente. Vero è che i regolamenti vanno rispettati (la linea che delimita la corsia non può essere in alcun modo calpestata). E che le gare di corsa in sala, tra gomiti alti, continui contatti e violenti spintoni, sono di per sé frenetiche e complesse da gestire. Ma le norme o vanno riviste (si va giustamente in questa direzione), oppure i giudici — spesso troppo zelanti — al netto della maggior attenzione che gli atleti dovrebbero prestare a certe possibili infrazioni, nel farle applicare dovrebbero utilizzare un filo di buon senso in più.
NUMERI ASSURDI Delle 27 squalifiche di Birmingham, un’enormità (nella storia della manifestazione, più del doppio del «record» precedente, curiosamente detenuto da Birmingham 2003 con 13), ben 14 sono arrivate per «invasione di corsia interna», addirittura 12 delle quali nei 400, fino al caso limite del «quattro su quattro, più una falsa partenza», nella terza delle sei batterie maschili, con tutti i partecipanti eliminati. Per non dire della finale, con l’oro e l’argento sul campo, lo spagnolo Oscar Husillos e il dominicano Laguelin Santos, cancellati dall’ordine d’arrivo a bocce ferme. Quel che è clamoroso è che nella maggioranza dei casi, le invasioni — in uscita dalla seconda curva, quando si «scende» verso la corda — sono state millimetriche e nessun vantaggio hanno dato all’atleta reo del misfatto, nessun danno hanno arrecato ad altri concorrenti. Certe decisioni — nemmeno servisse la Var del calcio o l’instant video replay in uso in molti altri sport — tra ricordi accettati e respinti, hanno però creato grande confusione, spesso rovinando spettacoli di grande contenuto tecnico. Il 44”92 di Husillos, primo europeo sotto la barriera dei 45”00, è stato vanificato da un errore che in alcun modo ha inciso sulla prestazione. E in generale, a farne le spese, sono anche state stelle come il grenadino Bralon Taplin (400), lo statunitense Paul Chelimo (3000) o la keniana Margaret Wambui (800), tutti candidati a una medaglia.
IL FUTURO Non bastasse, in alcuni casi, quando a beneficiare di determinate squalifiche sono stati gli atleti di casa, subito s’è creato terreno fertile per certi, inevitabili sospetti. «Le piste indoor — afferma Sebastian Coe, il presidente della Iaaf — sono spesso diverse una dall’altra: forse, prima di una grande rassegna, occorrerebbe farle provare, così da evitare di trovarci in situazioni come quelle occorse a Birmingham». Giusto, ma non è il nocciolo del problema. Il metro adottato durante la quattro giorni britannica, non può far letteratura o fungere da riferimento futuro. Ciò che serve davvero, soprattutto in un momento in cui l’atletica internazionale ha bisogno di un’immagine positiva, è una maggior flessibilità e un regolamento meno restrittivo. Qualche piccola concessione va permessa. «Serve una verifica diversi degli appoggi — sostiene il d.t. azzurro Elio Locatelli — ci vogliono margini di discrezionalità diversi». Ne va della credibilità della disciplina.